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FEBBRAIO 2023 PAG. 26 - Porto di Trieste, vocazione a Nord-Est, ma non solo

 



Pur con le preoccupazioni legate agli sviluppi dell’economia in questo 2023, Zeno D’Agostino, presidente dell’AdSP del Mar Adriatico Orientale, ha le idee chiare sul futuro e non pochi motivi di soddisfazione circa lo sviluppo del sistema portuale che è chiamato ad amministrare. Non ultimo, e forse un poco sorprendentemente, il successo del servizio ferroviario avviato lo scorso settembre dall’Abruzzo per la movimentazione delle merci Honda. «Siamo partiti con una tratta a settimana e passati nel giro di pochi mesi a raddoppiare i collegamenti: segno che pur mantenendo una salda vocazione verso il Nord – Est riusciamo ad attivare connessioni interessanti anche sulla dorsale Adriatica».     

Sulla scorta di questa buona notizia come immagina il 2023?

In generale prevedo un anno di magra. L’economia è fortemente influenzata dai contrasti geopolitici di questo periodo ma, soprattutto, credo stia venendo meno il modello della logistica globale come l’abbiamo conosciuta fino all’arrivo della pandemia. Poco meno di due anni fa eravamo legati ad un sistema di supply chain perfezionato nei decenni che permetteva di ridurre al minimo le scorte. Con il Covid sono emerse le prime crepe in questo paradigma che ha alimentato una fase in cui i trasporti erano dopati surrettiziamente non solo dalla ripresa della domanda ma da una scelta precisa da parte di molti cluster produttivi di rimpinguare le scorte strategiche. Superata questa fase sono emerse catene del valore più “morbide”, segno anche di un ulteriore passaggio di fase basato sulla ricollocazione dei siti aziendali.  

Sarà questo il fenomeno che caratterizzerà il medio termine?      

Ad oggi i magazzini sono pieni. Non c’è più la necessità di fare scorte. Considerando il ristagno economico ci troviamo di fronte a due fenomeni negativi. Un terzo fattore che va monitorato attentamente è che con la rimodulazione delle localizzazioni industriali si aprono delle opportunità non più incentrate sul passaggio dei flussi ma sulla gestione di nodi logistici e/o manifatturieri. 

Questo comporterà cambi di strategia nella gestione del sistema portuale?

Non credo poiché alla fine il mercato di distribuzione rimane più o meno lo stesso. La grande differenza sarà determinata, piuttosto, dall’accorciamento delle catene logistiche e dall’emergere di nuovi Paesi. È con questa nuova riallocazione industriale che i singoli porti, a partire da quelli italiani, devono fare veramente i conti evitando il rischio di venire tagliati fuori dalle rotte più importanti. Per Trieste i riscontri dovrebbero essere positivi sotto questo aspetto considerando il peso crescente che la Turchia sta rivestendo proprio in questo tipo di fenomeni. Discorso simile anche per la portualità meridionale.  

Perché? 

Il Sud Italia si trova proprio in mezzo ad un Mediterraneo che acquisterà sempre più un peso maggiore. Il suo peso crescerà non solo perché luogo di attraversamento dei flussi di merce ma anche perché è nel suo bacino che molte industrie potrebbero scegliere di rimodulare le proprie attività. Considerando questo aspetto la possibilità di avere uno strumento come le ZES diventa una grande opportunità per poter agganciare queste nuove evoluzioni. In conclusione, vedo traffici in calo ma risorse strutturali, penso al fermento non solo in Turchia ma in Marocco e in Egitto, che se ben sfruttate facendo leva sulla logistica possono avere ricadute importanti sui territori.   

Il futuro dei porti, quindi, è fuori dai porti?

In un certo senso è così. Rimane sempre la necessità di infrastrutturare gli scali per renderli sempre più competitivi ma è al di fuori delle aree portuali che si può giocare, e bene, la partita della nuova logistica globale. D’altronde se il trend di cui abbiamo parlato è quello della ri-localizzazione la vera azione strategica va indirizzata soprattutto fuori dai confini portuali.

M.D.C.

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