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GENNAIO 2022 PAG. 18 - Le linee verdi dell’idrogeno - La transizione ecologica cambierà...

 

 

La transizione ecologica cambierà la mappa dei rapporti energetici globali. Emergeranno nuovi protagonisti e relazioni. Il protagonismo di Rotterdam e i ritardi Italiani. Le prospettive di una nuova collaborazione tra le sponde del Mediterraneo

 

Il crescente impiego dell’idrogeno nel processo di transizione energetica può determinare cambiamenti geoeconomici e geopolitici rilevanti. Innescare un’inedita ondata di interdipendenze. Cambiare la geografia del commercio energetico attraverso fenomeni di regionalizzazione delle relazioni e l’emergere di nuovi centri di influenza, in concomitanza con la riduzione progressiva del mercato del petrolio e del gas.

“L’idrogeno verde si sta imponendo come un elemento rivoluzionario nella corsa alla neutralità climatica” spiega Francesco La Camera, direttore generale di IRENA, l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili che sul tema ha realizzato il report “Geopolitics of the Energy Transformation - The Hydrogen Factor”.

“Non si tratta di un nuovo petrolio – avverte - La transizione non consisterà nella mera sostituzione di un carburante”. Piuttosto, “un passaggio ad un sistema nuovo”. Con mutamenti politici, tecnici, ambientali ed economici che diversificheranno i percorsi e le forniture, imponendo accordi bilaterali significativamente diversi dalle relazioni imposte dagli idrocarburi nel corso del XX secolo.

L’IRENA stima che entro il 2050 oltre il 30% dell’idrogeno potrebbe essere oggetto di scambi internazionali. Vale a dire, una quota superiore a quella attualmente coperta dal gas. Il commercio di questo prodotto è destinato a crescere in modo considerevole con oltre 30 paesi e regioni che stanno già pianificando una strategia dedicata, come Giappone e Germania in primis.

Le vie dell’idrogeno pulito si svilupperanno probabilmente in diverse fasi. Il rapporto considera gli anni 2020 come quelli della grande corsa per acquisire la leadership tecnologica. Il decollo della domanda, tuttavia, è previsto solo a metà degli anni 2030. Solo allora l’idrogeno “verde”, ovvero quello derivante dall’uso di energie rinnovabili per la sua produzione, sarà in grado di competere a livello globale con il prodotto derivante da combustibili fossili. E questo traguardo potrebbe essere tagliato prima da paesi come Cina, Brasile e India. A quel punto le aree caratterizzate da un ampio potenziale di rinnovabili potrebbero trasformarsi in luoghi di industrializzazione green, dove concentrare attività ad alta intensità energetica.

Il vantaggio competitivo apparterrà soprattutto ai sistemi in grado di generare elettricità rinnovabile a basso costo. Realtà come Namibia e Marocco, attualmente importatori netti di energia, potrebbero emergere come esportatori di idrogeno verde.

Al novero dei potenziali nuovi protagonisti negli scambi energetici futuri si iscrive anche il Cile. Forte di vantaggi naturali come la più alta radiazione solare al mondo e risorse eoliche di primo ordine, il paese andino punta a posizionarsi come leader mondiale nel settore, proponendosi come laboratorio d’innovazione.

Ad inizio anno, nel corso della quarta edizione del Green Hydrogen Summit, sono stati presentati sei progetti, nel Nord e nell’estremo Sud del Paese, che attireranno investimenti per circa un miliardo di dollari. Le strutture dovranno entrare in funzione entro il dicembre 2025, con l’obiettivo di produrre 45mila tonnellate di idrogeno verde l’anno, che permetteranno un taglio di emissioni di CO2 pari a 600mila tonnellate.

