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DICEMBRE 2020 PAG. 44 - La bagarre sull’autoproduzione delle operazioni portuali



 

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con la segnalazione pubblicata il 5 Novembre 2020, ha comunicato ai Presidenti di Camera e Senato, al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, che la disposizione di cui al comma 4-bis dell’art. 16 della legge 84/1994, per un verso, altera la concorrenza tra porti italiani e porti di altri Stati membri….e, per altro verso, si pone in aperto contrasto con la finalità della normativa di rilancio del settore portuale….
In conclusione, l’Autorità confida che il legislatore, nel tenere in conto le osservazioni sopra espresse, voglia rivedere, se non abrogare, la norma in questione.
L’Autorità Garante è giunta a questa conclusione dopo aver condiviso i principi comunitari in materia di libera prestazione dei servizi, le disposizioni e le finalità del Regolamento (UE) 2017/352, nonché la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 10 Dicembre 1991.
La segnalazione è corretta. Le critiche mosse da parlamentari ed organizzazioni sindacali ignorano che la legge 287/90 Norme per la tutela della concorrenza e del mercato, con l’art. 21, ha attribuito all’Autorità un cd. potere di advocacy: l’Autorità segnala le situazioni distorsive, derivanti da provvedimenti legislativi, al Parlamento e al Presidente del Consiglio dei Ministri e, negli altri casi, al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Ministri competenti e agli enti locali e territoriali interessati.
E’ perciò indubbio che gli artt. 21 e 22 della legge 287/90 hanno attribuito all’Autorità un potere di segnalazione e consultivo (poteri di advocacy) allo scopo di contribuire ad una più completa ed efficace tutela della concorrenza e del mercato.


La segnalazione è anche tempestiva in quanto è di prossima emanazione il decreto di attuazione delle disposizioni del comma 4-bis della legge 84/94.
E’ utile procedere innanzi tutto con una breve analisi “storico-giuridica” , da un lato, dei principi di diritto relativi al regime di monopolio in capo alle compagnie e poi alle imprese portuali, nella materia delle operazioni portuali e, nello specifico, della movimentazione delle merci e, dall’altro lato, dei principi di diritto comunitario  in tema di concorrenza e di libero mercato dei servizi.
L’art. 110 cod. nav. era tassativo: Le maestranze addette alle operazioni portuali sono costituite in  compagnie o gruppi, soggetti alla vigilanza dell’autorità preposta alla disciplina del lavoro portuale… Salvo casi speciali stabiliti dal Ministero dei trasporti e della navigazione, l’esecuzione delle operazioni portuali è riservata alle compagnie o ai gruppi.
Il regime monopolistico era poi “celebrato” dal D.M. 6 gennaio 1989 il quale, nella individuazione delle operazioni portuali riservate alle compagnie, disponeva: Costituiscono operazioni portuali – come tali riservate, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 110 del Codice della navigazione, alle compagnie o gruppi portuali – quelle collegate alle movimentazioni delle merci e di ogni altro materiale nel porto in connessione con l’arrivo e la partenza della nave.


Ma il regime monopolistico non poteva rimanere impunito. Per ciò che riguarda l’ordinamento italiano, si ricorda l’art. 9 della Legge 10 ottobre 1990, n. 287: La riserva per legge allo Stato ovvero ad un ente pubblico del monopolio sul mercato, nonché la riserva per legge ad una impresa incaricata della gestione di attività di prestazione al pubblico di beni o servizi contro corrispettivo, non comporta per i terzi il divieto di produzione di tali beni o servizi. Poco dopo interveniva la Corte di Giustizia la quale, con la sentenza del 10 dicembre 1991, dichiarava l’incompatibilità degli articoli 110 e 111 cod. nav. con gli articoli 82 e 86 del Trattato, dal momento che le norme codicistiche, prevedendo una riserva a favore delle compagnie portuali, determinano una posizione dominante su una parte rilevante del mercato delle operazioni portuali, inducendo tali compagnie a sfruttare abusivamente tale propria posizione: Occorre rilevare anzitutto che, riguardo all’interpretazione dell’art. 86 del Trattato, per giurisprudenza costante l’impresa che fruisce di un monopolio legale su una parte sostanziale del mercato comune può essere considerata un’impresa che occupa una posizione dominante ai sensi dell’art. 86 del Trattato…
Stando così le cose, si deve dichiarare che uno Stato crea una situazione contraria all’art. 86 del Trattato quando emana una normativa, come quella di cui trattasi, atta ad incidere sul commercio fra Stati membri…


La questione va quindi risolta nel senso che il combinato disposto dell’art. 90, n.1, e degli artt. 30, 48 e 86 del Trattato CEE osta alla normativa di uno Stato membro che conferisca ad un’impresa stabilita in questo Stato il diritto esclusivo d’esercizio delle operazioni portuali e le imponga di servirsi, per l’esecuzione di dette operazioni, di una compagnia portuale.
L’Autorità Garante, ripetutamente invocata dagli operatori che giustamente si vedevano espropriati del diritto alla autoproduzione delle operazioni portuali, raccoglieva la palla lanciata dalla Corte di Giustizia e, in riferimento all’autoproduzione, rilevava una situazione di diritto soggettivo e sottolineava l’inadeguatezza della normativa portuale italiana (AGCM, provvedimento del 13 marzo 1991, n.53).


