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LUGLIO 2021 PAG. 16 - Tener insieme sviluppo economico e ambiente

 


«Non ci sono più scuse, dobbiamo fare le riforme di cui si parla da oltre vent’anni. E abbiamo pochi mesi per completare il percorso». Edoardo Rixi, membro della Commissione Trasporti della Camera dei Deputati, ha le idee chiare sul futuro: «In Parlamento possiamo contare su una larghissima maggioranza ma serve compattezza sugli obiettivi da affrontare». Perché parte dello sforzo riguarda gli atteggiamenti e gli stessi abiti mentali del Paese.

A quali riforme bisogna dare la priorità? 

Bisogna colmare un gap di decenni. I temi non riguardano solo il prelievo fiscale ma anche la certezza del diritto, elemento che fa da freno agli investimenti esteri, e la revisione radicale degli iter sulle opere pubbliche. Non si può più pensare di agire in deroga al sistema. Se si deve ricorrere sempre di più a quest’escamotage significa che il sistema non funziona e deve essere cambiato.

Quale proposta per le grandi opere?

Serve il coraggio di utilizzare il codice degli appalti europeo, così come avviene per gli altri stati membri dell’Ue, cercando di semplificare per questa via la nostra burocrazia. Il modello adottato per il ponte Morandi può fare da guida: non abbiamo abolito i controlli ma abbiamo fatto in modo che fossero le prefetture ad occuparsi delle verifiche, in tempo reale, anziché aspettare quasi un anno per mettere insieme tutti gli accertamenti. Seguendo questo indirizzo si possono abbattere i tempi amministrativi garantendo più competitività e produttività alle nostre aziende.

In che modo?  

Il calcolo è semplice. Se apro un cantiere non in tre anni, il tempo medio italiano, ma in 8-9 mesi con gli stessi operai posso partecipare a più opere. C’è più lavoro nello stesso lasso di tempo. Avere delle date di riferimento per il completamento delle opere e delle riforme indicate dal PNRR può essere un punto di vantaggio.

C’è stato un cambiamento di prospettiva sotto questo aspetto con il governo Draghi?

Si, perché c’è una visione strategica delle cose da fare. Il Presidente del Consiglio punta a valorizzare tutte le forze che in questo momento sono impegnate a dare una spinta al Paese. Fondamentale sotto questo punto di vista l’indirizzo per cui sviluppo economico e rispetto dell’ambiente non sono più considerati come temi divergenti. C’è bisogno di tenere insieme le due cose guardando all’esempio positivo dei paesi del Nord Europa. Lo stesso Gruppo Grimaldi, ad esempio, credo abbia valorizzato l’esperienza maturata nelle sue attività sulle rotte baltiche. È lì che ha potuto sperimentare nelle migliori condizioni possibili il miglior mix tra sostenibilità e sviluppo economico dell’azienda. In Italia invece c’è chi vuole chiudere le acciaierie perché inquinano senza porsi il problema di produrre acciaio senza inquinare.

È una questione culturale?      

Certamente. È ovvio che in un momento delicato di transizione l’apparato produttivo vada sostenuto, in un modo o nell’altro. Ma senza dimenticare il tema centrale del lavoro. Fermo restando le necessità contingenti non possiamo permetterci il lusso di avere ventenni che si accontentano di sopravvivere con il reddito di cittadinanza. Il post-Covid dovrà portare con sé un cambiamento epocale nell’approccio alle questioni dello sviluppo. Bisogna capire che la parte finanziaria non può essere sovraordinata rispetto alla fase di investimento industriale. Specie in un momento in cui si spendono risorse a debito. Sotto questo aspetto gli strumenti di sostegno al lavoro vanno rivisti. Ognuno deve fare la sua parte.

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