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FEBBRAIO 2023 PAG. 34 - Come sta cambiando la BRI

 



La Via della Seta rallenta ma non si ferma. Nel 2022 l’iniziativa di Pechino segna il passo in Africa ma cresce (e di molto) in Asia e Medio Oriente. Le previsioni del nuovo piano quinquennale e i cinque suggerimenti per affrontare le complessità geoeconomiche del mondo post-Covid. Il report di GFDC fa il punto sull’iniziativa strategica del Dragone.   


L’impegno finanziario della Cina nei progetti della BRI ha rallentato il proprio ritmo di crescita dopo la pandemia ma non ha registrato drammatici passi indietro. Seppur modulando parte del suo impegno Pechino è sempre più coinvolta nelle partnership con i Paesi aderenti all’iniziativa con una esposizione tra investimenti finanziari e cooperazione sui contratti che nel 2022 raggiunge i 67,8 miliardi di dollari – spalmati su 200 operazioni – di poco inferiore ai 68,7 miliardi messi a segno l’anno precedente. A partire dal 2013, anno in cui fu lanciata la strategia globale del governo cinese, il dragone ha impegnato 962 miliardi di dollari, di cui circa 573 in contratti di costruzione e 389 in investimenti non finanziari.    

Sono solo alcuni dati di un corposo report realizzato dal think thank Green Finance and Development Center dell’Università di Fudan, ente di ricerca incentrato sull’analisi dei mercati internazionali e lo sviluppo di strategie economiche orientate ad una maggiore sostenibilità ambientale. Il documento analizza ed elabora i dati resi noti dal Ministero del Commercio e prende in considerazione gli impegni presi dal paese asiatico con i 147 Paesi con cui è stato firmato un accordo di cooperazione entro il dicembre 2022. 

Dal report emerge come le operazioni rientranti nella BRI si siano “sbilanciate” finanziariamente verso Pechino nel corso dell’ultimo anno. La sua quota negli investimenti lungo la BRI ha raggiunto circa il 48% del totale rispetto al 29% del 2021, con una crescita media delle transazioni passata da circa 444 milioni a 650 milioni di dollari. Diminuiscono invece le dimensioni medie dei progetti di costruzione passati da 496 milioni di dollari a 321 milioni.    

A contribuire al primo fenomeno, spiega una nota, il fatto che “alcuni grandi progetti d’investimento sono sostenuti da risorse, ad esempio, miniere, petrolio, gas”. “Al contrario, i progetti di costruzione tendono a essere più piccoli, probabilmente perché sono basati su garanzie sovrane diventate più difficili da ottenere a causa dei bilanci governativi più restrittivi e dei nuovi modelli di gestione del rischio introdotti dalle istituzioni finanziarie cinesi per fronteggiare l’incertezza economica globale”.

I Paesi coinvolti

Nel 2022 l’impegno totale della Cina attraverso le attività di costruzione e di investimento nella BRI è stato superiore di circa 50 miliardi di dollari rispetto ai paesi non aderenti all’iniziativa (negli accordi di investimento, i primi hanno superato i secondi di 21 miliardi di dollari; negli impegni di costruzione, di 30 miliardi di dollari). In questo contesto va registrato una forte crescita nell’interesse per l’Asia orientale e il Medio Oriente a fronte di un rallentamento nell’area dell’africa subsahariana.

Nello specifico i Paesi BRI dell’Asia orientale hanno visto un aumento del 151% degli investimenti cinesi e del 76% dei contratti di costruzione diventando la regione beneficiaria dominante (34% del totale). Trend simile per il Medio Oriente in cui la cooperazione cinese passa dal 16,5% al 23%, assorbendo il 21% del volume degli investimenti totali. Al contrario, l’Africa subsahariana registra il calo più elevato nel settore delle costruzioni (-44%) e degli investimenti (-65%) rispetto al 2021. “I finanziamenti e gli investimenti della Cina hanno riguardato 54 paesi BRI nel 2022, con 26 di questi che hanno ricevuto investimenti e 47 direttamente coinvolti nella costruzione di opere. Il paese con il maggior volume di opere nel 2022 sono state le Filippine, con circa 3,3 miliardi di dollari, seguito dall’Argentina (circa 3,2 miliardi di dollari) e dall’Indonesia (2,5 miliardi di dollari)”. L’Ungheria risulta invece il primo beneficiario con circa 7,6 miliardi di dollari di investimenti, seguita dall’Arabia Saudita (5,6 miliardi di dollari) e da Singapore (circa 2,5 miliardi di dollari). 14 paesi hanno visto un calo del 100% dell’impegno BRI rispetto al 2021, tra cui Russia, Angola, Sri Lanka, Nepal e Perù. “L’impegno della Cina in Pakistan per il corridoio economico CPEC è diminuito di circa il 34%. I paesi con la maggiore crescita dell’impegno BRI sono stati l’Ungheria (+6. 233%), la Malesia (+877%), le Filippine (+578%), la Cambogia (+371%) e l’Argentina (+371%)”.

