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MARZO 2022 PAG. 12 - La digitalizzazione sta frenando la corruzione nello shipping

 



Le richieste più comuni riguardano sigarette, alcol e contanti. Gli attori coinvolti, principalmente, sono rappresentanti di autorità portuali, servizi tecnico nautici, dogane. Le conseguenze, in caso di rifiuto, consistono nei ritardi inflitti alla nave, con i contraccolpi negativi che si trasmettono lungo la catena delle attività commerciali e industriali. 

Le pratiche corruttive incidono sull’efficienza dello shipping internazionale, riguardano, in misura variabile, i sistemi portuali di tutto il mondo e, notizia positiva, possono essere contrastate attraverso un migliore uso delle tecnologie digitali. 

Il quadro è fornito da The Maritime Anti-Corruption Network, rete per la lotta alla corruzione nell’industria marittima, che riunisce oltre 160 compagnie del settore, dopo dieci anni di raccolta dati dalla sua piattaforma Anonymous Incident Reporting, il sistema progettato per consentire la denuncia in modalità anonima dei casi di estorsione. 

Ad oggi le segnalazioni sfiorano quota 50mila coinvolgendo oltre mille porti in 149 paesi. Con una quota del 40,8% del totale dei casi, nel periodo 2011-2020, la regione più a rischio corruzione è quella dell’Estremo Oriente – Pacifico con un picco registrato nel 2017, dopo il quale il fenomeno si è raffreddato. Seguono Medio – Oriente e Nord Africa (20,1%) ed Europa – Asia Centrale (12,5%).   

Dalla distribuzione dei 20 porti con maggior fattore di rischio emerge che non sempre dimensioni, volumi di traffico e connessioni commerciali sono i principali fattori che favoriscono l’insorgenza del fenomeno. Accanto a Suez, 1795 casi, e Quingdao, 395, si inseriscono scali “minori” come Lae, in Guinea, 340, o Dakar, 353. Spicca, unico europeo, il porto di Augusta, sesto in questa non onorevole classifica, con 664 casi denunciati.   

“In un momento in cui le catene di approvvigionamento e le economie sono sempre più sotto pressione, la corruzione sta avendo un impatto reale sul commercio e i mezzi di sussistenza - a terra e in mare” commenta la CEO di MACN, Cecilia Müller Torbrand. “La corruzione fa male ai nostri marittimi e al personale e danneggia il nostro business. I regolamenti e la legge stabiliscono una base importante ma, come ci mostrano questi dati, non è sufficiente per guidare il cambiamento sul campo”.

A frenare il fenomeno, dopo anni di crescita dei casi registrati, ha contribuito la pandemia di Covid 19, con l’applicazione delle misure di contenimento a bordo nave. Secondo il report di MACN la flessione è stata favorita dalla riduzione dei contatti personali con i rappresentanti della filiera portuale di controllo e servizi e dallo sviluppo progressivo dei sistemi elettronici per lo sdoganamento della merce, anch’esso un fattore di “distanziamento” dei rapporti. 

“Alcune delle azioni di mitigazione adottate per ridurre i rischi sanitari hanno avuto un effetto positivo, limitando l’interazione da persona a persona solitamente associata a richieste di corruzione” sottolinea Müller Torbrand. 

Nonostante ciò, dai dati raccolti lo scorso gennaio, sta emergendo una lenta ripresa dei tentativi estorsivi rispetto ai mesi precedenti. A preoccupare, in particolare, sono i porti di Damietta (Egitto), Algeri (Algeria), Veracruz (Messico) e il Canale di Suez.         

Secondo MACN una maggiore attenzione alla raccolta di dati di questa natura potrebbe contribuire a misurare l’efficacia della governance dei porti e delle relative iniziative anti-corruzione, da concordare in collaborazione con gli stati e l’industria dello shipping. Non a caso il network sta sperimentando sul campo modalità per la raccolta delle informazioni maggiormente efficienti e facili da usare, garantendo al personale marittimo il massimo grado di anonimità per evitare possibili ritorsioni.


Giovanni Grande

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