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APRILE 2021 PAG. 12 - La semplificazione di norme per sostenere lo shipping

 

 

Da 120 anni Confitarma rappresenta l’industria italiana dei trasporti marittimi, che con la sua flotta rappresenta un “marchio di qualità” internazionalmente riconosciuto. Un punto di forza del “Sistema Paese” che si fonda su: qualità dei servizi nel trasporto di ogni tipo di merce, tutela del lavoro marittimo, salvaguardia della vita umana e dell’ambiente.


Non solo le navi, ma anche cantieristica, pesca, porti, nautica, servizi tecnici nautici, agenzie marittime sono fattori fondamentali della blue economy e costituiscono il cluster marittimo italiano, rappresentato dalla Federazione del Mare, che produce più 34 miliardi di euro annui, pari al 2% del PIL nazionale e dà lavoro a quasi 500.000 addetti.


La pandemia da COVID19 ha fatto capire, finalmente a tutti, l’importanza dell’infrastruttura liquida rappresentata dal mare, su cui vengono trasportate circa 17 miliardi di tonnellate di merci pari al 90% del commercio globale, per un valore di circa 14mila miliardi di dollari USA. Trasporto che non si è mai fermato, nemmeno durante i lockdown imposti dal Covid 19, garantendo la catena di approvvigionamento dei beni di prima necessità, essenziali per la vita quotidiana. Anche il recente incidente nel Canale di Suez ha dimostrato quanto il mondo faccia affidamento sul settore marittimo per garantire la continuità della nostra esistenza, sottolineando l’enorme ricaduta economica generata dal ritardo nella consegna delle merci.


Da sottolineare il fondamentale ruolo svolto dagli equipaggi a bordo, che hanno sempre lavorato professionalmente e con coscienza, allungando spesso di molti mesi il loro turno di imbarco, per garantire l’operatività delle navi sui mari e nei porti del mondo e la continuità della catena logistica, nonostante le pesanti restrizioni e chiusure dei confini tra i Paesi, che hanno impedito l’effettuazione degli avvicendamenti.


Lo shipping, pur spostando enormi quantità di merci, è la modalità di trasporto più sostenibile e rappresenta uno strumento potente di contrasto al cambiamento climatico: meno del 2% delle emissioni totali di Co2 sono imputabili al trasporto marittimo che da tempo è impegnato nello sviluppo sostenibile e che nel decennio 2008-2018, ha ridotto di quasi il 20% le sue emissioni di CO2.
Se guardiamo all’Italia, i nostri armatori con le autostrade del mare, ogni anno trasportano più di un milione e mezzo di veicoli pesanti e circa 40 milioni di tonnellate di merci. Vuol dire oltre 1,2 milioni di tonnellate di CO2 non emesse in atmosfera grazie all’intermodalità. 


Sono allo studio diverse opzioni per facilitare la decarbonizzazione del trasporto marittimo e raggiungere gli obiettivi di riduzione dei gas a effetto serra (GHG) stabiliti dall’IMO, con l’utilizzo di LNG quale “soluzione transitoria” per poi passare a ammoniaca e idrogeno, batterie sempre più capaci e lo sviluppo, ovviamente, delle relative tecnologie per alimentare la flotta mondiale.


Tuttavia, a fronte dei numerosi potenziali carburanti e tecnologie a zero emissioni di carbonio, la riduzione delle emissioni richiesta dalla comunità internazionale e dall’industria necessitano di una enorme attività di ricerca e sviluppo prima che questi possano diventare delle opzioni praticabili.
Le risorse finanziarie private non sono sufficienti a sostenere, da sole, ricerca e innovazione. Per questo l’industria marittima mondiale ha proposto un piano da 5 miliardi di dollari in 10 anni, per la creazione di un apposito fondo destinato all’implementazione di carburanti a impatto zero, gestito dall’IMO.
Intanto, negli ultimi anni gli armatori italiani hanno già fatto ingenti investimenti in tecnologie innovative e impiego di combustibili meno dannosi per l’ambiente: alimentazione attraverso batterie – e quindi zero emissioni durante le soste della nave in porto, utilizzo del GNL come combustibile alternativo e installazione di scrubber.


Oltre che sulla sostenibilità e la salvaguardia dell’ambiente, la competitività oggi si gioca in gran parte sul piano della semplificazione e dell’aggiornamento di norme e procedure.
È sempre più necessario un adeguato sviluppo delle infrastrutture e della logistica, in modo da assicurare trasporti celeri, efficaci ed economici tra le aree nazionali od europee e quella grande porta sul mondo che è il mare. 


Nonostante il nostro Paese si trovi in una posizione privilegiata, vera piattaforma al centro del Mediterraneo ove passa circa il 20% dell’intero traffico marittimo mondiale, non dobbiamo stupirci se l’Italia non spicca nelle graduatorie mondiali sull’efficienza logistica perché ancora oggi sono 177 i procedimenti amministrativi per i controlli della merce in ambito portuale facenti capo a 17 Amministrazioni diverse. Un’inefficienza logistica che comporta una perdita di 20mila ore di lavoro all’anno nei porti italiani e un costo extra dell’11% per le imprese italiane della logistica rispetto alla media europea nonché un gap logistico-infrastrutturale valutato in circa 70 miliardi di euro, di cui 30 imputabili a oneri burocratici e ritardi digitali. 


Da tanto tempo Confitarma chiede una semplificazione e una de-burocratizzazione normativa ed ha predisposto un pacchetto di semplificazioni normative a costo zero. Il nostro settore è regolato da norme di fine ‘800 o del primo dopoguerra.


Anche la realtà portuale è emblematica di un quadro complesso e variegato all’interno del quale si sovrappongono competenze e norme, spesso non efficaci perché in perenne attesa di regolamenti attuativi. Guardiamo per esempio a strumenti che in tutto il mondo hanno creato sviluppo, come le ZES, ma che in Italia, dopo 4-5 anni dalla promulgazione delle leggi, non possiamo ancora attuare. Senza contare il fatto che spesso nell’elaborazione delle regole non si tiene conto della visione degli stakeholder del sistema portuale.


La logistica portuale deve essere migliorata a beneficio del sistema paese, cercando di attrarre quanto oggi perdiamo per diventare veramente la piattaforma logistica di merci dell’Europa.
Non abbiamo programmato vere e proprie economie di scala in termini di logistica: le merci che transitano in tutti i nostri numerosi porti in un anno sono pari a quelle che Rotterdam movimenta in 10 mesi: un grande porto crea economie di scala ottenendo costi unitari minori, efficienza, e puntualità nelle consegne.
In Italia, continuiamo invece a perdere terreno, e la burocrazia non ci aiuta: qualsiasi operazione ha bisogno di un numero infinito di autorizzazioni e tempi che non sono coerenti con le necessità del sistema.

Mario Mattioli
Presidente Confitarma

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