I settori 

L’impegno cinese ha continuato a concentrarsi sulle infrastrutture, in particolare nei settori dell’energia (36%) e dei trasporti (18%). “Nel 2022, in particolare, il settore finanziario e tecnologico ha registrato una crescita significativa, rispettivamente del 3.450% e del 7.536% rispetto al 2021. Uno dei motivi di tale espansione è il notevole sviluppo della produzione tecnologica”. Il settore metallurgico e minerario ha subito un rallentamento, ma è stato comunque il quarto per importanza, con circa 6,7 dollari di attività. “I metalli e l’industria mineraria rimangono di importanza strategica soprattutto per i minerali legati alla transizione verde (ad es. il litio) e le batterie per i veicoli elettrici, in particolare nei paesi dell’Africa e dell’America latina per l’estrazione mineraria e in Europa per le batterie”. 

L’energia continua, invece, a rappresentare la quota maggiore dell’impegno della Cina nella BRI. Nel 2022 sono stati mobilitati ben 24,1 miliardi di dollari, anche se si tratta del livello più basso dal lancio della BRI nel 2013 (25,3 miliardi di dollari nel 2021 e di 26,2 miliardi di dollari nel 2020). L’anno scorso la maggior parte degli impegni in questo comparto è andato a beneficio di progetti connessi al gas (40%), seguiti dall’energia solare ed eolica.

“Gli investimenti legati al gas hanno raggiunto il secondo livello più alto nella storia della BRI con 4,8 miliardi di dollari, pari al 60% degli investimenti energetici di Pechino (da 170 milioni nel 2021), trainati da un investimento di 4,6 miliardi di dollari nella Aramco Gas Pipelines Company in Arabia Saudita. I contratti di costruzione relativi al settore hanno raggiunto 6,8 miliardi di dollari nel 2022 (in calo rispetto ai 9,4 miliardi del 2021) con progetti in Argentina (un contratto di 1,9 miliardi di dollari per un gasdotto), Iraq, Thailandia, Algeria e Kazakistan”.

Analizzando l’impegno energetico cinese nei diversi paesi BRI, troviamo che l’Arabia Saudita è stato il paese che ha ricevuto il maggior impegno energetico nel 2022 (5,4 miliardi di dollari), seguito dall’Argentina.

Trasporti

Nel 2022 sono stati annunciati tre progetti di costruzione nel settore dell’aviazione, tra cui uno in Tanzania per un valore di circa 190 milioni di dollari. L’impegno totale nel settore ferroviario è stato pari a 7,3 miliardi di dollari. Tra i progetti maggiori: la prosecuzione dell’alta velocità che collegala Cina attraverso la Thailandia e la Malaysia a Singapore (ferrovia Kunming-Singapore); la linea ferroviaria di 422 km che collega Cina e Laos; il contratto di 2,8 miliardi di dollari a un consorzio cinese per costruire la prima fase del progetto ferroviario Bicol di 565 km sull’isola di Luzon, nelle Filippine. “Nessun nuovo impegno ferroviario è stato annunciato nel continente africano, mentre gli appaltatori non cinesi sono stati in grado di ottenere grandi commesse, come il progetto ferroviario egiziano da 8,7 miliardi di dollari vinto da Siemens nel maggio 2022”. Sul versante stradale il gigante asiatico è impegnato in molti Paesi con un volume di investimenti pari a 3,4 miliardi di dollari. “Una parte di questi riguarda strade a pedaggio o progetti di rendita stradale. Alcuni progetti che erano stati annunciati diversi anni fa non sono ancora stati realizzati, come quello da 70 milioni di dollari annui in Kenya per una lunghezza di 66 chilometri risalente al 2014. Infine, nel 2022 non sono stati annunciati investimenti per progetti relativi ai porti, ma le società cinesi stanno sostenendo la costruzione di diverse opere, soprattutto in Africa.

