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DICEMBRE 2021 PAG. 26 - Porti e shipping in prima linea per gli obiettivi di sostenibilità

 

 

Presentato a Bruxelles a dicembre il terzo MED & Italian Energy Report, lavoro di ricerca annuale frutto della collaborazione tra SRM (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) e l’ESL@Energy Center del Politecnico di Torino, è intitolato “The new game of hydrogen in the Euro Mediterranean region” ed è dedicato al tema dell’idrogeno, una delle nuove frontiere del futuro sistema energetico.

Il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità che sono al centro dell’agenda europea e italiana spinge anche lo shipping ad accelerare la transizione verso un sistema low-carbon. Nonostante il trasporto marittimo sia, dal punto di vista ambientale, molto più efficiente rispetto alle altre modalità di trasporto, ossia inquini di meno (una nave genera 3 gr di CO2 per trasportare 1 tonnellata di merce per 1 km mentre un camion ne produce 47 e un aereo circa 600), rappresenta una fonte crescente di emissioni di gas a effetto serra come conseguenza dei considerevoli volumi trasportati via mare. Il settore contribuisce al cambiamento climatico globale e all'inquinamento atmosferico locale, producendo circa il 3% delle emissioni globali di gas serra (GHG) ed emettendo ogni anno circa il 15% di alcuni dei principali inquinanti atmosferici del mondo(1), mentre la quota di CO2 prodotta a livello mondo copre il 2,4% del totale emesso(2).

La spinta alla decarbonizzazione del comparto viene “imposta” dalla normativa internazionale e da quella UE. Tra i capisaldi normativi internazionali per lo shipping ci sono le disposizioni dell’International Maritime Organization (IMO), dirette a perseguire una riduzione progressiva nell’intensità delle emissioni di CO2 a livello globale per almeno il 40% entro il 2030 e per il 70% entro il 2050 rispetto ai livelli del 2008. Per quanto riguarda i gas serra è stata stabilita una riduzione del 50% entro il 2050 rispetto ai livelli del 2008. Anche nell’European Green Deal è presente in maniera decisa la volontà di ridurre gli impatti ambientali nell’ambito del trasporto marittimo. Si consideri che i trasporti sono responsabili di circa un quarto delle emissioni di gas serra dell’Ue e di circa un terzo di quelle di CO2(3), una quota destinata a crescere con l’aumento della domanda di trasporto nei prossimi 30 anni.

La normativa europea è diventata ancora più stringente con la “Legge sul cambiamento climatico” del 30/6/2021 e prevede di raggiungere la neutralità climatica al 2050 con un obiettivo vincolante per gli Stati Membri. Il nuovo obiettivo al 2030 è di ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 55% rispetto al 1990 (“Fit for 55”). L’obiettivo del 55% è estremamente ambizioso. Per fare una comparazione, dal 1990 al 2020 le emissioni nell’Unione europea si sono ridotte del 20%. Il Green Deal si pone l’obiettivo di ridurre le emissioni dal 20 al 55% in meno di dieci anni.

Le soluzioni disponibili per l’industria per rispettare le possibili nuove norme sulla decarbonizzazione passano per le misure di efficienza energetica (da applicare durante la navigazione ed in porto) ed i combustibili alternativi.

Incrementare l’efficienza energetica di una nave significa ridurre le emissioni con un minor consumo di carburante grazie a soluzioni operative, tecnologiche e soluzioni in porto. Se le prime impattano sulle pratiche operative a bordo delle navi, con modifiche tecniche minime, le soluzioni tecnologiche comprendono tutte le modifiche allo scafo o al motore, inclusa l’installazione di nuove attrezzature, che si traducono in un risparmio di carburante, mentre le soluzioni in porto comprendono tutto ciò che può essere fatto per ridurre le emissioni negli scali.

Tra le misure operative più efficaci vi sono le riduzioni di velocità. È stato documentato che la riduzione della velocità ha ridotto le emissioni nel settore del trasporto di container di oltre il 15% e sono ben noti i vantaggi dello slow-streaming come contromisura per ridurre la sovraccapacità di stiva. Altre soluzioni operative fanno uso di sistemi avanzati di monitoraggio, ad esempio, tramite sensori; si pensi al weather routing, basato sull’ottimizzazione delle rotte sulla base delle condizioni meteorologiche in tempo reale, e all’addestramento dell’equipaggio, anche se l’efficacia di queste soluzioni è limitata e dipende dalle caratteristiche specifiche della nave. Le soluzioni tecnologiche richiedono l’installazione di nuovi dispositivi a bordo o la modifica delle componenti tecniche già esistenti. Le navi sono state migliorate nel corso degli anni per essere estremamente efficienti, e la sfida in campo armatoriale è lo sviluppo già dal 2030 di navi a zero emissioni; nonostante bisogna evidenziare che le nuove tecnologie e le modifiche alle navi comportano intrinsecamente un certo rischio e possono impattare le profittabilità e la sicurezza della navigazione.