Si può quindi affermare che la sentenza resa dalla Corte di Giustizia il 10 dicembre 1991 abbia messo, a livello comunitario, un punto fermo sul riconoscimento del c.d. diritto di autoproduzione (self-handling) delle operazioni di carico e scarico delle merci nei porti italiani da parte delle imprese di trasporto marittimo comunitarie.
Arriviamo ora alla legge 28 gennaio 1994, n.84, ed, in particolare, all’art. 16 il cui quarto comma prevede che, ai fini del rilascio delle autorizzazioni specifiche per l’esercizio delle operazioni portuali, il Ministero con decreto da emanarsi entro trenta giorni, determina (lettera d): i criteri inerenti il rilascio di autorizzazioni specifiche per l’esercizio di operazioni portuali, da effettuarsi all’arrivo o alla partenza di navi dotate di propri mezzi meccanici e di proprio personale adeguato alle operazioni da svolgere, nonché la determinazione di un corrispettivo e di idonea cauzione.


La legge 84/94 ribalta la precedente normativa in materia portuale e mette fine al regime monopolistico.
In data 31 marzo 1995, è emanato il decreto n.585, attuativo dell’art. 16, quarto comma, il cui articolo 8 prevede: L’autorità portuale… può rilasciare al vettore marittimo o impresa di navigazione o al noleggiatore… l’autorizzazione all’esercizio delle operazioni di cui all’articolo 1, in occasione dell’arrivo o partenza di navi, dotate di mezzi meccanici e di personale alle dirette dipendenze di tali soggetti autorizzati, adeguato alle operazioni da svolgere ed inserito nella tabella di armamento ovvero nell’organico della loro struttura operativa in ambito portuale.
Si potrebbe dire che anche l’ordinamento italiano ha ceduto le armi e, sia pure dopo 50 anni, ha riconosciuto il diritto all’autoproduzione delle operazioni portuali.
Resta, tuttavia, la resistenza ad oltranza di coloro che contestano l’inquadramento delle attività di rizzaggio e derizzaggio nella categoria delle operazioni portuali.


Ancora una volta deve intervenire la Comunità Europea con il Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 febbraio 2017, n. 352. Il Regolamento istituisce un quadro normativo per la fornitura di tutti i servizi portuali, chiarendo in modo incontrovertibile che questo quadro normativo trova applicazione nella fornitura delle seguenti categorie di servizi portuali:
a) rifornimento di carburanti; b) movimentazioni merci; c) ormeggio; d) servizi passeggeri; e) raccolta di rifiuti; f) pilotaggio; g) servizi di rimorchio.
A questo punto, non vi possono essere più dubbi: il quadro normativo del Regolamento si applica alla fornitura di un’unica categoria di “servizi portuali” ma questa è comprensiva delle operazioni portuali, dei servizi portuali e di quelli tecnico-nautici. Ed, infatti, nella definizione della “movimentazione merci”, rientrano l’organizzazione e la movimentazione del carico tra la nave che effettua il trasporto e le aree portuali……., compresi il trattamento, il rizzaggio, il derizzaggio, lo stivaggio, il trasporto ed il deposito temporaneo delle merci.


La battaglia è vinta ma nel sottobosco la guerriglia continua a covare e un bel mattino il nostro legislatore si sveglia deciso a cambiare rotta per tornare al regime monopolistico delle compagnie portuali. Nella realtà, l’inversione di rotta avviene all’esito di una serrata battaglia parlamentare fomentata dai rappresentanti delle compagnie portuali e delle relative organizzazioni sindacali e conclusasi con un imprevisto ed imprevedibile emendamento, approvato in sede di conversione in legge del decreto 19 maggio 2020, n.34 (cosiddetto Decreto Rilancio), recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVD-19.


La Legge 77/2020 è in discussione alla Camera tra mille polemiche. In questa bagarre, ad un certo punto, salta fuori l’emendamento Gariglio con il quale si chiede l’approvazione di un articolo 199-bis: Al fine di fronteggiare le emergenze derivanti dall’epidemia da COVID-19 (?) e di favorire la ripresa delle attività portuali (?), all’articolo 16 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, sono apportate le seguenti modificazioni: a) la lettera d) del comma 4 è abrogata; b) dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti:
4-bis. Qualora non sia possibile soddisfare la domanda di svolgimento di operazioni portuali né mediante le imprese autorizzate ai sensi del comma 3 del presente articolo né tramite il ricorso all’impresa o all’agenzia per la fornitura di lavoro portuale temporaneo di cui, rispettivamente, ai commi 2 e 5 dell’articolo 17, la nave è autorizzata a svolgere le operazioni in regime di autoproduzione a condizione che:
a) sia dotata di mezzi meccanici adeguati;
b) sia dotata di personale idoneo, aggiuntivo rispetto all’organico della tabella di sicurezza della nave e dedicato esclusivamente allo svolgimento di tali operazioni;
c) sia stato pagato il corrispettivo e sia stata prestata idonea cauzione.
4-ter. L’autorizzazione di cui al comma 4-bis è rilasciata previa verifica della sussistenza dei requisiti e delle condizioni ivi previste.
Con decreto del Ministero della Infrastrutture e dei Trasporti, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le disposizioni per l’attuazione dei comma 4-bis e 4-ter….


