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GENNAIO 2022 PAG. 25 - Il lavoro è tornato, ma il caro energia potrebbe vanificarlo

 

Uno dei primi allarmi è venuto da Murano. Lo scorso ottobre Confartigianato denunciava gli effetti negativi del caro energia per una delle produzioni più conosciute del “made in Italy”. Attività per natura “energivora”, la fabbricazione dei caratteristici vetri si trovava tra le prime ad affrontare una situazione paradossale. “Il lavoro è tornato, ma con bollette che possono arrivare a decine di migliaia di euro al mese non si può lavorare” spiegava Andrea della Valentina, presidente del settore del vetro della Confederazione.

Da allora i rincari si sono susseguiti. E in un sistema già appesantito da uno dei costi dell’energia tra i più alti in Europa, hanno via via coinvolto tutte le attività produttive e industriali del Paese. Chi più chi meno si è trovato a fare i conti con bollette sempre più salate. Tanto che, secondo il Centro Studi Confindustria, la crescita dell’1% della produzione industriale nel terzo trimestre del 2021, pur confermando una tendenza alla ripresa, è stata meno sostenuta del previsto anche a causa di questo fattore.

Già alle prese con le criticità che hanno inceppato lo spazio liscio delle supply chain anche il settore della logistica comincia a fare pesantemente i conti con il fenomeno. A soffrirne, in particolare, i comparti più specializzati, laddove l’operatività continua si traduce in lavoro anche in orari notturni.

La situazione più grave, spiega il presidente di Assologistica Umberto Ruggerone, “si registra nel comparto dei magazzini frigoriferi, dove il costo dell’energia è imprescindibile per garantire il servizio principalmente a tutela degli utenti, in special modo nelle attività legate al settore alimentare e farmaceutico”.

Come per la “tempesta dei noli” anche in questo caso il risultato nasce dalla concomitanza di svariati fattori. “Meteo e geopolitica”, ha sintetizzato la presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, intervenendo al World Economic Forum di Davos.

Sintetizzando al massimo, l’aumento dei prezzi delle materie prime, alla base degli aumenti di luce e gas, è stato innescato dal rigido inverno dell’anno scorso che ha portato ad una riduzione complessiva delle riserve di gas (a marzo 2021 al 30%, minimo storico); dall’accaparramento da parte della Cina di gran parte dei carichi di gas disponibili, in seguito alla anticipata ripartenza (rispetto ad Europa e USA) dei cicli produttivi dopo i primi lockdown; dalle tensioni geopolitiche tra Russia e Ucraina, con le ripercussioni sull’apertura del gasdotto Nord Stream 2. Infine, il restringimento delle quote disponibili sul mercato delle quote CO2 dell’Emission Trading Scheme, con un aumento dei certificati di emissioni da 30 a 80 euro a tonnellata che si sono scaricati sui prezzi all’ingrosso.

In attesa di una stabilizzazione dei prezzi prevista nel corso di quest’anno e dei primi passi a livello europeo per una politica energetica a livello continentale molte aziende si vedono costrette a interrompere la produzione nelle fasce orarie in cui l’energia costa di più.

“L’impatto negativo sulla crescita economica è inevitabile, perché se i rincari fossero completamente scaricati sui clienti, si otterrebbe come risultato un’ennesima frenata nei consumi. E il ciclo ricomincerebbe, andando a intaccare perfino i benefici del Pnrr”.

Domenico De Rosa, amministratore delegato di SMET Group, teme le ripercussioni sulla ripresa e lancia un alert sui rischi di una transizione energetica affrontata finora più con slancio retorico che con piena consapevolezza dei sui effettivi costi concreti e rischi connessi. 

“Nell’ultimo anno la speculazione sul prezzo dei carburanti ha riguardato soprattutto il gas metano liquido, protagonista della prima fase della transizione energetica dal carburante tradizionale all’alternativa sostenibile. Il rincaro dei prezzi pone in serio rischio i progetti “green” di molte aziende, che hanno già operato investimenti consistenti, e che oggi sono costrette a fronteggiare un aumento che in molti casi supera il 100% in un anno, rischiando di compromettere l’intero percorso”.

Abbassare la temperatura dell’inflazione, dunque, diventa necessario. Magari attraverso misure puntuali, in grado incanalare nella giusta direzione gli sforzi per interpretare il delicato passaggio di epoca cui è chiamato a confrontarsi il nostro apparato produttivo. Tra i possibili esempi, il sostegno alle iniziative immobiliari “a impatto zero con incentivi alla produzione di energia con scambio sul posto”. Per Ruggerone, una buona pratica per “avviare nei fatti una stagione di sviluppo sostenibile della logistica attraverso strumenti concretamente incentivanti la transizione energetica”.

 Giovanni Grande

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