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OTTOBRE 2022 PAG. 14 - Crescita a doppia cifra per l’Interporto di Bologna

 



Dopo uno sviluppo lento l’attività intermodale dell’interporto di Bologna è decollata. Negli ultimi due anni ha registrato una crescita a doppia cifra, raggiungendo quasi la sua massima capacità. «Paradossalmente non riusciamo a soddisfare la domanda di ferro che saremmo in grado di intercettare» rivela Marco Spinedi, Presidente dell’importante nodo logistico del centro Italia. «Un incentivo a proseguire più avanti nei programmi di investimento che abbiamo già in pista: a cominciare dal nuovo terminal per ospitare treni a standard europeo, dotato di gru a portale». 

Programmi che puntano su una articolazione di interventi…

Una particolare attenzione la stiamo dedicando al settore immobiliare. Con il terzo piano particolareggiato abbiamo raggiunto i 700mila metri quadri coperti sui complessivi 4 milioni dell’intero interporto. L’obiettivo è crescere ancora per rispondere alle richieste che arrivano dai segmenti corriere espresso ed e-commerce. In particolare, stiamo studiando soluzioni con il territorio per ridurre al minimo gli impatti derivanti dallo sfruttamento eccessivo dei suoli. Questione che si ricollega all’altra gamba della nostra strategia: la green logistic. 

Cosa prevedete in quest’ambito?

L’obiettivo principale è sfruttare la possibilità, tipica degli interporti, di produrre energia con il fotovoltaico, a partire dai tetti dei magazzini. Questo ci consentirebbe di raggiungere una produzione di 40 Megawatt supplementari rispetto ai 20 che già realizziamo. Sul lungo periodo il traguardo è la creazione di una comunità energetica che consenta di distribuire la corrente elettrica in funzione dei consumi. Ma la sostenibilità si gioca anche sulla qualità del lavoro. C’è la necessità di dare impulso ad una maggiore trasparenza e sicurezza lungo tutte la filiera dell’attività logistica. 

Una risposta anche per le tensioni registrate negli ultimi anni nel settore?   

Premessa la legittimità dell’azione sindacale credo che la conflittualità eccessiva vada combattuta attraverso politiche mirate, a cominciare dal mondo della formazione. Dunque trasparenza e legalità come base di partenza. Da parte nostra c’è anche l’idea di creare un ambiente di lavoro più a misura d’uomo. Siamo una società che eroga servizi in un luogo dove lavorano più di 5mila addetti, oltre a chi transita temporaneamente nelle varie strutture. L’idea è che non si debba spendere attenzione alle unità di carico ma anche alle persone. È in quest’ottica che abbiamo già aperto un centro sportivo e stiamo lavorando ad altre iniziative che possano riempire in modo qualitativo la giornata lavorativa. Vogliamo diventare un vero e proprio “villaggio della logistica”.  

In che modo garantire una maggiore sicurezza?

Come dicevo la formazione dei lavoratori risulta essenziale e in questo senso vanno fatti sforzi importanti. Deve crescere la qualità e i livelli professionali di chi lavora. Un esempio banale. La prima azione da mettere in campo è l’abbattimento della barriera linguistica: l’operatore deve essere in grado di comprendere perfettamente le attività che svolge per evitare qualsiasi tipo di rischio. La crescita professionale, questo il concetto di base, va intesa come presupposto per garantire la crescita economica complessiva, compreso il miglioramento dei salari. 

Il sistema formativa italiano è in grado di rispondere a questa sfida?  

Il processo di miglioramento deve partire dalle scuole. Io porto sempre come testimonianza il caso del mio collega di Duisburg che considerava il suo investimento più importante la pubblicazione di un piccolo libro a fumetti per gli studenti delle scuole elementari per spiegare il mondo della logistica. Ecco, una delle criticità da superare consiste nel comunicare all’esterno le possibilità di crescita professionale e umana di chi è impiegato nel nostro mondo. Oggi mancano macchinisti, autisti, tecnici di manutenzione. Il primo passo è far capire ai giovani che non si tratta di lavori di serie B.      

G.G.

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