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APRILE 2022 PAG. 14 - Uniport: La crisi ucraina fa ripensare alla logistica

 


«Piantare un palo nel terreno è una questione tecnica. Dove farlo è politica». Semplice, diretto. Federico Barbera, presidente di Fise Uniport, sintetizza così le priorità del settore portuale. «Messe insieme le informazioni necessarie, raccolte le istanze delle associazioni di rappresentanza, valutate tutte le ipotesi in campo sta alla politica istituzionale dettare la linea da seguire». Con il sottofondo di una guerra come quella in Ucraina che tocca direttamente scali come Odessa e Mariupol, legati a filo doppio alle realtà produttive italiane, l’idea di un mondo che cambia i suoi tradizionali equilibri è ancora più vicina. «Siamo al punto in cui tutte le crisi suggeriscono la necessità di ripensare la logistica: come farlo è una scelta strategica che tocca a chi guida il paese. Dal mio punto di visto considero imprescindibile un piano strutturale della portualità in cui si individua chi fa cosa, dove e con quali risorse e prerogative».

Nessun suggerimento sul punto da cui partire?

Il faro del settore, credo, dovrebbe essere un apparato di norme che non solo consentano ma impongano lo sviluppo di un sistema di imprese fortemente strutturate. Il che significherebbe ridurre al minimo i subappalti, i lavori interinali precari e situazioni simili. Avendo la bacchetta magica punterei ad allineare gli interessi portuali primari con quelli delle AdSP. Per essere chiaro: separare nettamente gli interessi tra gli utenti e gli operatori di uno scalo. I primi dettano le esigenze di un sistema ma è con i secondi che si devono decidere le cose da fare, attraverso lo strumento delle concessioni.

Su quale aspetto di questo strumento farebbe maggiormente leva?

Senza dubbio la facoltà da parte della AdSP di poter scegliere in base alla credibilità e, in seguito, al raggiungimento degli obiettivi fissati nei piani industriali. I rinnovi non possono più essere incentrati solo sull’istanza del concessionario. È necessario ottenere garanzie sui miglioramenti e gli investimenti da mettere in atto rispetto ai traguardi eventualmente non centrati. Inoltre, per le gare non può valere il principio per cui i criteri minimi per presentare domanda corrispondano anche a quelli decisivi per ottenere le concessioni. Serve trasparenza, anche per quanto concerne l’organizzazione del lavoro.

Si spieghi meglio…

Non è accettabile che a parità di contratto le tariffe di un art.16 costino meno di un art.18. Al di sotto di certe soglie gli enti portuali, che sono perfettamente a conoscenza dell’applicazione dei contratti, dovrebbero intervenire per evitare le distorsioni. Tra le diverse organizzazioni del lavoro riconosciute per legge, e ci metto anche l’art.17, ovviamente, è necessario ripristinare il giusto equilibrio, altrimenti i nuovi traffici comporteranno sempre un aumento del precariato. Ecco, anche sotto questo aspetto lo strumento concessorio diventa il volano per superare gran parte delle criticità del sistema.

Su quali altri punti interverrebbe? 

Le AdSP lavorerebbero meglio se non fossero oberate da tante limitazioni. Una di queste è senza dubbio l’autonomia finanziaria: un conto è avere a disposizione le risorse, un’altro poterle spendere nei tempi e nei modi necessari per garantire la competitività a livello internazionale.

E per i terminalisti?

C’è un serio problema riguardante il rinnovo delle dotazioni e l’introduzione delle nuove tecnologie digitali. Una volta c’era il meccanismo dello scorporo parziale dal costo della concessione per tutti gli investimenti mobili. Reintrodurlo risulterebbe fondamentale anche per dare un impulso importante sul versante della decarbonizzazione delle attività. Su questo punto, aggiungerei, una maggiore semplificazione per l’installazione di impianti per l’autosufficienza energetica. Installare fotovoltaico o pale eoliche in uno scalo è praticamente impossibile. Anche in questo caso rientriamo nel campo delle scelte strategiche che solo la politica può prendere.

 

Giovanni Grande


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