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APRILE 2021 PAG. 23 - Palumbo, i cantieri di Malta nella strategia del gruppo

 

 

La ricetta del successo imprenditoriale non esiste. «Non è come la chimica: non esistono elementi prestabiliti da mescolare. Piuttosto conta la voglia, la filosofia del lavoro. E quella o ce l’hai o non ce l’hai». Antonio Palumbo, presidente dell’omonimo gruppo cantieristico, considera lo «stare in trincea» come un punto di merito. Anche oggi, dopo un percorso che lo ha visto partire sedicenne dagli stabilimenti Fincantieri fino alla creazione di un network di stabilimenti che punteggia tutto il Mediterraneo, non rinuncia ai suoi principi. «Certo, siamo stati costretti a rinunciare alle visite mensili ai vari cantieri del gruppo a causa delle restrizioni imposte dal Covid ma bisogna adeguarsi, trovare soluzioni alternative. Le nuove tecnologie di comunicazione, sotto questo aspetto, hanno rappresentato una risposta valida. Credo che ci accompagneranno anche nei prossimi anni, con tutti i pro e i contro che si portano dietro. In questi mesi di stop forzato ho lavorato da casa, con una concentrazione e un ritmo che non avrei immaginato. La voglia di fare è immutata, sono solo cambiate le circostanze in cui muoversi».    

 
Nuovi strumenti che hanno permesso di gestire, anche se per via indiretta, gli affari in un momento di grandi difficoltà operative, non solo per il settore della cantieristica. Il gruppo napoletano ha condotto l’emergenza «garantendo innanzitutto la massima sicurezza per i lavoratori», attraverso la messa in pratica di protocolli sanitari rigidi. Con il graduale ritorno alla normalità l’obiettivo è riprendere le attività a pieno regime, puntando a cogliere le opportunità che emergeranno dal nuovo mercato.
«A livello generale è difficile quantificare le perdite economiche per il comparto. Il lungo lockdown, con le difficoltà legate ai cambi di equipaggi, il blocco della logistica, l’impossibilità di operare sulle navi ha cambiato le strategie delle compagnie, sia grandi sia medie. I ritardi nelle consegne per le nuove unità hanno certamente alimentato il chartering mentre nel segmento refitting quando possibile ci si è limitati alle normali manutenzioni posticipando gli interventi più corposi. D’altro canto l’incertezza del momento ha indotto molti operatori alla prudenza. Dal nostro particolare punto di vista pur con una certa contrazione nel volume dei lavori siamo riusciti a chiudere due contratti. Il che ci fa guardare con ottimismo il futuro ma sempre tenendo ben piantati i piedi a terra». 


Il ritorno alla normalità sarà rappresentato soprattutto dall’impegno nei cantieri Malta, centrali nella strategia del gruppo dopo l’accordo di partnership con MSC. È qui che Palumbo concentrerà gli sforzi «per venire incontro alle trasformazioni tecnologiche imposte dalla transizione energetica». Per operare nel settore stanno già partendo i training necessari per adattare in piena sicurezza le procedure dedicate a questa particolare tipologia di navi. Senza dimenticare il settore delle trasformazioni navali, vero e proprio trampolino di lancio, per un successo che ha arriso soprattutto lontano da Napoli. 


«Quello delle trasformazioni può rappresentare un mercato interessante, soprattutto per il settore crocieristico. Negli ultimi dieci anni gli standard per queste unità, a cominciare dalla capienza, sono cambiati in modo radicale. Un’accelerazione che per navi relativamente “giovani” porterà a scelte obbligate: dismettere, opzione quasi improponibile considerati i costi iniziali di costruzione, o modificarle, per rimetterle in pari con le caratteristiche delle nuove immissioni. Dopo il grande carico di lavoro determinato dalla necessità per le compagnie di montare gli scrubber, causa le nuove norme sull’inquinamento, potrebbe essere questa la nuova opportunità per il rilancio della cantieristica».
Una potenzialità che, ad oggi, non andrebbe a premiare le strutture di Palumbo presenti nel porto di Napoli, alle prese con la più classica situazione del “nemo propheta in patria”. 


«Abbiamo sempre dovuto combattere con la mancanza di bacini dedicati e con un’organizzazione delle concessioni nell’area cantieristica del porto di Napoli che, quantomeno, rende difficile l’efficienza e la programmazione delle nostre attività. Per il primo problema siamo sempre vigili per cogliere l’opportunità di una struttura da reperire nel Mediterraneo; per la seconda speriamo in una maggiore attenzione dell’ente portuale verso un’eccellenza come la cantieristica napoletana, in grado, se valorizzata, di assicurare lavoro e ricchezza per la città e la sua provincia».

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