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FEBBRAIO 2021 PAG. 38 - Le conseguenze dell’accordo commerciale Ue-Cina per l’Italia


 

La presidenza Biden ha inevitabilmente già impresso molti mutamenti nelle dinamiche politiche internazionali e conseguentemente andrà a modificare i rapporti economici e commerciali in corso. Una realtà ineluttabile visto non solo il profondo dinamismo del neo presidente americano ma anche la ferma volontà della nuova amministrazione di rivedere la sua politica estera che si tradurrà prevedibilmente in una maggiore presenza in tutte gli scacchieri mondiali. 


I primissimi segnali erano già chiari prima dell’insediamento quando le trattative per il BIT tra Comunità Europea e Cina erano rallentati a dicembre. In quella occasione Biden aveva chiesto una consultazione preventiva alla Merkel per studiare una linea strategica comune: molto probabilmente per paura di un inserimento statunitense in un negoziato già molto complesso la leader tedesca ha chiesto aiuto all’alleato francese ed ha accelerato i lavori lasciando fuori il colosso americano.
Indubbiamente la stipula del trattato euro-cinese e il duro colpo della realizzazione del RCEP pone l’inizio mandato di Biden in salita. Difficoltà che non intaccherà la politica di forte contrapposizione con Pechino, anche se attraverso strade diverse da quelle intraprese da Trump. 


In questa dinamica molto fluida bisogna considerare che moltissime scelte fatte in politica estera segneranno o meno la possibilità di ripresa del nostro comparto industriale e di tutto il cluster marittimo. Quello che sembra assolutamente evidente e che il nostro paese oltre ad aver bisogno di una rete logistica al passo con i tempi necessita urgentemente di una strategia logistica, ossia, come affermò il colonello Botti nei fondamentali studi sulla logistica militare, di una “coscienza logistica”. In pratica una consapevolezza che consentirebbe una più concreta ed attenta programmazione in politica estera, la quale a sua volta rappresenterebbe una forte spinta per il settore industriale e commerciale. Allo stato attuale non possiamo pensare a compartimenti stagni. 


Gli aspetti geopolitici saranno fondamentali per l’economia dei prossimi anni, a differenza della “liquidità” che ha caratterizzato l’ultimo quarto di secolo. Per cui la pianificazione in politica estera, tracciando le linee di sviluppo non solo farebbe risalire la china all’Italia delle nazioni che contano, ma consentirebbe uno sviluppo industriale e quindi logistico più coerente, più efficiente e quindi più concorrenziale con quei colossi capaci ad investire ingenti somme di denaro per nuovi insediamenti; capaci di modificare addirittura la geografia dei luoghi condizionando le rotte mercantili e quindi l’economia mercantilistica. 


In definitiva i soldi del Recovery Fund saranno una opportunità importante solo se una parte di questi andranno a rafforzare una coerente rete logistica. Per farlo bisognerà avere una strategia di medio e lungo periodo in politica estera, altrimenti si percorrerà quella strada tristemente nota della costruzione delle “cattedrali nel deserto”. 


Con Francia e Germania che ci isolano nel trattato economico con la Cina, la situazione eccezionalmente fluida nel Mediterraneo, l’RCEP come nuovo colosso economico che potrebbe portare ad una rivoluzione monetaria ed economica qualora volesse (cosa assai probabile) sostituire il dollaro con la moneta cinese negli scambi internazionali, il riposizionamento di truppe americane nel globo (vedasi Repubbliche Baltiche, Germania e prossimamente Medio Oriente) l’Italia dovrà avere la capacità di studiare e proporre una valida strategia in politica estera capace di rilanciare il comparto industriale, economico e quindi logistico nazionale. Solo così si potranno creare le precondizioni indispensabile per rilanciare il settore del cluster marittimo, segmento imprescindibile per il futuro italiano.

Alessandro Mazzetti

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