L’emendamento passa nel caldo ferragostiano e le compagnie festeggiano.
Con questo emendamento rientra dalla finestra il regime monopolistico delle compagnie portuali. Le polemiche non portano a nulla e tanto meno avrebbe senso entrare in polemica con l’On. Gariglio, autore del “brillante” emendamento, il quale si è lasciato andare ad espressioni a dir poco inappropriate: L’antitrust critica la recente disciplina delle attività di autoproduzione nei porti, che sta assicurando la sicurezza dei lavoratori, la salvaguardia dei passeggeri e continuità produttiva ed occupazionale delle imprese del settore. Ne è questa la sede per censurare le dichiarazioni delle organizzazioni sindacali: Non è la prima volta che un’Authority si sostituisce a parlamento e governo e non è la prima volta che un’Authority, in nome della concorrenza, determina effetti negativi per il mondo del lavoro.
E’ invece opportuno e sufficiente richiamare la puntuale ed esaustiva segnalazione pubblicata dall’Autorità Garante il 5 novembre 2020:


- La modifica, nella misura in cui prevede che l’attività di autoproduzione delle operazioni e dei servizi portuali… possa essere svolta solo nel caso in cui non vi siano le necessarie attrezzature o maestranze, riduce drasticamente la possibilità per i vettori nazionali di procedere alla autoproduzione riducendola ad una ipotesi meramente residuale. Peraltro, il ricorso all’autoproduzione è ulteriormente subordinato al possesso da parte del vettore marittimo di personale idoneo “aggiuntivo” rispetto all’organico della tabella, il quale deve essere, inoltre, “dedicato esclusivamente” allo svolgimento di tali operazioni.
- Ad avviso dell’Autorità, la modifica legislativa in esame … riporta la normativa in materia portuale a una fase antecedente all’adozione della legge n. 64/94, con la quale è stata liberalizzata l’attività in questione.


- In particolare, la novella in commento oltre a porsi in contrasto con i principi comunitari in materia di libera prestazione dei servizi, nonché con le disposizioni e le finalità del Regolamento (UE) 2017/352…..I) da un lato, si pone in diretto contrasto con i principi di cui all’art. 9 della legge n. 287/90, che espressamente prevede la possibilità per le imprese di ricorrere all’autoproduzione ….II) dall’altro lato, ricrea nei singoli scali portuali posizioni dominanti difficilmente scalfibili dalla concorrenza potenziale… (cfr. sentenza della Corte di Giustizia del 10 dicembre 1991).


- L’Autorità sottolinea altresì come la disposizione di cui al comma 4-bis,. per un verso, altera la concorrenza tra porti italiani e porti di altri Stati membri… e, per altro verso, si pone in aperto contrasto  con le finalità della normativa di rilancio del settore portuale (sic).Aggiungo una personale segnalazione: al di là della lesione dei principi concorrenziali segnalati dalla Corte di Giustizia e dall’Autorità Garante, l’emendamento in questione non si sottrae neanche ai vizi di costituzionalità con specifico riferimento alla libertà di iniziativa economica (art. 41).  E’ indubbio, infatti, che tale libertà è compressa non da una legittima “utilità sociale”, come prevede la Costituzione, ma da una evidente operazione lobbistica. Le pur comprensibili preoccupazioni di carattere occupazionale (dovute, peraltro, ad una “colpevole” inerzia delle stesse compagnie innanzi allo sproporzionato organico dei portuali rispetto alle reali richieste di mercato, nonché all’applicazione di tariffe di gran lunga fuori mercato) non possono, infatti, spingersi sino ad incidere in maniera gravosa sulla organizzazione imprenditoriale, modellata oggi su una specialistica formazione del personale e sulla nuova generazione di navi munite di dotazioni ed attrezzature in linea con le vigenti normative di sicurezza, come confermato, ad esempio, dalla giurisprudenza e dagli interventi normativi in tema di “clausole sociali” negli appalti, che in ogni caso impongono una armonizzazione con le aggiornate esigenze tecnico-organizzative ed economiche degli operatori. L’obbligo di legge introdotto dall’ordinamento in questione è certamente in evidente contrasto con tali esigenze di ragionevole equilibrio.


Detto tutto ciò, non resta che associarsi all’auspicio dell’Autorità: Il legislatore, nel tenere in considerazione le osservazioni sopra espresse, voglia rivedere, se non abrogare, la norma in questione. Ovviamente, si confida che i funzionari ministeriali, chiamati a lavorare su una bozza delle disposizioni di attuazione dell’emendamento Gariglio, quanto meno si impegnino nella lettura della segnalazione dell’Autorità Garante.

Avv. Bruno Castaldo

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