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NOVEMBRE 2020 PAG. 17 - Carta di Padova, la logistica driver strategico per il Paese


 

La logistica assolverà a ruolo di driver strategico per il futuro del Paese solo se sarà sostenibile ed efficiente. Condizioni su cui è arrivato il momento di impegnarsi in modo sistemico, ognuno secondo il proprio peso, proponendo ai decisori politici linee di condotta e strumenti concreti per raggiungere l’obiettivo. Nasce da questa premessa la Carta di Padova, presentata al Green Logistic Intermodal Forum, documento che impegna sul tema ben tredici associazioni del comparto (Anita, Assiterminal, Assologistica, Confetra, Fercargo, Federchimica, Federconsumatori, Fedespedi, Freight Leaders Council, Green Logistics Expo, Stati Generali Dell’innovazione, SosLogistica, Unrae). «Punto di arrivo di un dialogo cominciato un anno e mezzo fa e punto di partenza, a partire da ora, per un impegno comune che punta ad allargare ulteriormente la platea e a concretizzare, con nuovi contributi, l’impegno verso lo sviluppo sostenibile portato avanti finora separatamente» spiega Daniele Testi, presidente di SosLogistica. 


Quali sono gli obiettivi della Carta di Padova?
Portare in primo piano il ruolo della logistica, facendone chiave di colta per una serie di indicazioni verso una maggiore sostenibilità economica, sociale e ambientale di tutto il sistema. L’idea che il trasporto di un prodotto possa essere offerto gratuitamente è il grande equivoco da cui si deve uscire. La spesa non viene portata a casa dalla cicogna ma da operatori, raider, aziende che sostengono dei costi. Volendo semplificare al massimo il messaggio: il personale coinvolto nei servizi logistici va pagato; i mezzi impiegati devono essere green; le infrastrutture resilienti e in grado di assicurare la massima efficienza. Un discorso che vale sia per il segmento di ultimo miglio, quello più immediatamente visibile, sia per quello industriale.  

  
In che modo avvicinarsi al traguardo?
Manderemo una copia della Carta a tutti i decisori politici. Ci aspettiamo che il suo contenuto diventi un’opportunità per instaurare tavoli verticali dove si possano individuare linee di intervento concreto. Non basta appicciare a un progetto la targhetta “green”, serve un quadro di riferimento condiviso, in grado di suggerire azioni efficaci sul lungo tempo. Anche perché, finita la pandemia, non ci si può illudere di tornare allo stato di prima.  


I punti qualificanti della Carta?
I suoi “pilastri” sono quattro. Alla base di ogni cambiamento di modello c’è una nuova cultura condivisa ed una evoluzione delle competenze e dei valori con essa percepiti. In un mondo sempre più interconnesso, “la comunicazione, la formazione e la cultura”, il primo dei pilastri, diventa il presupposto e fattore acceleratore di tale cambiamento. Il secondo guarda all’innovazione aperta e alla trasformazione digitale che non è solo migliorare cosa si fa, ma avere consapevolezza di cosa abbia ancora senso o non senso fare. C’è poi la questione dei presupposti su cui basarsi. Se lo sviluppo, nella sua accezione strategica e di accrescimento del benessere, può essere solo uno sviluppo sostenibile, in equilibrio con gli elementi ambientali, sociali ed economici nel perseguire tale azione la scienza deve offrire riferimenti ed obiettivi condivisi, oggettivi e misurabili. Infine, la governance. Senza una visione d’insieme ed un lavoro congiunto pubblico-privatosi perde in efficienza e le risorse investite nel sistema diminuiscono la loro capacità di generare innovazione e valore sul breve termine e sugli effetti strategici di lungo periodo. 


In che modo la pandemia sta influenzando le strategie aziendali sulla sostenibilità?
Chi aveva già intrapreso la strada sta accelerando il passo, anche perché la crisi che stiamo vivendo ha confermato la necessità di un cambio di paradigma in questa direzione. Chi si stava approcciando timidamente alla questione trova la scusa nelle difficoltà economiche per abbandonare il campo. Un brutto segnale, soprattutto sotto l’aspetto della cultura d’impresa, poiché continua a considerare la sostenibilità sul lato dei costi e non degli investimenti. Confido anche nell’azione dei partecipanti alla Carta per favorire un’inversione di tendenza.

G.G.

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