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SETTEMPRE PAG. 16 - Navigazione autonoma il traguardo è dietro l’angolo

 


L’avvio della sperimentazione della prima portcontainer a navigazione autonoma prodotta in Cina sulle vie di acqua interne fra il porto di Qingdao e Dongjiakou apre un intenso ciclo di test dedicato allo sviluppo delle tecnologie marittime driverless. Messi alle spalle i ritardi accumulati dall’interruzione delle attività legate alle misure anti-pandemia, tra la fine dell’anno e il 2022, consorzi governativi, multinazionali, centri di ricerca, start up saranno impegnati direttamente sul campo verificando le soluzioni più efficienti per la prossima, e più radicale, delle rivoluzioni dello shipping: la conduzione delle navi senza equipaggio.

Ad aprire le danze la “Zhi Fei”, unità lunga 117 metri e larga 15, con una capacità di 300 TEU, operata dal gruppo statale Shandong Port Shipping. Frutto di un piano avviato nel marzo 2019, quando il ministero dei Trasporti ha approvato la ricerca e lo sviluppo nella navigazione intelligente e nel trasporto integrato, è stata realizzata nei cantieri navali di Qingdao del gruppo Yangfan. Su progetto di Navigation Brilliance Technology, Shanghai Bestway Marine Engineering Design, Shanghai Marine Equipment Research Institute, Dalian Maritime University e China Waterborne Transport Research Institute, la costruzione della nave è stata completata nello scorso anno e le prove in mare sono state condotte nello stesso anno. Navigation Brilliance ha precedentemente condotto prove autonome con una unità più piccola, la Zhi Teng, per testare le sue soluzioni tecnologiche, e intende ordinare delle portacontainer autonome più grandi nella gamma da 500 a 800 TEU.

La Zhi Fei è dotata anche di soluzioni avanzate rispettose dell’ambiente che riducono le emissioni e il rumore, compreso un sistema di propulsione elettrica. Oltre alla navigazione autonoma, Pechino sperimenterà l’installazione di una rete di comunicazione mobile da nave a terra a bordo della nave, il pilotaggio intelligente e l’invio e la gestione senza equipaggio di carichi di container.

Sempre in Cina la Yunzhou Tech sta collaborando con Zhuhai Port Shipping per sviluppare una flotta di navi da carico senza equipaggio, principalmente per il trasporto fluviale e costiero.

Anche il Giappone si è inscritto alla corsa, con la meta, fissata dalla Nippon Fondation, l’ente di interesse pubblico che si occupa principalmente di sostenere attività marittime e legate alla navigazione, di portare almeno al 20% la quota della flotta locale giapponese senza equipaggio entro il 2040.

Come parte di questo programma, la compagnia di navigazione Nippon Yusen Kaisha (NYK) effettuerà delle prove nel febbraio 2022 di una nave container autonoma che si piloterà da sola dalla baia di Tokyo al porto costiero di Ise. NYK ha anche effettuato prove autonome con una delle sue navi da carico, mentre la Mitsui OSK Lines (MOL), che sta cercando di commercializzare la tecnologia autonoma sviluppata negli ultimi anni, sta programmando per la fine dell’anno una serie di test dimostrativi tra la baia di Tokio e Tomakomai. Le due navi impiegate – un traghetto costiero di proprietà di MOL Ferry e una nave portacontainer costiera di proprietà di Imoto Corporation e gestita da Imoto Lines – saranno controllate da una serie di sensori posti lungo lo scafo mentre la fase di ormeggio sarà guidata da uno speciale drone. Obiettivo dichiarato da MOL per questi “viaggi dimostrativi”: migliorare il livello di sicurezza del settore marittimo (l’80% degli incidenti, secondo Nippon Fondation, è dovuto al “fattore umano”) e ridurre il numero di membri dell’equipaggio, anche come risposta all’invecchiamento progressivo della forza lavoro (oltre il 50% dei marittimi del Sol Levante ha più di 50 anni).

Per completare il quadro asiatico c’è la Corea del Sud che ha lanciato un progetto per sviluppare la guida autonoma navale entro il 2025. Il Ministero coreano del Commercio, dell’Industria e dell’Energia e il Ministero degli Oceani e della Pesca hanno istituito un gruppo di lavoro specifico e hanno stanziato 132 milioni di dollari per sviluppare le tecnologie chiave.

Fin qui l’estremo Oriente. Ma anche dall’altra parte del globo si punta allo sviluppo di questo particolare segmento della “Ship-tech”, con l’Europa che cerca una rivincita per la leadership persa all’inizio del secolo nel settore della cantieristica a vantaggio di un’Asia più competitiva sotto l’aspetto dei costi.

