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GENNAIO 2021 - PAG. 46 - L’open innovation come leva di competitività

 

 

L’uso di percorsi esterni all’azienda per lo sviluppo di competenze tecnologiche come risposta strategica alle sollecitazioni della “nuova normalità”. Con una sfida ulteriore. L’adeguamento di un meccanismo calibrato su scale dimensionali maggiori ad un tessuto economico caratterizzato da realtà medio e piccole. Come favorire lo sviluppo di un paradigma caratterizzato da un complesso livello di coordinamento tra soggetti pubblici e privati? Attraverso quali strumenti e figure professionali rendere possibile il link tra mondo imprenditoriale e gli hub generatori di innovazione?

Una possibile risposta arriva dalla “Commissione Sviluppo Attività Produttive, Ricerca e Innovazione” dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Napoli che al tema ha dedicato un seminario dal titolo “Cluster, Open Innovation e Dottori Commercialisti. Modelli e Best practices per la creazione della Catena del Valore”.

Summa del lavoro fin qui svolto dalla Commissione, nell’ambito dell’approfondimento sulle evoluzioni del ruolo della categoria, l’appuntamento ha messo insieme alcuni dei maggiori protagonisti dell’innovazione aperta della Campania attorno ad una possibile missione professionale rinnovata, ma ben definita nella sua suggestività: quella di un commercialista in grado di mettere nella valigia i problemi della singola azienda e alla ricerca di soluzioni all’interno delle realtà degli innovation hub.      

«La stretta interconnessione tra i dottori commercialisti e gli innovatori, declinati nelle numerosissime specializzazioni tecniche, aprono scenari di continuo sviluppo professionale» ha sottolineato il presidente della Commissione, Fabrizio Monticelli. «La figura del commercialista si struttura sulla “visione di insieme” e sul coordinamento dei processi aziendali, ma la sua competitività complessiva si gioca sulle competenze a disposizione. E mai come in questo periodo queste ultime sono messe in continua discussione dall’accelerazione dello sviluppo tecnologico, delle relative normative e dell’impatto che tutto ciò ha sulla vita delle aziende».

Nasce da queste premesse la necessità di dotarsi di modelli valutativi adeguati, nella consapevolezza che proprio il ritardo strutturale del nostro contesto economico rappresenta un banco di prova per sperimentare e favorire, se possibile, nuovi schemi socio-economici, all’incrocio tra i cluster strategici della regione e un’ampia sinergia con tutti i soggetti implicati nei processi innovativi. 

«La nostra “visione di insieme” deve passare dal micro delle aziende al macro dei Cluster in un Sistema virtuoso volto a favorire il valore del trasferimento delle conoscenze per la creazione di una Catena del Valore che si autoalimenti continuamente del valore dell’innovazione quale fattore fondante per la crescita armonica di tutte le sue componenti».

Dalla sanità al conciario, dalla logistica ai trasporti, non mancano in Campania esempi ben strutturati di generatori di innovazioni. L’Innovation Hub di Nola Business Park, ad esempio, rappresenta una realtà sui generis. L’embrione dell’iniziativa non nasce in ambito universitario né da competence service di grandi player: «piuttosto dall’ecosistema di circa 500 imprese insediate nel nostro distretto,» ha spiegato Fulvio Guida, Marketing Director di CIS. «Il nostro polo rappresenta un naturale laboratorio di sperimentazione. L’obiettivo è interpretare l’attuale fase attraverso due elementi: l’innovazione e l’internazionalizzazione. Da una parte, dunque, introdurre cambiamenti, non solo a livello tecnologico ma anche di modelli organizzativi e manageriale, per ridisegnare e rimodulare l’offerta delle aziende; dall’altro aggredire nuovi mercati, anche alla luce del difficile momento economico».

Realizzato in collaborazione con 012Factory, incubatore di startup certificato dal MISE, NBP Innovation Hub è attualmente impegnato nella determinazione degli assessment aziendali, attraverso un modello sviluppato in collaborazione con il mondo universitario e della Camere di Commercio. «Nel percorso iniziato nello scorso dicembre dopo la presentazione dei paper sui fabbisogni aziendali comincerà la terza fase, quello di scouting con le nostre start up e con quelle collegate ai principali parchi tecnologici» ha affermato il CEO di 012Factory, Sebastian Caputo.

Ed è proprio in questo processo che potrebbe risultare centrale la figura del commercialista. «Con la piena fiducia da parte delle aziende può rappresentare un supporto per superare le barriere psicologiche e organizzative legate ai cambiamenti di paradigma; allo stesso tempo, attraverso una conoscenza approfondita delle situazione economiche, fiscali e contabili, diventa un punto di riferimento nelle decisioni da prendere in merito alle agevolazioni e alle risorse da cui attingere».

Con un peso preponderante nell’economia regionale, sia in termini di aziende armatoriali, sia di personale imbarcato, anche lo shipping sta sviluppando iniziative orientate alla open innovation. Mario Mattioli, presidente di Confitarma, ha evidenziato l’importanza di «sviluppare sinergie e alleanze strategiche tra startup, poli universitari, mondo della scuola e della formazione, mettendo a frutto la “specializzazione marittima” dell’economia regionale».

«Il cluster è estremamente articolato e complesso, con soggetti che operano in mare e a terra,» ha ribadito Fabrizio Monticelli. «Il settore può e deve rientrare tra le strategie di crescita e di supporto all’internazionalizzazione delle imprese, considerando che vale oltre 34 miliardi e contribuisce al 2% del Pil».

Ed è proprio a supporto di questo grande valore, anche per la regione Campania, che nasce il progetto di accelerazione di impresa I.S.A.B.E.L.L.A. (Io Sono Acqua – Building Enviromental Liability LAb) in collaborazione tra Confitarma, IMAT, Polo ForMare, Università Parthenope e Campania NewSteel. «In base all’analisi del fabbisogno del settore si sta lavorando su cinque keyword strategiche: enviroment, digitalization, safety, security e health. Per ognuna di queste il numero di servizi e strumenti, così come di nuove figure professionali, è innumerevole. Ma serve un processo di integrazione della catena del valore che parti dai luoghi in cui si costruiscono le competenze». Sostanzialmente tre le direzioni, illustrate da Massimo Varrone, responsabile dell’incubatore accademico della Università Federico II, Campania NewSteel, verso cui il progetto evolverà. «Partiremo con l’erogazione di servizi puntando su uno scouting profondo, capace di far emergere la dimensione ancora non dipanata del settore marittimo e navale; sul consolidamento delle startup, accompagnandole verso un dialogo con le imprese; sull’interpretazione dei bisogni delle imprese. Gli interlocutori saranno marittimi, compagnie, centri di ricerca, manager e professionisti: tutti accomunati dall’appartenenza allo stesso ecosistema».

Anche da questa dinamica potrebbe emergere un ruolo nuovo per la categoria professionale dei commercialisti: «Colui – conclude Monticelli – che riesce a costruire un modello predittivo del mercato, attraverso l’interpretazione dei dati economici e statistici del cluster. Punto di partenza per verificare nuove possibilità di crescita o implementazione».

Red.Mar.

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