Nel novero delle proposte selezionate anche quella dell’italiana Enel Green Power “Faro del Sud”, con un finanziamento complessivo di 16,9 milioni di dollari, per uno stabilimento della portata di 25mila tonnellate nella regione di Magallanes. L’idrogeno realizzato attraverso il processo di elettrolisi, alimentato dall’energia eolica e con l’installazione di elettrolizzatori per una capacità di circa 240 MW dovrebbe essere venduto a HIF Chile, società che produrrà e-metanolo per l’esportazione in Europa.

Proprio a Magallanes, e nella regione di Antofagasta, il 2022 si è aperto con la missione dei rappresentanti del porto di Rotterdam, già proiettato a diventare hub di distribuzione per l’idrogeno verde per l’Europa nord-occidentale. L’incontro, nell’ambito della cosiddetta “The M2V Mission”, rientra in un Mou firmato l’anno scorso dall’ente portuale olandese con il ministero dell’Energia cilena.

“Stiamo lavorando per creare un corridoio che ci consentirà di esportare l’idrogeno prodotto da fonti rinnovabili in Cile e distribuirlo in modo efficiente in diversi paesi europei,” sottolinea il ministro Juan Carlos Jobet. “Con questa iniziativa abbiamo consolidato la leadership del Cile nello sviluppo di questa nuova industria. Il nostro potenziale nelle energie pulite ci consentirà di essere i produttori più economici di idrogeno verde al mondo, con il quale saremo in grado di soddisfare la nostra domanda ma anche di aiutare altri paesi ad avanzare con i loro obiettivi climatici”.

Con una quota del 13% dell’energia totale utilizzata in Europa lo scalo di Rotterdam è pienamente coinvolto nella Ducth National Hydrogen Strategy, la cui missione è mantenere la leadership logistica dei Paesi Bassi e posizionarla come principale piattaforma per l’importazione di combustibili a basse emissioni di carbonio.

“La strategia nazionale olandese per l’idrogeno copre le importazioni, quindi stiamo sviluppando le infrastrutture necessarie per ricevere e distribuire energia pulita in tutta Europa,” afferma Nico Van Dooren, Direttore del New Business del porto di Rotterdam. “Vogliamo anche collaborare con i principali attori del settore e costruire alleanze per promuovere progetti incentrati sulla produzione che supportano i nostri futuri fornitori”.

Non a caso le iniziative non si fermano al Sud America. È dello scorso dicembre la firma di un memorandum con il governo della Tasmania (Australia) per studiare la fattibilità delle future esportazioni di idrogeno verde dall’hub di Bell Bay, su cui Canberra ha destinato investimenti per 464 milioni di dollari, e la cui produzione dovrebbe partire nel 2027. Mentre dovrebbero iniziare a breve i lavori per il progetto “Hydrogen Holland I” per la realizzazione nell’area di Maasvlakte di un impianto di elettrolisi da 200 MW pronto entro il 2024. Costituito da un padiglione di due ettari lo stabilimento produrrà 2 milioni di tonnellate di idrogeno verde per l’industria e il settore dei trasporti, con elettricità proveniente dal parco eolico offshore Hollandse Kust (Noord). L’idrogeno potrà essere convogliato attraverso una conduttura di circa 40 chilometri che raggiungerà l’impianto dell’Energy and Chemicals Park Rotterdam della Shell. Tra le caratteristiche del progetto: l’uso di materiali da costruzione riutilizzabili, pannelli solari incorporati nelle pareti, l’apertura a visitatori selezionati.

Allo studio anche le diverse tecniche per importare il prodotto e successivamente distribuirlo nell’entroterra.

“A lungo termine ci sarà un mix di idrogeno liquido, ammoniaca e vari LOHC (Liquid Organic Hydrogen Carriers, ndr), ecco perché stiamo lavorando sull’infrastruttura necessaria per ognuno di questi vettori,” evidenzia Xander Japin, Business Developer Energy Transition della Port Authority. “In forma liquida, accoppiato o meno ad un vettore l’idrogeno sarà trasportato tramite chiatta, treno o camion. Inoltre, sarà possibile trasferirlo in forma gassosa tramite idrogenodotti. Le prime importazioni sono previste nel 2025. Fino al 2030, si tratterrà principalmente di idrogeno nei vettori ammoniaca, matanolo e LOHC. Dopo di che, ci aspettiamo che la tecnologia sia pronta per trasportare idrogeno raffreddato in grandi volumi”.

