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MAGGIO 2022 PAG. 46 - Francia, Italia e il futuro europeo

 


Le recenti vicende mondiali sono state caratterizzate, oltre che dal conflitto russo-ucraino in corso, pure dalle elezioni del presidente all’Eliseo. Anche in questa circostanza la candidata della destra Le Pen non è riuscita, se pur di poco, ad affermarsi sul più, indubbiamente, convincente e a quanto pare popolare Macron. A questo punto sorgerebbe spontanea la domanda su come si possa coniugare il conflitto euro-globale in corso con i destini presidenziali francesi. In fondo, basta pensare che l’elezione della Le Pen avrebbe indubbiamente portato ad una profonda crisi del sistema comunitario europeo in un momento di eccezionale difficoltà. Ebbene se pur con non poche complessità, ma dotati di ferrea volontà analitica, cercheremo di riordinare le idee per trovare il bandolo di questa articolatissima matassa composta da guerra economica, conflitto militare, crisi energetica e quindi dei noli e dei trasporti, accelerazioni storiche ed infine futuro europeo. Certo si comprende come, vista la lista degli argomenti, l’impresa possa sembrare ciclopica tanto da far arrossire addirittura le sette fatiche d’Ercole, ma è del tutto evidente che la geopolitica sia un’arte a geometria variabile quindi di per sé complessa, articolata e composita. In pratica, parafrasando una famosa locuzione francese, potremmo definirla l’art variable du tout se tient. 

È assolutamente chiaro che il conflitto euro-mondiale in corso non solo si possa allargare, ma anche che sia chiamato a modificare gli assetti geopolitici del globo creando delle linee di falda che caratterizzeranno il prossimo futuro economico e geopolitico. Uno stravolgimento di cui ancora non si riesce a percepire la vera entità, profondità e portata, ma che comunque sarà capace di rimescolare le strategie geopolitiche delle grandi potenze per interi decenni in tutti gli scenari mondiali. Per tali motivi sembra interessante soffermarsi nell’analizzare le vicende europee. 

Geograficamente la guerra russo-ucraina è a tutti gli effetti un conflitto europeo e a tal proposito è interessante enucleare proprio la posizione francese. In una Europa orfana della “cancelliera di ferro” e priva di una vera e propria idea di sé, la posizione dell’Eliseo assume un valore di primaria importanza in ordine non solo agli affari interni e continentali, ma anche in riferimento alle nuove e future strategie internazionali. Non è peregrino pensare che l’eredità della Merkel sarebbe stata difficile per chiunque sia in ambito tedesco che europeo: al momento i suoi sostituti non sono ancora riusciti ad inserirsi nei difficilissimi ingranaggi creati dal predecessore. Proprio per questo, la vittoria di Macron potrebbe risultare particolarmente importante. Non è certo un segreto che l’inquilino dell’Eliseo si sia immediatamente rifiutato di applicare le sanzioni alla Russia, di cacciare gli ambasciatori del Cremlino ed inviare armi in Ucraina. Una scelta per molti aspetti lungimirante poiché se si vuole essere parte attiva in un processo di pace non si può certo adottare provvedimenti che da soli costituiscono veri e propri casus belli. 

A tal punto è bene ricordare come gli embarghi non hanno mai posto fine a nessun conflitto nella storia, anzi il blocco continentale napoleonico realizzato per danneggiare il commercio inglese aprì notevoli ed interessanti nuovi canali commerciali prontamente sfruttati dalla Royal Navy in varie parti del mondo come nel Pacifico. In pratica la Francia si pone come vero e proprio negoziatore europeo credibile agli occhi di una Russia che ha visto rapidamente incrinato il proprio rapporto con i paesi europei in genere e quelli comunitari in particolare. 

Ora è assodato che gli Stati Uniti hanno sempre mal visto il particolare rapporto tra Russia e Germania. Un rapporto storico e profondo che si può far risalire sin da prima del seicento. Un legame che va ben oltre agli interessi economici e politici come molto ben delineato in molti studi dal professor Virgilio Ilari Presidente dell’Associazione Storico Militare Italiana. In più a tal riguardo è bene ricordare ciò che disse George Friedman durante la conferenza sulla politica internazionale tenuta a Chicago il febbraio 2015 davanti agli specialisti del Chicago Council on Global Affairs: “L’interesse principale della politica estera americana nell’ultimo secolo, durante la prima e la seconda guerra mondiale e durante la guerra fredda, sta nella relazione tra la Germania e la Russia. In effetti questi due Paesi uniti sono il solo potere che possa minacciarci. Il nostro principale interesse è di assicurarci che questo non accada”. 

Si comprende quindi come la continua accondiscendenza tedesca verso la Russia ed il loro particolarissimo rapporto abbia innervosito ulteriormente Washington, un fatto che va ben oltre al rifiuto da parte di Berlino a rinunciare all’indispensabile gas di Mosca. Per cui non sorprenderebbe se Washington gradisse una più incisiva collaborazione francese alla guida di un Europa incapace ancora, a circa settant’anni dalla sua costituzione, ad imprimere la propria influenza non solo in ambito internazionale, ma anche solo in quello continentale. 

È paradossale non osservare come in un mondo dove è in atto il processo di marittimizzazione dell’economia proprio l’antico continente con il suo fondamentale mercato stenti a divenire un unico organico marittimo e navale capace d’incidere realmente sulle sorti globali. Probabilmente la guida solitaria tedesca dell’Europa può, in qualche modo e forse inavvertitamente, aver condizionato in modo tellurocratico le dinamiche politiche ed economiche di Bruxelles. Un coinvolgimento diretto di Parigi in tandem con Roma porterebbe nuova linfa vitale alla politica europea modificandone anche scelte oramai necessarie come una maggior attenzione all’elemento mare con tutte le sue innumerevoli sfaccettature. 

Allora è bene ricordare che fino a quando l’Europa è stata a guida franco-americana esisteva una politica mediterranea, che se pur aveva il difetto di essere troppo filo francofona, sicuramente era tesa a perseguire interessi strategici in un mare così importante in termini sia economici che geopolitici. Quando la guida europea si spostò dall’asse franco-americano a germanico-americano la politica mediterranea e quella più genericamente navale e marittima europea andò sempre più affievolendosi sino a sparire quasi del tutto. 

Più volte s’è ravvisata la necessità che l’Europa per essere realmente un attore primario della politica e dell’economia mondiale si sarebbe dovuta dotare di una vera e propria strategia e diplomazia navale (magari attraverso una suddivisione in mediterranea, atlantica e baltica: realtà ravvisabile semplicemente leggendo la cartina delle rotte mondiali dov’è del tutto evidente che proprio il Vecchio Continente sia lo snodo dove confluiscono le nuove rotte economiche e commerciali come quelle Artiche e la Nuova Via della Seta.) In questo quadro va anche letto il recente accordo italo-francese firmato recentemente a Roma che vede una maggiore e permanente collaborazione tra le due nazioni in svariati ambiti. Per cui l’allargamento della guida europea a tale nuovo asse franco-italiano porterebbe una maggiore sensibilità europea a questioni navali riallacciando nell’immediato e sotto la guida di una vera e propria strategia i fondamentali rapporti con i paesi nord africani e non solo. 

Una strada inevitabile se si vorrà tenere in piedi il sogno europeo dove l’Italia dovrà essere sempre più pronta a dare il suo indispensabile contributo.


Alessandro Mazzetti

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