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FEBBRAIO 2022 PAG. 16 - Il cambio di paradigma per uno sviluppo sostenibile

 





L’impatto economico diretto dei cambiamenti climatici sulle infrastrutture in Italia potrebbe crescere nel periodo 2040-2070 oltre i 5 miliardi di euro l’anno, corrispondente ad un aumento di circa 12 volte il valore del danno odierno. Ancora più drammatiche le stime sulla crescita economica: perdite che oscillano tra lo 0.2% e il 2% del PIL nel 2050, secondo gli scenari più favorevoli (quelli in cui gli obiettivi per il contenimento della temperatura globale sono centrati in pieno), ma che raggiungono il 2-2.5% in quelli peggiori. In totale, nello scenario “business as usual”, si stima che il danno complessivo (diretto e indiretto) causato dalla perdita o danneggiamento di infrastrutture per il Paese possa variare tra lo 0.1-0.4% del PIL medio nel decennio 2020-2030 e lo 0.33-0.55% del PIL nel 2050. Ad oggi, si tratterebbe di mancata capacità di produrre beni e servizi per un valore di circa 2.3 - 8.7 miliardi di euro. Proiettata al 2050, la perdita ammonterebbe a circa 11.5 - 18 miliardi di euro. Più del doppio, quindi, rispetto al danno diretto da cambiamento climatico sulle infrastrutture.

Agire subito e con contezza della enormità della posta in gioco perchè resilienza e sostenibilità non sono solo artifici retorici alla moda. Servono politiche di mitigazione efficaci e strumenti finanziari   innovativi per coinvolgere i capitali privati in una transizione ecologica che diventa sempre più strumento essenziale per garantire la tenuta economica del sistema. È questo il filo conduttore dei Rapporti su “Cambiamenti climatici, infrastrutture e mobilità” e “Investire in infrastrutture: strumenti finanziari e sostenibilità”, elaborati dalle Commissioni di studio istituite ad aprile 2021 dal Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili e rispettivamente coordinate dai professori Carlo Carraro (ordinario di Economia Ambientale all’Università Ca’ Foscari di Venezia) e Fabio Pammolli (ordinario di Economia e Management al Politecnico di Milano), per l’elaborazione di proposte innovative e contributo alla definizione della nuova strategia per le infrastrutture e la mobilità sostenibili avviata in coerenza con il Green Deal europeo e gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’Onu. 

“Il cambio di paradigma verso uno sviluppo sostenibile non è più rinviabile così come un forte investimento per rendere resilienti al cambiamento climatico le infrastrutture e i sistemi di mobilità del nostro Paese,” sottolinea il Ministro Enrico Giovannini. “I Rapporti mostrano non solo i rischi che corre l’Italia a causa della crisi climatica, ma anche le opportunità esistenti per operare, insieme al settore privato, scelte in grado di mitigarne gli effetti sui sistemi ferroviari, idrici, stradali, portuali, urbani da cui dipende il nostro sistema socioeconomico, adattandoli alle nuove condizioni climatiche e beneficiando delle nuove tecnologie. Grazie al lavoro svolto dalle due Commissioni disponiamo finalmente di analisi approfondite, basate su evidenze scientifiche, e proposte per cambiare il modo di disegnare e realizzare le infrastrutture e la mobilità del futuro, utilizzando innovativi modelli di partenariato pubblico-privato in grado di orientare a tali finalità la crescente attenzione degli investitori nazionali e internazionali ai temi legati alla sostenibilità”.

Il Rapporto “Cambiamenti climatici, infrastrutture e mobilità” illustra gli impatti attuali e futuri della crisi climatica sulle infrastrutture e i sistemi di trasporto nazionali e locali, fornendo indicazioni precise sulle strategie da adottare per ridurre i rischi, mitigare l’effetto delle attività economiche sulle emissioni di gas climalteranti, adattare il sistema infrastrutturale alle nuove condizioni climatiche, con un approfondito dettaglio territoriale. Gli effetti negativi dei cambiamenti climatici stanno già manifestandosi in modo differenziato nelle diverse regioni italiane, con un aumento considerevole di eventi estremi (alluvioni, siccità, bombe d’acqua e di calore, ecc.) che mettono a rischio i sistemi infrastrutturali e di mobilità, e determineranno forti disuguaglianze economiche e sociali tra le diverse aree del Paese. 

“Per il settore dei trasporti si stima che l’attuale impatto economico diretto associato agli eventi climatici estremi (0.15 miliardi di euro all’anno) potrebbe aumentare del 1900% circa entro il 2040-2070,” avverte lo studio. Il più forte aumento dei danni economici diretti è previsto proprio per questo comparto: 1.08 e 2.80 miliardi di euro all’anno rispettivamente nei decenni 2020 e 2050. 
Agli effetti diretti si possono poi sommare gli effetti indiretti. Tipico il caso dei porti con i problemi legati all’operatività derivante da fattori esterni come la scarsa disponibilità idrica (per condizioni critiche della falda) o l’interruzione di energia elettrica (derivante da sovraccarico delle reti). “Tutto ciò comporterà la necessità di nuovi investimenti per garantire i livelli desiderati di operatività, possibile disruption per i sistemi logistici e quindi perdita di competitività, danni di immagine-reputazione, aumento dei premi assicurativi. In prospettiva, quindi, le risposte al cambiamento climatico diventeranno un fattore di competitività sempre più determinante per i porti e i relativi sistemi logistici, aspetto fondamentale per un paese costiero come l’Italia”.

