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FEBBRAIO 2023 PAG. 24 - Fermerci, la burocrazia rischia di bruciare risorse importanti

 



L’obiettivo, ambizioso, di raggiungere i sessanta associati entro la fine dell’anno sembra a portata di mano. D’altronde, dalla data della sua fondazione, lo scorso maggio, Fermerci ha cominciato da subito a correre raccogliendo adesioni. “Ad oggi siamo passati da nove a 40 imprese rappresentate ed altre sono in procinto di entrare nella nostra compagine: ciò che conta è che raccogliamo più o meno il 70% del mercato cargo ferroviario in Italia” spiega Giuseppe Rizzi, Segretario Generale di Fermerci. “La platea è grande, in modo particolare nel segmento legato ai terminal di servizi, e siamo ottimisti nel centrare i traguardi che ci siamo prefissati”.    

Quali sono i principali temi in cui è impegnata l’associazione?

Abbiamo esordito già dalla scorsa estate con un nostro position paper e stiamo lavorando sulla concretizzazione delle proposte avanzate in quel documento. A breve, con la collaborazione di Rete Ferroviaria Italiana e altri soggetti associativi, presenteremo il primo rapporto annuale del trasporto ferroviario cargo. Un’iniziativa che riteniamo utile perché ci siamo resi conto della necessità per il decisore di avere a disposizione tutti gli elementi utili su quali basare le scelte istituzionali. Recentemente abbiamo avuto modo di discutere con il sottosegretario Federico Freni del MEF delle varie criticità che riguardano il settore. 

Cosa frena maggiormente il cluster?    

Una è certamente il ritardo con cui sono approvati i decreti attuativi che arrivano in media uno o due anni dopo l’entrata in vigore delle leggi. Questo meccanismo genera aspettative legittime nelle imprese che però si ritrovano spesso e volentieri a perdere soldi a causa della tagliola della retroattività. Ridurre questi tempi è difficile: gli attori con cui confrontarsi sono numerosi, sia italiani sia europei. Capisco l’ingorgo dei provvedimenti post-Covid ma questo scollamento tra regolazione e attività d’esercizio delle imprese non va più bene. Già arrivare a chiudere gli iter in un semestre sarebbe davvero tanta roba.   

Qualche esempio?

Il decreto per il rinnovo locomotive e carri mette a disposizione un incentivo di 115 milioni. Si rischia di perderne almeno 50 poiché, come contestato in sede europea, si parla di poste riferite alle annualità 2021-22. C’è poi la questione legata al ferro – bonus. Nel 2011, anno della sua istituzione, la misura fu finanziata con 20 milioni di euro. Nel 2023 è stata stanziata la stessa cifra. Senza tener conto che in questi 12 anni il mercato e cresciuto, senza tener conto di tutte le difficoltà affrontate dal settore a seguito della pandemia e delle conseguenze della guerra, a cominciare dall’impennata dei costi energetici. Dire, come si dice, che la misura non abbia contribuito allo shift modale perché inefficiente lo trovo profondamente sbagliato: se c’è un problema riguarda, piuttosto, l’utilizzo delle giuste risorse per conseguire gli obiettivi fissati.    

Le questioni da risolvere con maggiore urgenza? 

Sarebbe auspicabile rinforzare le strutture ministeriali con personale competente rispetto alle specificità del settore. Poi sburocratizzare. Il che non significa solo affidarsi alla digitalizzazione ma anche alleggerire i vari iter abolendo i passaggi inutili. 

Nei prossimi anni saranno compiuti importanti interventi sull’infrastruttura… 

Le risorse del PNRR arrivano nel momento giusto. Ben prima della pandemia c’era un piano ben preciso di rafforzamento delle infrastrutture ferroviarie, con programmi di sviluppo e investimento avviati ma non completamente coperti sotto l’aspetto finanziario. Ora le risorse che arrivano dall’Europa non solo andranno a chiudere il cerchio ma applicandosi a progetti già nel cassetto possono essere impiegate rispettando i tempi imposti da Bruxelles. Piuttosto bisognerà porre attenzione alle possibili conseguenze negative derivanti dall’apertura dei cantieri lunga la rete nazionale. Lo stesso gestore ha posto la questione proponendo una sorta di fondo di ristoro per le imprese danneggiate dai lavori. Non si tratta di battere cassa, ma di difendere i traffici che il ferro cargo è riuscito a conquistarsi in questi ultimi anni. 

Red.Mar.

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