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SETTEMBRE PAG. 64 - Passione per il vino e per il volo crescono imprenditori campani

 

“Il vino si beve con il gusto e con il tatto. Con la vista e con l’olfatto. Per assaporarne i profumi ed evocare sensazioni”.  Lo sa bene Antonio Giugliano giovane enologo napoletano (nella foto con la compagna Marika Vallefuoco) che queste cose le ha intuite, interpretate e tradotte. Nelle vigne non c’è nato né cresciuto, ma la passione per il vino l’ha ereditata dal nonno osservando la terra, il paesaggio, le viti, il lavoro dell’uomo, fino ad acquisirne i sensi e l’intuito. Consapevole che quando porti il calice al palato assaggi anche un sorso del paesaggio, di quella ricchezza che scaturisce da una secolare tradizione, frutto dell’identità culturale e del copioso patrimonio varietale dell’ambiente in cui si articola il territorio; un binomio che trasferisce gusti, sapori, profumi e tipicità che sono alla base di un vino di pregio. Benchè giovane, Giugliano vanta già numerose esperienze nel settore vitivinicolo raccolte in giro per il mondo. Partendo dalla Francia dove si è immerso nel mondo dei grandi rossi di Bordeaux, arriva fino in Nuova Zelanda dove si arricchisce di nuove esperienze che mette a frutto sul campo al rientro in Italia dove investe nella vigna ereditata alla morte del nonno. Fino a diventare il braccio destro di un imprenditore napoletano, Ciro Visone, con la passione per l’alta quota e per la vitivinicoltura. Proprio qui, in Irpinia, nella zona del Taurasi, Giugliano mette a frutto tutta la sua esperienza di enologo in Poderi Visone: l’intento è quello di coltivare e produrre vini della migliore qualità possibile e con il massimo rispetto della materia prima. Ad Antonio Giugliano, Visone gli chiede di curare ogni fase della produzione delle piante, dalla raccolta alla lavorazione delle uve, nel massimo rispetto della materia prima allo scopo di esaltarne la ricchezza dei profumi e del gusto. 

 Un nuovo tassello nel colorato mosaico delle attività di Visone, tra l’altro fondatore di una compagnia aerea in Madagascar per il trasporto di derrate agroalimentari con l’Italia. Un’attività che lo ha portato a ricoprire la carica di presidente della Camera di Commercio e industria di Nosy Be e numero uno di quella italiana e malgascia. Una nuova avventura, quella di Visone, che è resa concreta proprio grazie all’intuito di Giugliano. Che però non si limita ad affinare le tecniche impiegate per lavorare l’uva nella nuova cantina irpina: il Fiano a Lapio, l’Aglianico a Montemarano, il Greco a Santa Paolina. In questi mesi, insieme alla compagna Marika Vallefuoco, assiste alla nascita del primo “figlio” della sua tenuta, Cantina Maranto, il Millennial, un vino dedicato alla generazione Y. Un Piedirosso pompeiano Igt nato nelle vasche di cemento, consapevole che solo il terreno del Vesuvio potesse conferire al vino quell’esplosione di sapori di colori e di emozioni di cui è parte il Millennial.

“Il Millennial 2019 della Cantina Maranto è un vino equilibrato e morbido dal sentore di ciliegia marasca, figlio del territorio vesuviano, dei suoi terreni di ceneri e lapilli che il vulcano ha reso permeabile. E’ figlio di vigne vecchie a piede fresco che si arricchiscono di questi elementi della terra lavica e che pertanto non hanno bisogno di essere trattate con sostanze chimiche. Le vasche di cemento contribuiscono poi ad esaltarne la qualità: non creano cariche elettrostatiche al loro interno e consentono in modo naturale di ottenere un’uva che rispecchia fedelmente il carattere del territorio”. Nonostante la giovane età, l’enologo è impegnato sia in veste di consulente per aziende enologiche che di formatore. A questo proposito, di recente ha ideato con l’agronomo Pietro Ceparano un progetto che prevede il monitoraggio di tignola e tignoletta nel vesuviano, che coinvolge anche gli alunni dell’Istituto di Agraria di San Gennaro Vesuviano.

 

Eduardo Cagnazzi

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