Gli investimenti BRI della Cina in un confronto globale

“Dopo il rimbalzo degli investimenti diretti esteri (IDE) ai livelli prepandemici nel 2021 e l’ulteriore crescita nel primo trimestre del 2022, una moltitudine di crisi sulla scena globale (ad es. pressione del debito, invasione dell’Ucraina) ha portato a un rallentamento della crescita degli IDE nei trimestri successivi, portando a un calo del 6% del valore delle M&A e alla stagnazione del numero di operazioni di project finance internazionali”. I valori del finanziamento internazionale dei progetti sono diminuiti del 30% nel 2022. Tuttavia, “gli effetti di investimenti esteri diretti più bassi sono stati più diffusi nei paesi sviluppati, mentre le economie ASEAN hanno visto un aumento del 21% degli annunci di progetti greenfield. Allo stesso modo, il Brasile”. In questo contesto spicca la posizione dell’India che ha attratto tanti progetti di R&S quanti Stati Uniti, Regno Unito e Cina messi insieme. New Dehli ha anche superato come destinazione e fonte di IDE di Greenfield in Asia e nel Pacifico nel 2022 

Prospettive per l’iniziativa Belt and Road (BRI) 

“I finanziamenti cinesi e gli investimenti nei paesi della Belt and Road Initiative nel 2022 sono rimasti stabili. Per il 2023, con i blocchi legati al COVID in Cina completamente rimossi, sembra possibile una più ampia ripresa degli investimenti BRI e dei contratti di costruzione”. Ad ogni modo gli estensori del report non si aspettano un ritorno ai livelli del 2018-19. “E’ quanto riconosciuto anche dal Ministero del Commercio, che nel suo 14 Piano quinquennale per il 2021-2025 ha messo un freno alla rapida espansione oltreoceano”. Il documento, in particolare, prevede che la Cina investa 550 miliardi di dollari (compresi i paesi non BRI), in calo del 25% rispetto ai 740 miliardi di dollari del periodo 2016-2020. Inoltre, si prevede che il volume degli appalti cinesi diminuirà da 800 miliardi di dollari a 700 miliardi. Tuttavia, rispetto ai livelli più bassi di impegno registrati nel 2021 e nel 2022, potrebbe essere possibile una certa accelerazione. Nel complesso il futuro vedrà la stipula di due tipi di accordi: “gli impegni strategici (ad esempio nelle infrastrutture di trasporto strategiche nella regione) e gli accordi basati sulle risorse (ad esempio nel settore minerario, petrolifero, del gas)”.

Le raccomandazioni

Concentrarsi su progetti finanziariamente sostenibili e ridurre le perdite nei progetti non redditizi: “gli investitori in progetti BRI all’interno e all’esterno della Cina dovrebbero concentrarsi su progetti più piccoli, più facili da finanziare e più rapidi da attuare. Soprattutto, per quanto riguarda gli investimenti infrastrutturali ed energetici, quelli scalabili nel settore solare ed eolico sembrano fattibili, purché le condizioni locali forniscano le reti necessarie per gestire l’approvvigionamento di energia rinnovabile. Con la diminuzione dei costi energetici per le energie rinnovabili, crescono anche le opportunità di investire nell’eliminazione anticipata dei vecchi progetti carboniferi esistenti, che sarebbero rilevanti sia dal punto di vista economico che da quello ambientale”. Sostenere i paesi e le imprese partner nella gestione del rimborso del debito (sovrano) dei progetti BRI già investiti, ad esempio mediante gli swap e le obbligazioni in natura: “Il debito è una delle principali preoccupazioni per la crescita futura di molti paesi BRI. La Cina ha un’opportunità unica per sostenere questi Paesi sia a livello bilaterale che multilaterale. Affrontare la questione è fondamentale per fornire il margine di bilancio necessario per gli investimenti futuri. Mentre gli swap di debito per risorse o “debito per azioni” potrebbero sembrare vantaggiosi nel breve periodo alla lunga tendono a minare le future opportunità di crescita interna. Piuttosto, le parti interessate cinesi, insieme ai partner internazionali, dovrebbero sostenere una ripresa verde attraverso accordi multilaterali”.