Molto meno pronta l’Italia. Solo le misure contenute nel PNRR hanno contribuito a intaccare il forte ritardo con cui il paese si è mosso verso la nuova industria dell’idrogeno. È da pochi mesi che si comincia a ragionare di Hydrogen Valley collegate ai porti. 

Rientra tra questi casi sparuti l’intesa siglata tra Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale e Gruppo Sapio con Hydrogen Park, per la realizzazione di un hub nell’area di Porto Marghera che possa essere replicato in altri grandi distretti industriali regionali altamente energivori. Due i progetti specifici: il piano “Ports8”, con l’obiettivo di realizzare un centro di produzione di idrogeno e stazione di rifornimento stradale a Porto Marghera, e il progetto “Sunshinh3” per lo sviluppo di un sistema di distribuzione innovativo di ammoniaca verde dal quale derivare l’approvvigionamento di idrogeno.

E poi c’è Civitavecchia che si è candidata a diventare la prima “hydrogen valley” portuale italiana. con la partnership tra regione Abruzzo e l’Autorità di sistema portuale del mar Tirreno settentrionale nel progetto “Life3H”.

Ancora troppo poco per un contesto mediterraneo che potrebbe riservare al nostro paese un ruolo importante per recuperare il tempo perduto nel “New game of Hydrogen”. A certificarlo l’ultimo “MED & Italian Energy Report” di SRM e ESL@Energy Center del Politecnico di Torino le cui conclusioni confermano l’apertura di un nuovo quadro di rapporti economici e politici in cui sarà necessario agire secondo una strategia consolidata.

Dagli scenari a medio termine (fino al 2040) emerge che, se è prevista un’elevata penetrazione dell’idrogeno (25% degli usi finali di energia), un approccio cooperativo tra le tre sponde del Mediterraneo consentirebbe di soddisfare la stessa domanda di idrogeno con una capacità installata complessiva (36 GW), inferiore a quella richiesta se si adotta un approccio orientato all’autosufficienza da parte di ciascuna sponda, grazie a un migliore sfruttamento delle risorse disponibili nell’intera regione. 

Le interconnessioni esistenti per il trasporto del gas naturale sotto questo aspetto potrebbero svolgere un ruolo chiave nel sostenere la penetrazione dell’idrogeno e la creazione di un mercato mediterraneo.

A patto di tenere conto, come sottolineato dal report, “dell’interazione tra una terna di triangoli”: uno geografico, relativo alle tre macro-zone della regione, aventi differenti caratteristiche socio-economiche ed energetiche; uno operativo, ovvero sicurezza energetica, sostenibilità ambientale ed equità sociale (coerentemente con il cosiddetto “trilemma energetico”); uno incentrato sulle commodity, che include energia elettrica, idrogeno e gas, che risulteranno centrali nell’implementazione della transizione energetica.

“L’idrogeno verde potrà rivestire un ruolo di rilievo non soltanto da un punto di vista di sostenibilità ambientale, ma anche come opportunità di sviluppo per i paesi delle sponde Est e Sud e, pertanto, di crescita armonica dell’intera regione mediterranea,” conferma Ettore Bompard, Direttore Scientifico ESL@Energy Center del Politecnico di Torino. “Investimenti mirati nel settore, supportati da un’adeguata cornice normativa, potranno infatti consentire la creazione di una nuova filiera industriale, portando a un miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini e a una possibile stabilizzazione dell’area. Ciò consentirà di aprire le porte a un nuovo dialogo energetico Mediterraneo, basato sulle rinnovabili, in grado di rimpiazzare quello attuale, fondato sulle fonti fossili”.

Giovanni Grande

 

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