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SETTEMBRE PAG. 50 - Una nuova frontiera del diritto della navigazione: lo Space Law

 


La vicenda – del marzo scorso, che ha interessato i frammenti di un lanciatore spaziale cinese chiamato Changzheng (CZ-5B) che, fortunatamente, non ha avuto conseguenze per il nostro pianeta pone spunti di riflessione sul diritto spaziale.

Nel 1957 il lancio dello Sputnik iniziò a far sorgere interrogativi sulla natura giuridica degli space objects. La necessità di risolvere questi dubbi portò alla creazione, in seno alle Nazioni Unite, nel 1958, del COPUOS (Committee on the Peaceful Uses of Outer Space), organo permanente delle Nazioni Unite con funzione di propulsione legislativa in materia di attività spaziale, e dell’UNOOSA (United Nations Office for Outer Space Affairs) il cui lavoro tra la fine degli anni sessanta e la fine degli anni settanta confluì nell’elaborazione di una serie di trattati che, ancor oggi, costituiscono la base giuridica dell’attuale disciplina del diritto internazionale in tema di spazio.

In Italia, la dottrina non è stata insensibile ad approfondire la materia ed è doveroso segnalare gli studi degli internazionalisti Rolando Quadri del 1958 e Giorgio Lodigiani del 1968.(1)

Va anche sottolineato che a Taormina, dal 31 ottobre al 3 novembre 1960 si tenne il I Convegno Nazionale di diritto cosmico.

Oggi vantiamo l’Agenzia Spaziale Italiana, nata nel 1988, che è un ente pubblico nazionale, indirizzato e supportato dal Comitato Interministeriale per le Politiche relative allo Spazio e all’Aerospazio (COMINT). L’Italia è il terzo paese che contribuisce maggiormente all’Agenzia Spaziale Europea (ESA).

Allo stato, esistono cinque trattati fondamentali ratificati in un periodo che va dal 1967 al 1975.

Tali trattati sono stati tutti sottoscritti nel periodo della cosiddetta “corsa allo spazio” tra Stati Uniti ed Unione Sovietica.

Il primo di questi trattati, cronologicamente, è quello del 1967 sui “Principi che governano l’attività degli stati nell’esplorazione ed uso dello spazio extra-atmosferico, inclusa la Luna e gli altri Corpi celesti” noto semplicemente come “Trattato sullo spazio extra-atmosferico”.

Per “Corpo celeste” si intende “un’entità fisica naturale presente nell’universo osservabile” mentre lo “Spazio extra-atmosferico” può essere definito come “lo spazio delimitato dalla linea di Karman (2) che si trova, convenzionalmente a 100 km dal livello del mare”.

Fu firmato inizialmente solo da Gran Bretagna, USA e URSS, mentre oggi sono 110 i Paesi ad aver ratificato il trattato, tra cui la Repubblica Popolare Cinese.

Il trattato in questione si compone di 17 articoli.

In particolare l’art. 1 che garantisce che l’uso dello spazio extra-atmosferico sia portato avanti nell’interesse di tutti i Paesi (“The exploration and use of outer space, including the moon and other celestial bodies, shall be carried out for the benefit and in the interests of all countries, irrespective of their degree of economic or scientific development, and shall be the province of all mankind), l’art. 2 vieta alle nazioni di rivendicare risorse e di occupare in qualsiasi forma i corpi celesti (“Outer space, including the moon and other celestial bodies, is not subject to national appropriation by claim of sovereignty, by means of use or occupation, or by any other means”) e, infine, l’art. 4 prevede esclusivamente un uso pacifico dello stesso vietando l’utilizzo di qualsiasi arma di distruzione di massa e la costruzioni di basi militari (“States Parties to the Treaty undertake not to place in orbit around the earth any objects carrying nuclear weapons or any other kinds of weapons of mass destruction, install such weapons on celestial bodies, or station such weapons in outer space in any other manner”).

L’unica forma di sovranità può essere esercitata solo sul mezzo di trasporto che trasferisce l’uomo nello spazio extraterrestre o sul suo “campo base”.

Da questo punto di vista, la ISS (International Space Station) costituisce un interessante caso giuridico, in quanto composta da vari moduli forniti da altrettanti Paesi diversi.

Dunque lo stato che ha fornito quel determinato modulo può esercitare la propria sovranità e giurisdizione? La risposta è sostanzialmente positiva.

Questa particolare forma di cooperazione internazionale (da cui è, tuttavia, esclusa la Repubblica Popolare Cinese) è sottoposta ad uno speciale accordo intergovernativo (IGA International Space Station Intergovernmental Agreement) del 1998 tra Canada, Federazione Russa, Giappone, Stati Uniti Stati e altri dieci Stati membri dell’Agenzia Spaziale Europea.

