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MARZO 2022 PAG. 29 - Fercam, sperimentazione su strada dell’idrogeno

 


L’interesse per la sperimentazione di nuove tecnologie può nascere anche per caso. La scintilla scocca dalla curiosità, dall’esigenza di trovare nuove soluzione, dalle competenze su cui si può contare. È quello che è successo a Dino Menichetti, Regional Manager e responsabile del progetto Emission Free Delivery di Fercam, azienda che sta sondando a 360 gradi le possibili soluzioni per abbattere la sua impronta ecologica. «L’occasione – spiega Menichetti – è scaturita da un trasporto eccezionale che abbiamo effettuato per il CNR Messina: un autobus ibrido a idrogeno che ha acceso il nostro interesse su questo tipo di tecnologia e che, alla fine di un iter di approfondimento, è scaturito un accordo che ci porterà a testare diversi veicoli su quattro scenari differenti». 

Una casualità emersa nel corso di un impegno che era già avviato… 

L’interesse per l’idrogeno nasce nell’ambito della strategia di sostenibilità intrapresa da Fercam e incentrata sull’efficienza operativa ed energetica di infrastrutture e mezzi da perseguire entro il 2025. Su lato magazzini siamo già intervenuti in modo massiccio con impianti fotovoltaici per complessivi 4 megawatt e una serie di altri interventi, come il “relamping” a led, che ci mettono in scia alla sostenibilità. Più complesse le scelte sul lato dei mezzi, in particolare sul “power train” dove la scelta della tecnologia green deve essere allineata alle particolari esigenze della nostra attività, basata sull’utilizzo di veicoli pesanti. 

Quale strada è stata imboccata? 

Ad oggi per il nostro segmento industriale il GNL è la tecnologia che ci permette il miglior mix di efficienza. Sui circa 300 collegamenti nazionali e i 90 internazionali tra le nostre sedi impiegheremo fino a 50 autotreni di questo tipo. Ma il metano non inquina solo se è bio e in questo momento vi è scarsa disponibilità di questo tipo di fonte energetica. È da questa constatazione che si è sviluppato un progressivo interesse per l’idrogeno che porterà alla sperimentazione nei prossimi mesi. 

Nessuna possibilità per l’elettrico?   

Per i mezzi pesanti c’è la grossa incognita rappresentata dal pacchetto batterie. Per un mezzo da 16 tonnellate servono dispositivi per circa 270 kilowatt con tutti i costi economici e ambientali che comporta la loro sostituzione quando si arriva a fine ciclo. Molto adatto per la logistica di ultimo miglio l’elettrico deve ancora fare i conti con gli ammortamenti quando si passa ad una dimensione industriale. Non solo. Spesso comporta anche una riorganizzazione degli spazi infrastrutturali di cui si deve tenere conto. Ad ogni modo, proprio perché stiamo sondando il mercato delle nuove tecnologie, testeremo anche un mezzo di questo tipo.    

Per quanto riguarda l’idrogeno?

La strada che stiamo seguendo è quella del retrofit di mezzi usati. Intanto, perché ci permette di rimodulare le prestazioni sulle nostre specifiche esigenze. Poi perché il progetto è stato ideato secondo una logica Well-to-Wheel, cioè tenendo conto dell’intero ciclo di vita del veicolo e delle modalità di produzione, trasporto e distribuzione del carburante e dell’energia elettrica.

Quale la criticità maggiore da superare?

La distribuzione dell’idrogeno, oggi carente su tutta la penisola. Proprio per questo abbiamo siglato un accordo con Sapio per l’adattamento del loro modello di stazione mobile di rifornimento per la nostra filiale di Roma. Qui, una volta messi a punto tutti i particolari, testeremo i prototipi messi a punto dal CNR. Il tempo di realizzazione varia tra i 6 e gli 8 mesi. Entro il prossimo gennaio contiamo di cominciare la sperimentazione sul campo.

G.G.

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