Se, dunque, non esistono ancora tecnologie mature a sufficienza ed economicamente sostenibili per de-carbonizzare il trasporto marittimo nella fase di navigazione, sono disponibili invece diverse misure che consentono alle navi di ridurre le emissioni inquinanti durante la sosta in porto, tra le più rilevanti citiamo il virtual arrival, ovvero la riduzione della velocità nel caso l’ormeggio della nave non sia disponibile, e il cold-ironing. Se il cold ironing fosse utilizzato per alimentare a energia elettrica il 40% della domanda energetica potenziale complessiva richiesta dalle imbarcazioni che hanno una maggiore permanenza nei porti (Ro-Ro e traghetti, navi cargo, navi container, navi da crociera) e se questa energia provenisse da fonti rinnovabili sarebbe possibile evitare la combustione di oltre 635 mila tonnellate di gasolio marino.

Sviluppando subito il cold ironing e prelevando energia dalla rete elettrica attuale (che include sia fonti fossili che rinnovabili) si potrebbero ridurre già di quasi 2/3 le emissioni di gas serra nei porti. Se inizialmente in Europa (come in Asia), l’utilizzo del cold ironing (CI) si è rivelato meno convincente, in quanto la maggior parte delle infrastrutture è rimasta sottoutilizzata, a causa degli elevati costi dell’elettricità e delle difficoltà operative iniziali, nel Green Deal è stato riconosciuto l’uso obbligatorio del CI per tutte le navi che fanno scalo nei porti dell’UE.

Quanto ai combustibili alternativi, tra i più promettenti al momento c’è sicuramente l’ammoniaca, che potrebbe essere ideale in una prima fase della transizione energetica. Accanto ad essa sono da citare il bio-metanolo, il biometano, il biodiesel e le batterie, queste ultime utilizzabili sia da sole che in combinazione con motori diesel, celle a combustibile o alternative come il power-to-X. Infine, ma non da ultimo, c’è l’idrogeno, i cui costi sono ancora molto elevati e permangono incertezze in relazione allo stoccaggio a bordo ed ai punti di rifornimento.

In questo contesto i porti possono giocare un ruolo fondamentale; in generale nel processo di transizione energetica perché sono normalmente il punto di arrivo dei gasdotti, sono vicini alle industrie energetiche e solitamente sono sede di raffinerie e attività connesse al settore energetico; ed in particolare possono diventare veri e propri punti di rifermento per quanto riguarda l’idrogeno. Per le loro caratteristiche in termini di attrezzature logistiche, vicinanza a impianti industriali, collegamenti internazionali, hanno i numeri per poter diventare “Hydrogen Valleys” dove l'idrogeno può essere prodotto o importato, stoccato e distribuito, costituendo altresì la soluzione per tutte quelle applicazioni presenti negli scali che risultano difficili da elettrificare.

Una vision che sta diventando realtà a livello europeo. Diversi megaporti (pensiamo a Rotterdam, Anversa o Amburgo) ma anche altri (come Amsterdam e Valencia) hanno puntato e stanno puntando sull’idrogeno. Una discreta attività c’è anche nel nostro Paese, dove alcune Autorità portuali hanno già avviato iniziative che guardano in questa direzione.

Nella lotta alla crisi climatica un importante contributo può dunque arrivare dalla decarbonizzazione del trasporto marittimo. Un processo che richiede un’ampia mole di investimenti (a livello mondiale si stimano oltre 3 trilioni di $ per raggiungere questo obiettivo) e che deve essere accelerato puntando su innovazione tecnologica, digitalizzazione dei sistemi logistici portuali, efficientamento energetico degli scali, integrazione tra porti e rete ferroviaria creando “corridoi green”, progressiva elettrificazione dei consumi attraverso l’utilizzo delle energie rinnovabili e conversione della flotta navale con mezzi aventi un minor impatto ambientale.

 

1 - Fonte: World Bank, 2021

2 - Fonte: Clarksons Research, 2021

3 - Fonte: IEA, 2021

 

Consuelo Carreras

Senior Energy Researcher, SRM

 

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