Con un anno di ritardo, causa Covid, partirà alla fine del 2021 il servizio in Norvegia della Yara Birkelund, prima nave a emissioni zero e senza equipaggio il cui progetto è stato presentato nel 2017. Frutto di una joint venture tra Wilhelmsen e Kongsberg l’unità, dedicata al fisico norvegese Kristian Birkeland, collegherà i porti di Herøya e Brevik con il supporto di tre centri di controllo remoto trasportando 120 container di fertilizzanti. Yara Birkeland sarà mossa da un sistema di propulsione di 900 kW e alimentato da una gigantesca batteria (7 MWh) che permetterà una navigazione entro le trenta miglia di distanza dalla costa ad una velocità compresa tra 6 e 13 nodi. Nei primi mesi di attività il carico e lo scarico della nave sarà ancora affidato ai portuali ma l’obiettivo, oltre allo sviluppo di servizi simili su altre tratte, è di rendere totalmente autonome tutte le operazioni.

Nel settore delle MASS – Maritime Autonomous Surface Ship è entrata anche l’Ue che ha destinato, nell’ambito del programma Horizon 2020, circa 30 milioni di euro al progetto AUTOSHIP. Coordinata dall’italiana CIAOTECH srl l’iniziativa “mira a costruire e testare due navi a navigazione autonoma come prototipi per una flotta di future imbarcazioni completamente autonome”. Lo schema include la rete di controllo costiero e il pacchetto tecnologico necessari per consentire navigazione autonoma e comunicazioni sicure.

I due test pilota, in programma nel 2022, riguarderanno due applicazioni commerciali differenti. Quello dedicato all’Inland Water Way si concentrerà su un catamarano, una chiatta Class2 Pallet Shuttle Barge (PSB) che opera nella regione fiamminga intorno al porto di Anversa per il trasporto di merci su pallet o in big bags o hook-lift/roll container (fino a 350t di merce). La prova dello Short Sea Shipping trasporterà invece mangime per pesci dalle fabbriche di Skretting e Cargill agli allevamenti ittici lungo la costa norvegese con una capacità di 1462 tonnellate di portata lorda. La rotta di navigazione, inoltre, si estenderà anche al collegamento tra Hirtshals in Danimarca e Kristiansand in Norvegia. 

La tipologia di servizio non è stata scelta a caso. “Uno è una breve rotta marittima al largo della Norvegia, che presenta sfide meteorologiche significative,” ha spiegato Jason McFarlane, Research & Innovation Manager presso la società norvegese Kongsberg Maritime, tra i principali partner di AUTOSHIP. “L’altro una rotta interna che richiede operazioni in una via d’acqua limitata, spesso in zone in cui la navigazione è più impegnativa che in mare aperto”.

I dati raccolti implementeranno le tre parti principali che costituiscono la tecnologia driverless: i sistemi di controllo, la connettività dalla nave alla terra ferma, i sistemi a terra.

Tra le ragioni per automatizzare le spedizioni McFarlane indicativo l’aumento dell’attrattiva del trasporto via acqua dove la manodopera può essere spesso una parte significativa dei costi operativi”. Un’altra ridurre il traffico stradale e tagliare le emissioni: “una chiatta, come quella testata nelle Fiandre può trasportare 300 tonnellate di carico in sostituzione di 7.500 viaggi di camion all’anno”. Secondo i calcoli di AUTOSHIP, questo ridurrebbe le emissioni di CO2 per km del 90%.

La piena automazione rappresenta, d’altro canto, l’ultimo livello, il sesto, con cui sono classificati i gradi di navigazione autonoma a livello navale. Esiste tutto uno spettro di soluzioni intermedie, che prevedono una presenza umana a bordo, seppur minima, in via di sviluppo.

Anche in questo caso un progetto europeo sta ponendo le basi per le applicazioni future. Con una dotazione di circa otto milioni di euro NOVIMAR mira a introdurre nella navigazione interna e di corto raggio la versione marittima del “platooning”, qui definita “vessel train”. In pratica, la formazione di convogli costituita da un certo numero di “follower ship” senza equipaggio, con capacità di navigazione e di manovra proprie, guidate temporaneamente da una “leader ship” con equipaggio. Le varie navi saranno in grado di unirsi e lasciare la formazione in luoghi adiacenti ai loro punti di origine e destinazione in mare o nell’entroterra. Il test finale del progetto sarà condotto a fine anno nel porto di Anversa dopo una serie di prove in cui sono stati impiegati modelli di navi in scala in un bacino nella città tedesca di Duisburg.

