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OTTOBRE 2019 PAG. 48 - Il contraccolpo generato dai cambiamenti radicali






“Shock of the new” al centro della X edizione di Shipping and Law, l’appuntamento annuale organizzato dall’avvocato Francesco Saverio Lauro che riunisce a Napoli i rappresentanti internazionali del mondo dello shipping. Nella Sala dei Baroni del Maschio Angioino si è discusso dello stato dell’arte del comparto. Dalla mutazione in corso negli equilibri e negli assetti politici internazionali, all’avanzata delle forze nazionaliste e populiste, dallo sviluppo sempre più rapido delle scienze e delle tecnologie alla introduzione di nuove normative volte a difendere l’ambiente, limitare le emissioni e lottare contro il riscaldamento globale.

Vincenzo Camporini (Vice Presidente, Istituto Affari Internazionali). “Siamo di fronte a cambiamenti radicali e non abbiamo ancora gli strumenti per affrontarli”. L’eccelerazione tecnologica rende le evoluzioni di contesto sempre meno prevedibili: “La storia ha incominciato a correre e diventa sempre più difficile pianificare”. “Le nostre società non più capaci di adattarsi alla crescita delle aspettative a livello globale e di affrontare questioni cruciali come i fenomeni migratori, gli eccessivi dislivelli di ricchezza, la destabilizzazione del quadro politico internazionale post-guerra fredda. Anche lo shipping sarà investito da questa criticità e la soluzione, di fronte all’emergere di una nuova multipolarità a guida sino-americana, consiterà in una maggiore integrazione a livello europeo. Le grandi aziende si avviano a controllare i mercati: bisogna federarsi per difendere i propri settori industriali”.

Esben Poulsson (Presidente, International Chamber of Shipping). “Le tecnologie di connessione individuale avranno ricadute pesanti sul mondo del lavoro. Si tratta di cambiare i modelli produttivi”. Per gli armatori si prospettano sfide complicate. I cambiamenti imposti dall’IMO sulla composizione dei carburanti è solo l’inizio della “quarta rivoluzione della propulsione”. Il comparto sarà chiamato a interloquire anche con altri attori come l’Ue e le Nazioni Unite. Quest’ultima ha lanciato recentemente una proposta per la protezione degli oceani oltre le acque internazionali. “La nostra industria è pronta ma abbiamo bisogno di garanzie sull’uso dei nuovi strumenti regolativi”.

Claes Berglund (Presidente, Associazione Europea degli Armatori). “Veniamo da un’estate in cui molte navi commerciali  hanno subito attacchi e sono state fermate o deviate dai governi di alcuni Paesi per questioni politiche. Queste azioni non possono essere tollerate e le istituzioni europee devono essere in prima linea per proteggere le navi”. Stesso impegno chiesto all’unione per vincere la sfida ambientale. “Su come velocizzare la transizione la nuova Commissione europea dovrà dettare una nuova agenda”.

Mario Mattioli (Presidente, Confitarma). “I tempi dell’economia globale sono veloci e differenti da quelli della decisione politica. Il fattore tempo è fondamentale: può aprire finestre di opportunità o innescare una nuova crisi”. Da qui l’invito all’apertura di un dialogo approfondito tra industria e istituzioni, puntando anche a una ricomposizione delle divisioni in tema di rappresentanza industriale. “Nei prossimi anni bisognerà investire nella formazione: serve una nuova generazione di personale sia a terra sia a bordo”. Sul fronte dei rapporti con il mondo della finanza occorrerà risolvere quelle delicate situazioni che si sono venute a creare attraverso nuova capacità di finanziamento per le imprese armatoriali, con soluzioni innovative per risolvere i crediti incagliati. Ed è anche necessario un dialogo continuo anche con quelle realtà che rappresentano fonti alternative al finanziamento bancario. “Lo stiamo facendo attraverso tavoli ad hoc che mirano a evitare fenomeni speculativi promovendo invece percorsi virtuosi di alleanza e collaborazione e guardando al ripristino, alla continuità e allo sviluppo sul territorio delle nostre aziende. A questo proposito, crediamo fermamente che il governo debba intervenire con modelli ad hoc, collaborando con banche e fondi di investimento, garantendo un migliore rating del pacchetto e riducendo i costi del finanziamento”.

Emanuele Grimaldi (Vice Presidente, International Chamber of Shipping). In tema ambientale va migliorata la coesistenza tra industria armatoriale e città portuali. “Abbiamo ordinato 12 nuove navi e 5 car carrier. Le car carrier sono le più efficienti mai costruite, possono portare 7-8000 auto e consumano quanto le navi che anni fa ne portavano 1500, quindi sono molto più grandi e 4-5 volte più efficienti di quelle di un tempo. I traghetti in produzione sono invece tra i primi ibridi al mondo, con una potenza di batterie molto alta che gli permette di stare in porto con emissione zero con degli shaft, degli alberi di trasmissione, che sono sul motore principale e prelevano i picchi di potenza che ricarica le batterie. Quando arriva in porto, quindi, la nave può spegnere completamente i motori e avere tutta l’elettricità necessaria dalle batterie, che peraltro si ricaricano anche quando la nave è ferma grazie ai pannelli solari. Con queste novità avremo presto alcune delle navi più avanzate al mondo ed è un orgoglio napoletano”. 

Mariella Bottiglieri (Managing Director, G.Bottiglieri Shipping Company). Il mondo dello shipping è pronto ad affrontare la sfida ambientale “ma i regolatori dovrebbero prima verificare se esistono le condizioni ottimali per operare”. Il problema maggiore nei prossimi mesi riguarderà le forniture di carburante a basso contenuto di zolfo. “Gli armatori non sono stati messi nella condizione di rispettare le regole: esiste una seria preoccupazione sulla diposnibilità del nuovo bunker nel primo trimestre del 2020. Senza contare la problematica del rischio contaminazione: se compro da un fornitore in un porto non posso rischiare di trovarmi in difficoltà tecniche se in un altro scalo dovrò rivolgermi ad un altro player. Su questo punto si rischia un aumento vertiginoso delle controversie”.