Le misure di mitigazione e adattamento proposte dalla Commissione guidata dal prof. Carraro sono basate principalmente su innovazioni di tipo strutturale e tecnologico (in tema di gestione dei sistemi di drenaggio, di copertura stradale con asfalto drenante, ecc.), sui benefici forniti da una maggiore cura degli ecosistemi (riqualificazione idro-morfologica degli alvei fluviali, potenziamento del verde per la riduzione del calore in ambito urbano, ecc.), o su investimenti nella conoscenza, attraverso la raccolta e l’elaborazione di dati, modelli e previsioni per valutare i rischi e migliorare le politiche. Quanto alle infrastrutture per la logistica, il Rapporto suggerisce lo sviluppo di sistemi di distribuzione resilienti agli imprevisti legati alla crisi climatica puntando sulla sicurezza dell’approvvigionamento piuttosto che sulla tempestività. 

Per quanto riguarda gli obiettivi di decarbonizzazione, lo studio indica i necessari interventi strutturali di mitigazione delle emissioni inquinanti, soprattutto nei sistemi di trasporto di persone e merci, per favorire lo shift modale verso il trasporto sostenibile e migliorare l’efficienza energetica dei veicoli. Ruoli centrali in questa trasformazione avranno lo sviluppo del sistema ferroviario, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, i sistemi informatici di comunicazione. Gli investimenti dovranno quindi essere indirizzati verso l’estensione delle metropolitane e delle reti tranviarie, l’ampliamento dell’Alta velocità, il miglioramento delle reti ferroviarie regionali, il potenziamento del trasporto pubblico locale a basse emissioni, la realizzazione di piste ciclabili nelle città, lo sviluppo della rete di ricariche elettriche. Le politiche per agevolare la transizione ecologica dovranno puntare a disincentivare l’uso dei mezzi inquinanti e incentivare, attraverso sussidi o politiche fiscali, una mobilità sostenibile, ad esempio con una differenziazione delle tariffe dei servizi di trasporto sulla base delle emissioni, il rafforzamento del green public procurement e la parziale detassazione degli investimenti sostenibili certificati.

“Nel corso dell’ultimo anno il Ministero ha già intrapreso numerose azioni in questa direzione, coerentemente con il cambio di nome - aggiunge Giovannini - Le scelte poste alla base del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), le nuove risorse della Legge di Bilancio destinate alla transizione alla mobilità sostenibile (2 miliardi di euro), allo sviluppo delle metropolitane e al trasporto rapido di massa (4,7 miliardi), alla manutenzione di strade, ponti e viadotti (4,8 miliardi), la co-programmazione con le Regioni del Fondo Sviluppo e Coesione 2021-27, sono segnali evidenti del cambiamento operato. Ma tutto ciò non basta: abbiamo bisogno di stimolare investimenti nella stessa direzione da parte del settore privato e per questo dobbiamo creare nuove forme di partnership pubblico-privato e spingere le imprese ad adottare nuovi criteri di valutazione dei loro investimenti, che tengano conto degli impatti ambientali e sociali”.

Il Rapporto “Investire in infrastrutture: strumenti finanziari e sostenibilità” illustra invece proposte per il coinvolgimento dei capitali privati nella realizzazione, manutenzione e gestione di opere pubbliche e in interventi che mirino alla sostenibilità ambientale e sociale oltre che economica, individuando nel Partenariato Pubblico-Privato (PPP) un importante modello di finanziamento. In particolare, la Commissione guidata dal prof. Pammolli individua strumenti finanziari e modelli di investimento in grado di stimolare iniziative capaci di generare un ritorno economico e, allo stesso tempo, contribuire allo sviluppo sostenibile del Paese e all’inclusione sociale. Nel Rapporto si raccomanda anche di adottare un sistema di misurazione dell’impatto sociale e ambientale delle opere pubbliche, a partire da quelle del Pnrr. 

Tra gli strumenti finanziari da utilizzare vengono indicati i social bonds, che ancorano parte del capitale raccolto a iniziative di rilevanza pubblica e sociale, i social impact bond, per integrare capitali pubblici e privati orientandoli al conseguimento di ritorni in termini economici e sociali, soprattutto in aree svantaggiate, e gli outcome fund basati sul meccanismo ‘pay-by-result’, per mobilitare capitale privato da destinare a servizi di welfare. La ‘struttura di misurazione’ dei progetti d’investimento dovrebbe poi assicurare la partecipazione delle comunità locali al monitoraggio delle infrastrutture e l’individuazione ex-ante di particolari esigenze verso le quali indirizzare gli interventi.
Il report segnala anche le opportunità per combinare le risorse del Pnrr con altre misure di finanza pubblica e con il risparmio privato, aumentando la leva finanziaria del Piano e allo stesso tempo attenuare l’impatto sulle banche di esposizioni crescenti. Inoltre, per rendere più veloce ed efficiente il ciclo di spesa, la Commissione propone interventi nell’ambito delle garanzie, dello smobilizzo dei crediti e nel coinvolgimento degli investitori istituzionali. 
Infine, per coordinare gli investimenti anche in vista di una loro forte ripresa nella fase post-Covid, si propone la costituzione di una ‘Cabina di Consegna’ insieme al Ministero dell’Economia e delle Finanze e a Cassa Depositi e Prestiti. Questa dovrebbe valutare gli investimenti infrastrutturali, progettare gli strumenti finanziari più idonei per la loro realizzazione e svolgere attività di supporto alle stazioni appaltanti nella fase istruttoria, preparatoria e di attuazione dei progetti, oltre che per il loro monitoraggio. I vantaggi sarebbero, tra gli altri: la riduzione della duplicazione di procedure amministrative e legali; il monitoraggio della trasmissione degli investimenti pubblici e privati sui territori; l’elaborazione di schemi di bondistica e di garanzie in linea con le necessità dei singoli progetti; la predisposizione di attività di formazione per gli amministratori locali.
G.G.
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