Anche in questo caso i benefici riguardano la riduzione dei costi dell’equipaggio – fino al 47% per la navigazione interna e l’88% per il trasporto marittimo a corto raggio – maggiore flessibilità logistica, riduzione delle emissioni del 15%, riduzione della congestione stradale e dei costi associati.

Indicata come soluzione per garantire maggiore sicurezza e contrastare le difficoltà a reperire le necessarie figure professionali (il recente rapporto di BIMCO e ICS sulla situazione del mercato del lavoro nello shipping conferma la necessità di reperire entro il 2026 quasi 90mila ufficiali certificati) le navi a guida autonoma rappresentano uno spauracchio per chi teme contraccolpi sull’occupazione della gente di mare.

Fin ad oggi è stato il potente sindacato americano International Longshoremen’s Association a entrare a gamba tesa nella questione annunciando che i suoi associati non serviranno navi automatizzate che operano senza equipaggio. Forte di un contratto negoziato nel 2018, con clausole restrittive per impedire ai porti di implementare tecnologie o apparecchiature di automazione, il suo presidente Harold J. Daggett è stato netto: “continueremo a lottare per l’assenza di automazione o apparecchiature automatizzate nei porti dell’ILA e chiederemo che non sia nemmeno consentito l’uso di apparecchiature semiautomatiche, anch’esse responsabili della graduale e progressiva eliminazione dei nostri posti di lavoro”.

Di diverso avviso la coordinatrice del progetto NOVIMAR, Danitsja van Heusden – van Winden, secondo cui la nuova tecnologia non rappresenterebbe una minaccia: “probabilmente richiederà ai lavoratori maggiore qualificazione, ma significherà anche che le loro competenze saranno utilizzate in modo più efficiente”.

In linea con la serie di rapporti sfornati negli ultimi anni sull’impatto dell’automazione sul mondo del lavoro i partner dei progetti europei insistono, piuttosto, sulla creazione di nuove figure professionali. “La forma di autonomia delle MASS è limitata, ci sarà sempre un centro di controllo - ha confermato McFarlane - Significherà uno spostamento di posti di lavoro. Invece di vivere e lavorare in navigazione, cosa che i giovani a volte non vogliono più fare, si passerà a lavori d’ufficio”.

Previsione che se avverata comporterà una nuova sfida al mondo della formazione e alle politiche attive ad essa collegate. In generale, i sistemi di automazione marittima sono di natura complessa in quanto prevedono un coordinamento con diversi altri sistemi, come il radar, i sistemi di visualizzazione e informazione delle carte nautiche elettroniche (ECDIS) e le girobussole. Pertanto, il personale che opera questi sistemi dovrà essere accuratamente addestrato. E, ad oggi, i costi di questo processo risultano particolarmente alti. 

Tra gli altri ostacoli da affrontare il tema della cybersicurezza, anch’essa possibile serbatoio per nuovi posti di lavoro qualificati. Non c’è dubbio che l’automazione navale aumenterà i rischi di minacce informatiche, poiché le unità, collegate alle reti di terra, seguono rotte satellitari. Inoltre, l’uso di Big Data analytics per migliorare l’efficienza operativa e la sicurezza le renderà più vulnerabili alle minacce degli hacker. Con i casi di minacce online e potenziali attacchi in aumento in tutto il mondo, il Comitato per la sicurezza marittima (MSC) dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) ha già introdotto linee guida temporanee per prevenire i cyberattacchi a questi sistemi.

Anche la regolamentazione rimane una questione chiave. Molte giurisdizioni richiedono un certo numero di persone a bordo di una nave, vanificando lo scopo stesso dell’automazione. “Alcuni regolamenti, per esempio, richiedono che le navi abbiano una guardia sul ponte - ha sottolineato McFarlane - Ma questo significa che una persona fisica deve essere lì? O possiamo specificare che non è necessario che ci sia una persona di guardia?”

Problematiche, ostacoli e opportunità che, con la corsa appena avviata alle applicazioni concrete delle MASS, investiranno a breve i livelli decisionali dell’ecosistema dello shipping. Il gioco, ad ogni modo, sembra valere la candela. Almeno sotto il lato delle prospettive economiche. La dimensione globale del mercato delle navi autonome, pur con i rallentamenti dovuti alla pandemia, stimata a 5,8 miliardi di dollari nel 2020, si prevede raggiungerà i 14,2 miliardi di dollari entro il 2030.

Red.Mar.

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