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GIUGNO 2021 PAG. 16 - SOS Logistica, condividere il patrimonio di know how

 

 

 «Dove il terreno è buono il seme germoglia e cresce più velocemente». Si affida a questa metafora Daniele Testi, presidente di SOS Logistica, per spiegare il momento particolare che sta vivendo l’associazione che da oltre 15 anni ha fatto del tema della sostenibilità in ambito logistico la sua bandiera. «La pandemia e le sue conseguenze, l’accelerazione arrivata anche a livello di istituzioni internazionali sulla necessità di un cambio di paradigma ha acceso un faro su una realtà come la nostra che ha sempre incrociato la questione della sostenibilità: anche per noi non è stato un periodo facile. Ci siamo rimboccati le maniche rimettendoci in discussione, cercando nuovi stimoli per rinnovare la nostra presenza su un terreno prima in ombra che ad un certo punto è stato catapultato al centro del dibattito pubblico».

In quale direzione stanno evolvendo le scelte di SOS Logistica?

Intanto abbiamo provveduto ad una revisione del nostro marchio di sostenibilità rendendolo uno strumento di qualificazione più solido con il coinvolgimento di tre enti di classificazione. Un upgrade su cui lavoreremo in termini di promozione, mettendo a frutto anche le competenze e l’entusiasmo di tutti i nostri associati. Poi abbiamo preso una serie di iniziative con l’obiettivo di condividere il patrimonio di know how interno all’associazione con l’attivazione di una serie di gruppi di lavoro concentrati su specifici temi.

Quali in particolare?

Un ecosistema associativo come il nostro non può vivere solo a livello di governance: c’è una energia che va incanalata per favorire il confronto, far emergere nuove idee, tramutare queste ultime in azione. È su queste basi che è nato il primo gruppo incentrato sull’analisi dell’offerta formativa degli ITS. L’obiettivo è sviluppare protocolli con il MIUR per l’organizzazione di programmi omogenei sulla logistica. Personalmente una questione che trovo centrale per il nostro futuro. Un altro si occuperà invece di dare una “voce” alla Carta di Padova, attraverso un portale che sia luogo di confronto di idee e di sviluppo di un linguaggio comune. Altri sono in via di formazione e riguarderanno investimenti, una biblioteca della sostenibilità, start up.

Di cosa si occuperà quest’ultimo gruppo? 

La premessa è che l’innovazione aperta rappresenti la chiave di volta per le innovazioni che verranno. Generalmente la disruption non arriva dalle grandi realtà, il cui obiettivo è semmai massimizzare l’efficienza dei propri processi, ma da percorsi “paralleli” a quello che può essere il mondo della logistica. Nel novero delle nostre star up si spazia dalle innovazioni tecnologiche in tema di transizione energetica alla disintermediazione della filiera del trasporto in un’ottica non focalizzata al contenimento dei costi. Oggi ci sono camion che viaggiano vuoti che potrebbero intercettare, se opportunamente coordinati, volumi più o meno grandi. In una logica di ultimo miglio si potrebbe ipotizzare anche la condivisione di auto private, taxi, o altri veicoli. Un terzo filone è rappresentato dall’innovazione di software. In particolare la capacità di costruire piattaforme collaborative per la gestione dei dati. Infine, c’è un progetto dedicato ai giovani studenti, a neolaureati o neoassunti. L’idea è di innestare la propensione ad una logistica sostenibile a quelli che un giorno daranno i decisori in ambito ambientale. 

Come coniugare sostenibilità ed efficacia nelle misure del PNRR?

Anche il nostro marchio di sostenibilità potrebbe risultare utile, insieme ad altri strumenti, nel determinare una griglia di riferimento utile a individuare i progetti in linea con gli obiettivi perseguiti dal Piano. In un momento in cui tutti parlano di sostenibilità fornisce un valido modello di oggettivazione sul grado di maturità di una determinata azienda su un tema così delicato e complesso. Un primo passaporto di base attraverso cui accedere al resto.

G.G.

 

 

 

 

 

 

   

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