Rafforzare la cooperazione internazionale per i progetti BRI per consentire a quelli esistenti e utili di proseguire anche in tempi difficili: “la cooperazione tripartita con partner finanziari e di attuazione internazionali può sostenere i progetti BRI attraverso un migliore accesso alle risorse finanziarie, la condivisione dei rischi e delle informazioni. Soprattutto le società non-SOE che spesso hanno un maggiore onere per accedere agli investimenti dei grandi istituti finanziari cinesi potrebbero beneficiare di un più ampio accesso ai finanziamenti, come testimoniato ad esempio dal parco eolico Zhanatas in Kazakistan, cofinanziato da BERS, AIIB, GCF e ICBC, mentre era in costruzione e gestito da China International Power Holding. Inoltre, gli istituti finanziari cinesi potrebbero beneficiare del finanziamento di progetti a rischio ampliando la loro cooperazione internazionale. Inoltre, con l’Unione europea (UE) che lancia il suo “Global Gateway” e gli Stati Uniti che promuovono l’iniziativa B3W, la concorrenza per la BRI sta aumentando. Tuttavia, se la cooperazione per il finanziamento di progetti e lo sviluppo nei mercati emergenti è l’obiettivo da perseguire, gli investitori e gli sviluppatori cinesi possono accelerare la loro cooperazione con istituzioni finanziarie pubbliche e private di diverse economie, soprattutto se riescono a condividere gli standard”.

Aumentare l’uso di standard ambientali e sociali comuni nella valutazione dei progetti (ad es. valutazione dell’impatto ambientale) e nella gestione dei rischi ambientali e sociali: “nel luglio 2021, il Ministero del Commercio (MOFCOM), insieme al Ministero dell’Ecologia e dell’Ambiente, ha pubblicato le Linee guida per l’ecologia e la cooperazione all’estero” e nel gennaio 2022, le Linee guida per la protezione ambientale ecologica dei progetti di cooperazione agli investimenti esteri e di costruzione. Nell’ambito di queste linee guida, gli investitori cinesi sono incoraggiati ad aderire alle norme ambientali internazionali o cinesi, in particolare nei paesi in cui queste ultime non sono conformi alle norme internazionali. Si tratta di una formalizzazione di una serie di guide precedenti, tra cui la “Green Development Guidance for BRI Projects Baseline Study” e la “Application Guide for Enterprises and Financial Institutions” sostenuta da diversi ministeri cinesi competenti pubblicati dalla BRI Green Development Coalition (BRIGC) rispettivamente nel dicembre 2020 e nell’ottobre 2021. Queste linee guida invitano gli investitori cinesi all’estero ad applicare valutazioni d’impatto ambientale indipendenti e una rigorosa gestione del rischio ambientale e sociale per garantire che i progetti e gli investimenti riducano al minimo i danni e massimizzino i benefici. Inoltre, i principi di investimento verde (GIP) integrano la sostenibilità nel governo societario, imponendo ai consigli di amministrazione di comprendere i rischi ambientali, sociali e di governance e di divulgare le informazioni ambientali. Applicando le norme internazionali, le istituzioni finanziarie cinesi possono più facilmente raccogliere capitali sui mercati finanziari globali, accelerare il cofinanziamento con i partner internazionali e assumersi la responsabilità di realizzare l’obiettivo di costruire la BRI”. 

Elaborare strategie di valutazione per gli investimenti inefficienti: “diversi investimenti nell’iniziativa “Belt and Road” hanno dovuto essere sospesi, bloccati o annullati per motivi finanziari e operativi. Al fine di evitare rischi per la reputazione, sociali e ambientali derivanti da progetti sospesi o annullati, dovrebbero essere elaborati e attuati dagli istituti finanziari, comprese le compagnie di assicurazione, i promotori, le amministrazioni locali e le autorità cinesi competenti, degli appositi piani in modo da compensare le eventuali perdite subite dai lavoratori e dalle imprese fino a una determinata misura”. 

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