Arturo Capasso (Professore Ordinario, Università del Sannio). La tradizionale organizzazione familiare tipica dello shipping è stata stravolta a partire dal crash del 2008. La crisi del credito, con l’allontanamento delle banche e l’ingresso dei nuovi soggetti finanziari, ha comportato la modifica radicale degli assetti societari. “Proprietà, governace, imprenditorialità erano elementi tradizionalmente concentrati nella figura dell’armatore: oggi sono separati”. Il che se non è un male in assoluto, poiché produce meno autarchia e più attenzione alla mera performance di bilancio, ha creato non poche controindicazioni. “Il lento processo di penetrazione dei private equity è sfociato spesso nella presenza deleteria dei cosiddetti fondi avvoltoi: sono cresciuti i casi in cui la proprietà delle compagnie è in mano a soggetti che non sono armatori”.

Giuseppe Bottiglieri (Presidente, G.Bottiglieri Shipping Company). A partire dal fallimento della Lehmann Brothers all’applicazione dei principi di Basilea II, come risposta alla crisi, la situazione per il settore dello shipping si è complicata sempre di più. I processi di consolidamento del debito hanno dimostrato “la difficile convivenza tra la specificità tipica del mondo dello shipping e le procedure dei fondi finanziari”. “La velocità con cui circola l’informazione ha modificato profondamento il nostro modo di operare e alimenta una situazioni in cui ad essere favorito è principlamente il noleggiatore”.

Nicola Coccia (Past President, Confitarma). “Nella necessità di basare sulla massima trasparenza il rapporto tra armatore e gestore finanziario della compagnia armatoriale un aiuto inaspettato può arrivare dagli adeguamenti alla normativa europea sugli aiuti di stato: laddove prima il beneficario era la bandiera oggi l’intervento può essere ricondotto all’azienda, indipendentemente dalla bandiera, purchè quest’ultima sia comunitaria”.

Fabrizio Vettosi (CEO, Venice Shipping and Logistic). In un settore tradizionalmente basato sull’asimmetria informativa le nuove tecnologie hanno prodotto la fine del vantaggio competitivo di cui godevano i tradizionali soggetti operanti nello shipping. “Il business registra una bassa marginalità e il modello indutriale è cambiato, somiglia sempre più al trasporto terrestre”.  I cicli economici si sono accorciati e sono diventati tendenzialmente meno remunerativi. “La tecnologia ha reso complessivamente più complicata la gestione dell’asset nave, senza contare le conseguenze economiche dell’introduzione delle normative internazionali. La remuneratività nel settore dry bulk è scesa dal 7% al 4,40% per il solo effetto delle normative sul tenore di zolfo e sulle ballast water. In un constesto in cui la concentrazione tipica del settore container comincia a emergere anche in altre specializzazioni è arrivato il momento di far dialogare competenze finanziarie e tecniche”. 

Pietro Spirito (Presidente, AdSP Mar Tirreno Centrale). “Nonostante la crisi e l’opinione degli esperti  la dimensione delle flotte sia nel settore commerciale che in quello dei passeggeri sta crescendo. Questo vuol dire che le infrastrutture portuali devono adattarsi alle nuove flotte, un impegno molto difficile perché le procedure amministrative in Italia non sono al passo con i tempi per le sfide che dobbiamo affrontare”. Una difficoltà a tenere il passo con la velocità e le esigenze dell’industria dello shipping che riguarda anche le modalità di finanziamento per i progetti infrastrutturali. “I privati dovranno sempre di più essere coinvolti negli investimenti dei porti. Al settore pubblico deve rimanere il finanziamento di quegli investimenti che non portano profitti, per gli altri ci deve esse un ruolo crescente degli operatori privati”.

Giacomo Gavarone
(Presidente, Gruppo Giovani Confitarma). “Gli armatori investono ma non possiamo continuare senza infrastrutture. Penso al Gas Naturale Liquefatto, che in Italia non ha ancora un punto di rifornimento. So che non è facile per le autorità allestirlo ma ad esempio a Barcellona lo stanno facendo. Non si può pretendere che facciano tutto gli armatori che stanno già investendo nonostante la crisi: ricordo che montare uno scrubber, che abbatte le emissioni delle navi, costa un milione e mezzo di euro, eppure gli armatori lo stanno facendo, dimostrando che sono pronti a ogni sforzo ma non possono pagare il biglietto da soli”. 

Francesco S. Lauro “Bisogna assolutamente intervenire per sbloccare la ratifica di convenzioni internazionali rispetto a cui l’Italia ha partecipato alla redazione, ha poi aderito ma ha “dimenticato” di completarne la ratifica. Per esempio è inconcepibile il mancato deposito dello strumento di ratifica della Convenzione di Londra sulla Limitazione della Responsabilità per i Crediti Marittimi, un atto che il mondo marittimo attende da anni e che nel 2012, con l’introduzione in Italia della normativa sulla assicurazione degli armatori per i crediti marittimi che presuppone la ratifica della Convenzione, lascia gli armatori italiani in una posizione di grande incertezza e inferiorità rispetto a quelli degli altri paesi. La mancata ratifica non dipende a mio avviso da una volontà politica in questo senso ma semplicemente da dimenticanze, lentezze, insomma dalla solita negligenza. E’ un ritardo masochista che danneggia gravemente il Paese la sua industria marittima su cui occorre che l’attuale governo agisca immediatamente”.

                                                                                                                             Giovanni Grande

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