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FEBBRAIO 2021 PAG. 34 - La battaglia dei noli


 

La fluttuazione delle tariffe di trasporto marittimo sta mettendo in subbuglio il cluster. Per gli armatori si tratta di recuperare la remuneratività perduta negli ultimi anni, per gli spedizionieri un attacco al futuro stesso della categoria. Ne va di mezzo la globalizzazione così come l’abbiamo conosciuta fino ad ora. Se ne è discusso nel corso del webinar “Containers e fluttuazioni dei noli marittimi: quali prospettive per il futuro?” organizzato dal Propeller Club di Milano.   

 

A pertura dei mercati e basso costo dei trasporti sono gli elementi che hanno caratterizzati l’ultima fase della globalizzazione. Una stagione decennale di bassi noli marittimi, parimenti all’approccio neoliberistico, ha contribuito a fluidificare lo spazio liscio del cosiddetto capitalismo logistico. Supply chain intercontinentali, economie di scala, regolazione minima. Il trasporto marittimo come sistema circolatorio dell’economia-mondo. 

La pandemia da Covid ha rappresentato una brusca interruzione di questo processo. Molto più delle tensioni nazionali; dei tentativi spesso goffi di “aggiustare” la mira alla mondializzazione. Tra i motivi di attrito che produce, in questo scorcio di 2021, non poco nervosismo nel cluster marittimo anche l’intensa impennata dei noli marittimi, registrata già da metà dell’anno scorso, dopo i primi lockdown totali, con la ripresa delle attività produttive in Cina.

Il fenomeno, innescato prima sulle rotte Asia – Usa e poi sulle relazione Far East – Mediterraneo, è prodotto da una serie di concomitanze. Shortage capacity da parte delle compagnie, che nella fase più critica della pandemia hanno fermato parte della flotta, difficoltà a reperire sul mercato container vuoti, congestione in alcuni porti ancora alle prese con le limitazioni operative imposte dal Covid. Il risultato è il surriscaldamento dei rapporti tra due segmenti fondamentali della filiera dello shipping – armatori e spedizionieri e caricatori – con accuse reciproche, diffidenze diffuse, incertezza sul futuro.
«La crescita dei noli spaventa gli operatori» conferma Riccardo Fuochi, presidente del Propeller Club di Milano. «Alcuni fornitori stanno rinunciando a importare determinati prodotti. Stiamo vivendo una situazione anomala in cui mancano due elementi essenziali: la stabilità e la trasparenza. La fluttuazione improvvisa del costo del servizio sta chiudendo gli spedizionieri in una morsa, considerando che la verticalizzazione della filiera logistica da parte delle compagnie fa crescere ulteriormente i dubbi sul futuro del mondo delle spedizioni». 

Dopo anni di magra, caratterizzati da acquisizioni, fusioni, fallimenti spettacolari come quello di Hanjin, il mondo armatoriale considera la nuova stagione come un semplice riconoscimento del valore del servizio prestato. Un riequilibrio del prezzo del trasporto dopo gli sforzi, non sempre razionali, per adeguare le flotte all’imperativo dell’economia di scala, alimentato con un ricorso sempre più esteso alla (cara per le casse aziendali) finanziarizzazione del debito. 

«Oggi il naviglio inattivo raggiunge appena il 2,2% della flotta container disponibile, sei mesi fa la forbice oscillava tra il 20 e il 30%,» sottolinea il presidente di Assarmatori, Stefano Messina, mettendo a tacere qualsiasi intento speculativo da parte delle compagnie. «Finalmente si torna a dare importanza alla funzione del trasporto, inteso nella sua eccezione di ciclo integrato della logistica. Ovviamente nel medio – lungo termine si registrerà una stabilizzazione ma rimane l’elemento che restituisce dignità economica agli sforzi degli operatori che comportano impegno, passione, capitale e lavoro». Basterebbe, su questo punto, un semplice dato: «Analizzando i bilanci pubblici delle principali compagnie dal 2008 al 30 settembre 2020 in soli due trimestri è stato registrato un Ebit medio positivo». 

Nel frattempo il rapporto tra spedizionieri e vettori non esclude colpi bassi, con pratiche borderline dall’una e dall’altra parte, che contribuiscono a far crescere la tensione.
Per Paolo Pessina, presidente di Assagenti «La “tempesta perfetta” innescata dal Covid non troverà una soluzione nel breve-medio periodo. E’ una situazione difficile da controllare, spesso determinata dagli stessi clienti che pur di acquisire slot contribuiscono ad accrescere di più la confusione. È il caso dei grandi spedizionieri che prenotano spazi di stiva su più navi per poi cancellarli a pochi giorni dalla partenza. Una pratica che rendendo difficile acquisire domanda all’ultimo momento costringe le navi a non viaggiare a pieno carico». 

Un serpente che si morde la coda che, oltre a mettere in dubbio il modello di globalizzazione che abbiamo conosciuto finora, vede messa in discussione anche l’assetto regolatorio del settore che poco meno di un anno fa ha visto l’Ue riconfermare la Block Exemption Regulation, alla base delle grandi alleanze marittime. Prima con la richiesta di rivedere la situazione, puntualmente rigettata dalla Commissione europea, da parte delle principali associazioni di categoria, poi con varie minacce di “class action” nei confronti di un sistema accusato non solo di essere iniquo sotto l’aspetto economico ma di costituire un ostacolo concreto alla ripresa post-pandemia.   

«Le difficili condizioni di mercato in cui hanno operato i player marittimi nell’ultimo decennio non possono essere negate» spiega Alessandro Pitto, presidente di Spediporto. «Ma non si può disconoscere una situazione patologica, non tanto a livello di noli, ma di qualità dell’offerta. Operazioni che prima venivano chiuse in breve tempo, oggi necessitano di una serie defatigante di passaggi. Il risultato è che si paga di più in cambio di un servizio più scadente. In termini di affidabilità emerge che il 55% delle navi arriva con ritardi fino a 5-6 giorni e solo il 30%, in pratica una su tre, rispetta i tempi di arrivo previsti. Senza contare le tattiche commerciali borderline che portano a ricontrattare le tariffe anche in presenza di contratti di nolo a lungo termine». 

A rendere più complicata la situazione «un oligopolio, che rende più difficile la contrattazione, non solo per i noli ma per le esigenze operative complessive, e una verticalizzazione condotta in modo rapido e aggressivo». Ribadisce Pitto: «Avere un carrier che è fornitore e allo stesso tempo concorrente, con una potenza di fuoco accumulata in alcuni casi con sovvenzioni pubblico, è preoccupante».  
In quale direzione andrà il mercato? Il mercato costringerà i produttori a scegliere fornitori più vicini? 

Bisognerà dire addio alle lunghissime supply chains di questo primo scorcio di XXI secolo?
La risposta di Gian Enzo Duci, vice presidente di Conftrasporto, sta in un ritorno alle origini del trasporto container. «Gli scatoloni nascono per il trasporto di merce a valore aggiunto. Una cosa è trasportare scarpe dei principali marchi internazionali, un’altra spazzatura o carbone. Nel primo caso l’impatto marginale della crescita dei noli non si sente. Probabilmente in futuro difficilmente vedremo trasportare via container determinate categorie merceologiche. La “nuova normalità” non tornerà alla globalizzazione fatta di noli bassi: è una modalità che ci metteremo alle spalle, insieme ai paradossi degli ultimi anni».

Cosimo Brudetti

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