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DICEMBRE 2020 PAG. 34 - Ise: connessioni coerenti con tutti i porti del Sud Italia


 

 Nella “nuova normalità” il settore della logistica dovrà muoversi mettendo a frutto il capitale di affidabilità maturata nei momenti più duri del lockdown. Le supply chain, dopo il primo momento di impasse, hanno alimentato i flussi da ogni angolo del globo, riuscendo a supportare una ripresa che ancora oggi si presenta asincrona e asimmetrica. La consapevolezza della centralità del comparto, che per la prima volta ha superato confini ristretti della discussione settoriale, deve essere giocata nella partita del Recovery Fund, puntando a colmare i divari infrastrutturali che, specie nel Mezzogiorno, hanno fin qui frenato tutto il Paese. Un discorso che riguarda, a ragione, anche l’Interporto Sud Europa che, nelle parole del suo neo presidente, Riccardo Monti «deve dismettere la maschera di “bella addormentata” indossata finora».    


Cosa non ha funzionato finora?
Una connessione coerente a livello infrastrutturale con i porti del Sud Italia, le uniche porte attraverso cui la penisola può intercettare la grande mole di traffici che sta passando da Suez. ISE di per sé è perfettamente attrezzato: avere 11 coppie di binari, tre caselli autostradali dedicati, collegamenti sulla direttrice Napoli – Milano e Napoli – Bari, ne fa un punto di riferimento logistico posto proprio al centro del Mediterraneo. Si prenda invece lo scalo di Napoli, distante solo 16 chilometri, di cui costituiamo il vero e proprio retroporto. La mancanza di collegamenti ferroviari, comune a tutti i porti meridionali, impedisce di entrare seriamente nel mondo logistico del XXI secolo. 


Come ha intenzione di affrontare quest’ingresso nella contemporaneità l’Interporto?    
Abbiamo da sviluppare ben 5 milioni di metri quadri di nuove aree, di cui 300mila al coperto. L’obiettivo è l’ottimizzazione degli spazi che però da sola non basta. Senza l’integrazione di nuovi servizi doganali e di strumenti tecnologici avanzati, tema su cui siamo ugualmente impegnati, non riusciremo ad attirare gli operatori. È questa la sfida generale che riguarda la logistica in Italia. Nelle realtà più avanzate lo sdoganamento della merce viene effettuato già a bordo della nave, c’è una totale condivisione delle informazioni, fluidificazione dei processi. Sembrerà scontato ma se non eliminiamo i “colli di bottiglia” avremo perso la battaglia. 


Quanto pesa in questa situazione la non attivazione delle ZES?    
Quello è un ritardo che letteralmente grida vendetta. A tre anni dalla loro costituzione non si è ancora riusciti a sfruttare l’enorme potenzialità che potrebbero liberare. Ma lamentarsi per quello che non è stato fatto ha poco senso: piuttosto l’obiettivo, a partire dal prossimo anno, è rimboccarsi le maniche e risolvere il problema, recuperando il prezioso tempo perduto. Le ZES, insieme ai collegamenti ferroviario, rappresenterebbero la giusta soluzione ad un problema atavico della logistica meridionale: la presenza di porti, tutto sommato, efficienti, in grado di gestire il traffico, ma zone retroportuali fragili, incapaci di attirare servizi di valore aggiunto alla merce, come la trasformazione e il packaging.    


Come potrebbe posizionarsi ISE in questa nuova logistica?
Ci troviamo lungo i principali assi di raccordo del Sud Italia, il che significa essere in posizione baricentrica rispetto al Mediterraneo. Con la risoluzione di tutte le criticità potremmo diventare polo di attrazione per tutti quei traffici che il modello del gigantismo navale convoglia verso il Mediterraneo, via Suez. È un controsenso che la merce viaggi direttamente verso il Nord Europa, quando dall’Italia potrebbe raggiungere tutti i mercati del continenti con un netto risparmio di tempi.

G.G.

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