Per dovere di cronaca occorre segnalare il Commercial Space Launch Competitiveness Act degli Stati Uniti, firmato nel 2015. Secondo questa legge, gli Stati Uniti non solo autorizzano attività di estrazione spaziale privata, ma riconoscono anche il diritto di aziende private registrate nel loro territorio di appropriarsi e utilizzare a fini commerciali le risorse ottenute nello spazio.

Le regole sulla responsabilità di diritto internazionale sono estese a tutte le attività poste in essere nello spazio incluse le operazioni poste in essere da entità non governative, che necessitano di una autorizzazione e della supervisione dello Stato, fermo restando che la responsabilità, ai sensi dell’articolo 6 del Trattato sullo Spazio, va ascritta sempre allo Stato presso cui il lancio è stato effettuato.

Nonostante il trattato preveda l’impossibilità degli Stati di rivendicare risorse al di fuori dell’atmosfera terrestre è previsto che la giurisdizione ed il controllo degli oggetti presenti nello spazio sia esclusivo dello Stato che ha effettuato il lancio dello stesso; a ciò si collegano anche le eventuali richieste di risarcimento per i danni causati dalle attività umane nello spazio.

I principi previsti da questo primo trattato sono stati poi espansi nei quattro trattati successivi:

“L’Accordo sul Salvataggio” (1968) che prevede una procedura in caso di pericolo per la vita degli astronauti attraverso una notifica presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite a seguito della quale tutti i Paesi firmatari hanno l’obbligo di dare la migliore assistenza possibile, prevedendo anche una compensazione economica per costi legati al salvataggio e al recupero dell’oggetto spaziale.

La “Convenzione sulla Responsabilità Internazionale per i danni causati dagli oggetti spaziali” (1972) che ha emanato una disciplina ad hoc per i lanci congiunti e, quindi, dando la possibilità alle parti danneggiate di richiedere l’intero risarcimento agli Stati che hanno collaborato all’operazione.

La Convenzione, inoltre, regola le procedure per le richieste di risarcimento, le quali possono essere effettuate solo da uno Stato nei confronti di un altro Stato, rendendo quindi impossibile per i singoli individui ed organizzazioni non-governative di richiedere direttamente un risarcimento nei confronti della nazione nel cui territorio è stato lanciato l’oggetto.

La convenzione del 1972 va, inoltre, di pari passo con la Convenzione sulla Registrazione degli Oggetti Lanciati nello Spazio Extra-Atmosferico adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1974 ed entrata in vigore nel 1976, cui aderiscono attualmente 69 Stati.

Tale convenzione stabilisce che ogni oggetto spedito nello spazio extraterrestre deve essere registrato in un particolare albo tenuto dal COPUOS. Lo Stato può esercitare una forma di sovranità e giurisdizione sull’oggetto registrato in tal modo.

Tornando alla Convenzione sulla Responsabilitá, sulla base dell’articolo 7 del Trattato sullo Spazio, è previsto che qualunque Stato lanci un oggetto nello spazio sia tenuto al risarcimento dei danni causati da tale oggetto alla superficie terrestre o ad altri dispositivi spaziali, oltre all'eventuale danno ambientale, qualora tali danni siano riconducibili ad una sua condotta negligente. Esso stabilisce inoltre le norme per la composizione delle controversie in materia di risarcimento.

Applicabile sicuramente al caso del lanciatore cinese menzionato nell’introduzione del nostro argomento è stata utilizzata per la prima ed unica volta nel 1978 quando il satellite Sovietico “Kosmos 954” precipitò sul suolo canadese disperdendo 50kg di Uranio-235 in un territorio vasto 124.000 kmq.

“Il trattato sulla Luna” (1979) in un primo momento pensato per essere un aggiornamento del trattato “Sullo spazio extra-atmosferico” fu un fallimento a causa della mancata ratifica da parte delle maggiori nazioni capaci di effettuare lanci spaziali.

A tutt’oggi è stato ratificato solo da 18 Paesi, nessuno dei quali è una potenza spaziale: questa riluttanza può essere ricondotta a due ragioni principali. In primo luogo, il Trattato afferma che gli Stati Parti hanno responsabilità internazionale per le attività nazionali, condotte da agenzie governative o da organismi non governativi, e devono anche garantire che le attività nazionali siano svolte in conformità con le disposizioni stabilite nel Trattato. In secondo luogo, il timore che, a causa del principio del “patrimonio comune dell’umanità” (elaborato principalmente nella Convenzione di Montego Bay in relazione ai fondi oceanici), quegli Stati che possiedono il know-how tecnologico e le risorse necessarie per raggiungere la Luna e altri corpi celesti avrebbero dovuto condividere i benefici da essi ottenuti con altri membri della comunità internazionale.

 Alfonso Mignone

 

(1) R. QUADRI, Prolegomeni al diritto internazionale cosmico, Milano 1958; G. LODIGIANI, Lineamenti di diritto cosmico, Milano, 1968.

(2) Che prende il nome dall’ingegnere ungherese-americano che la sviluppò nel 1957 e la fissò a un’altitudine di 83,6 chilometri sul livello del mare.

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