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FEBBRAIO 2019 PAG. 26 - AdSP in Spa: adeguarsi al modello del Nord Europa?


Un primo bilancio della riforma portuale, cosa fare della conferenza nazionale della AdSP, quale modello societario (Spa o misto?) per gli enti portuali. Sono le questioni poste da Umberto Masucci (Presidente The International Propeller Club), tra gli altri, ai vertici di 5 AdSP nell’ambito della sessione Porti e settori economici: la necessaria specializzazione post-riforma, quali prospettive?

Carla Roncallo (Presidente, Adsp del Mar Ligure Orientale). Positivo il giudizio sulla riforma portuale e sull’unificazione amministrativa di due porti appartenenti a regioni diverse. “L’accorpamento è stata la scelta giusta visto che La Spezia e Carrara distano poco più di una ventina di chilometri. I risultati cominciano anche a vedersi. Carrara ha visto aumentare i suoi traffici da 2,5 a 3,5 milioni di tonnellate con prospettive interessanti anche nel settore crociere. A La Spezia sono stati sbloccati interventi importanti in attesa delle decisioni amministrative che riguarderanno il dragaggio dei fondali”. Sulla trasformazione in Spa degli enti portuali, invece, pollice verso. “Non serve. I nostri scali hanno bisogno di semplificazione e snellimento delle procedure, sono un settore escluso dalla logica infrastrutturale che si applica alle ferrovie. Una partecipazione privata nella loro gestione dei porti andrebbe a scardinare il nostro ordinamento”. 

Ugo Patroni Griffi (Presidente AdSP Mar Adriatico Meridionale). “Il vantaggio dell’accorpamento non sempre è stato recepito da un territorio che vive i propri porti in una dimensione ancora di tipo regionale. Ma nel complesso si è trattato di una operazione positiva poiché il plusvalore generato in uno scalo si riverbera positivamente su tutto il sistema contribuendo alla determinazione delle economie di scala necessarie per stare sul mercato”. Sulla natura delle amministrazioni portuali una critica feroce al costume italiano. “Siamo convinti che l’abito faccia il monaco. Nel corso degli anni abbiamo sviluppato la capacità di copiare modelli funzionanti all’estero per inglobarli nei nostri bizantinismi. Delle due l’una: o scegliamo un modello privatistico o uno interamente pubblico. Purchè non si facciano i soliti compromessi politici al ribasso”.

Francesco Messineo (Segretario Generale AdSP Mar Tirreno Centrale). Due sono i progressi determinati dalla creazione dei sistemi portuali. “La dimensione regionale rende più facili i rapporti con i singoli operatori favorendo il ruolo di landlord in un sistema sempre più connotato dalla presenza di oligopoli. Allo stesso modo rafforza l’interlocuzione con gli altri soggetti, ad esempio Anas o RFI, sui tavoli di programmazione nazionali”. Modello Spa come strumento “inadeguato” per affrontare il cambiamento. “E’ tutto il sistema paese a non essere in grado di inseguire la modernità. Purtroppo c’è da confrontarsi con leggi scritte male e non coordinate tra di loro. Se non sono chiare le priorità, la legittima pretesa di difendere l’ambiente e il patrimonio diventa un freno per lo sviluppo”. È anche per questo che il decreto Genova suscita un giudizio positivo. Indicando un obiettivo preciso ribalta il “sospetto” che permea la normativa italiana verso la capacità della pubblica amministrazione di riuscire a perseguire realmente il bene comune. “Le deleghe concesse al commissario danno il potere di fare rispetto ad un quadro di riferimento in cui la forma prevale sulla sostanza, le procedure sui risultati”.

Massimo Deiana (Presidente, AdSP del Mare di Sardegna). Lo strumento individuato dalla Conferenza nazionale è ottimo e “non va confuso con il modo sbagliato in cui viene usato”. “Il tavolo di confronto deve diventare un punto di riferimento per individuare i progetti strategici, aumentare l’interlocuzione istituzionale e cercare di porre rimedio alla lentezza endemica del nostro sistema decisionale. I porti, prima o poi bisognerò dirlo, possono essere anche brutti, sporchi e cattivi. È per questo che dovrebbero essere gestiti secondo uno statuto speciale. Anche per poter spendere le risorse che ci sono ma sono spesso bloccate da una burocrazia asfissiante”. Scetticismo sulla forma  giuridica  della  AdSP: “Non  credo  che  la trasformazione  in  Spa  risolva  i  problemi.  Gli  aeroporti  l’hanno adottata ma anche loro soffrono la situazione  di contesto non favorevole”.

Pino Musolino (Presidente AdSP del Mar Adriatico Settentrionale). La Conferenza nazionale è uno strumento adeguato “purché sia convocata”. “Si tratta del mezzo più idoneo per fissare le priorità. Serve a non buttare a caso le scarse risorse a disposizione”. Ma su questo punto bisognerebbe cominciare ad agire in modo più razionale. “Se non è stato fatto nessuno studio sui bisogni infrastrutturali del paese, se non abbiamo a disposizione i dati sui flussi di merce e sulla loro composizione come si fa a programmare il futuro?”. Ugualmente problematica la posizione sull’assetto della AdSP. “Concettualmente sarei favorevole alla trasformazione in Spa. Ma se ci si adegua al modello del Nord Europa poi saremo in grado di liberalizzare i servizi nautici? Se non cambiamo i criteri di inalienabilità del demanio allora è meglio non toccare niente”. Piuttosto, “andrebbe allentata la griglia dei sistemi di controllo e dotare le AdSP di reali poteri per intaccare le rendite di posizione”. 

Alessandro Onorato (Amministratore Delegato Gruppo Onorato Armatori). Il percorso di attuazione della riforma va accelerato. “La sfida degli armatori si concentra sul tonnellaggio. La sensazione è che i porti italiani, tarati sulle dimensioni attuali delle navi, non siano in grado di stare al passo con le evoluzioni del futuro”. C’è poi una “questione spazi” che può innescare dinamiche di inefficienza, con “il paradosso di un nolo marittimo superiore alla quota che va in spese portuali e quindi anche al terminal, rispetto a quanto rimane in tasca all’armatore”. “I terminalisti, nell’attuale situazione, possono assumere comportamenti arbitrari: se sei in una posizione di forza rispetto all’operatore viene meno l’incentivo ad investire, con conseguenze negative per tutto il ciclo operativo. È anche per questo che si registra un’accelerazione del fenomeno di integrazione armatori/terminalisti”.

Fabrizio Vettosi (Managing Director VSL). Dopo la riforma portuale “investire in Italia è diventato più attrattivo”. “Non è un caso che si registri l’entrata di nuovi soggetti”. Ciononostante va fatto ancora molto per garantire le miglior condizioni per chi vuole puntare sull’Italia rinunciando alla bulimia legislativa. “Le norme ci sono ma latitano gli attori. Due le criticità maggiori: i tempi di realizzazione delle opere e la giustapposizione di differenti fonti normative, dal Codice della Navigazione al decreto 328/52, dalle disposizione dell’ART alle linee del MIT. Un ostacolo serio se si vuole ricominciare a far funzionare i controlli sul sistema delle concessioni, condizione necessaria per evitare effetti economici distorsivi”. Guardia alta sui potenziali  conflitti di interessi tra terminalisti e operatori. “L’indipendenza dà maggiore efficienza, garanzie e possibilità di controllo. Non mi fa piacere vedere qualcuno che pensa di poter comprare l’infrastruttura con il traffico”.
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