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OTTOBRE 2020 PAG. 56 - Cosa ci dice l’ultima Giurisprudenza

 

Cassazione – Sentenza 14 Ottobre 2019, n. 25771
Deve premettersi che questa Corte ha avuto modo di chiarire che “il carattere speciale della normativa sulla navigazione da diporto rispetto al codice della navigazione comporta che le norme generali del secondo trovino applicazione residuale solo per gli aspetti e le materie non disciplinate dalla prima, sicché, ai fini dell’accertamento della responsabilità verso terzi, è ininfluente la regola prevista dall’art. 414 cod.nav., secondo cui è il danneggiato a dover provare il dolo o la colpa grave del vettore o dei suoi dipendenti nel trasporto amichevole di persone e bagagli, trovando invece applicazione la L. 11 febbraio1971 n.50 (la cui previsione è stata successivamente ribadita dal D. Lgs. 18 luglio 20015, n.171, art. 40 sulla nautica da diporto), secondo cui, per espresso rinvio all’art. 2054 c.c., è il conducente di natanti e imbarcazioni da diporto il responsabile dei danni verso terzi, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitarli”.
L’art. 2054 c.c., comma 3, non può prescindere dall’applicazione della regola dettata dall’art. 2054 c.c., comma 1, per la cui osservanza la Corte territoriale era tenuta non solo a ricostruire l’evento sotto l’aspetto meramente fattuale, ma doveva altresì affrontare in modo specifico il profilo delle manovre di emergenza e delle cautele esigibili poste in essere dal conducente al fine di valutare la sua condotta nella situazione, peraltro consueta nelle escursioni marittime, in cui era venuto a trovarsi. La Corte territoriale, soltanto affrontando, oltre all’elemento negativo, anche la componente positiva della condotta di chi era alla guida del natante, poteva, infatti, giungere al superamento della presunzione della sua responsabilità esclusiva, ricadente anche sulla posizione del proprietario evocato in giudizio.


Tribunale di Patti - Sentenza 14 Ottobre 2010
L’art. 409 cod. nav., al pari dell’art. 1681 c.c., pone una presunzione relativa di responsabilità a carico del vettore per i sinistri che colpiscono il passeggero durante il viaggio.
Tuttavia, tale presunzione non esonera il passeggero dall’onere di fornire la prova del nesso causale fra il sinistro stesso e l’attività del vettore nell’esecuzione del trasporto.
Con ciò, il Tribunale ha fatto proprio il principio enunciato dalla Suprema Corte con la sentenza 3285/2006:
In tema di trasporto di persone, la presunzione di responsabilità, che l’art. 1681 e l’art. 409 c. nav. pongono a carico del vettore per i danni al passeggero, opera quando sia provato il nesso causale tra il sinistro occorso al passeggero e l’attività del vettore in esecuzione del trasporto, restando viceversa esclusa quando è accertata la mancanza di una sua colpa, come quando il sinistro viene attribuito al fatto stesso del passeggero, dal quale il vettore ha ragione di pretendere un minimo di diligenza, prudenza e senso di responsabilità nella salvaguardia della propria incolumità.


Corte di Appello di Napoli – Sentenza 14 Giugno 2019, n.3255
Erra il Tribunale, come puntualmente denuncia l’appellante, allorché ritiene che il passeggero non poteva evitare il “ruzzolone” (così lo chiama il Tribunale) adoperando la dovuta cautela nel camminare, sicché resta irrilevante, una volta accertata detta evitabilità, l’impossibilità di percorsi alternativi.
La condotta nella specie gravemente imprudente dell’infortunato deve essere apprezzata sub specie di “caso fortuito” ex art. 2051 c.c. e causa unica dell’evento nella prospettiva dell’art. 2043 c.c., perché la condotta del danneggiato si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca una evenienza ragionevole ed accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.


Cassazione – Sentenza 14 Maggio 2019, n. 12708
In caso di perdita o danni subiti dalla merce, la legittimazione a promuovere l’azione cartolare contro il vettore spetta al portatore della polizza di carico per effetto di girata senza limitazione alcuna, mentre il caricatore-mittente può esercitare, nei confronti del medesimo vettore, le azioni causali che gli competono sulla base del contratto di trasporto tra loro concluso. Peraltro, in quest’ultima eventualità, la legittimazione all’azione di risarcimento si trasferisce dal mittente al destinatario dal momento in cui, scaduto il termine legale o convenzionale della consegna, lo stesso destinatario sia venuto a conoscenza di tale perdita a seguito della richiesta di riconsegna della detta merce (In applicazione del menzionato principio, la S.C. ha ritenuto che l’avvenuta emissione del c.d. delivery order, ovvero dell’ordine, impartito al capitano della nave, di consegna della merce in favore della società girataria, comportasse il passaggio della legittimazione ad esercitare l’azione causale dal mittente al destinatario).


Tribunale Busto Arsizio – Sentenza 23 Ottobre 2019
Non è risarcibile il danno morale connesso all’impossibilità di partecipare al funerale del padre, in conseguenza della cancellazione di un volo aereo. Il danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, è risarcibile, infatti, sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. – anche quando non sussiste  fatto-reato, né ricorre alcuna delle altre ipotesi in cui la legge consente espressamente il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali, a tre condizioni: a) che l’interesse leso – e non il pregiudizio sofferto – abbia rilevanza costituzionale (altrimenti si perverrebbe ad una abrogazione per via interpretativa dell’art. 2059 c.c., giacché qualsiasi danno non patrimoniale, per il fatto stesso di essere tale e cioè di toccare interessi della persona, sarebbe sempre risarcibile);  b) che la lesione dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa superi una soglia minima di tollerabilità (in quanto il dovere di solidarietà, di cui all’art. 2 Cost., impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza);  c) che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginaria, come quello alla qualità della vita o alla felicità.


Corte di Giustizia della Unione Europea – Sentenza 9 Luglio 2020, n. 257/19
L’Irlanda, avendo omesso di istituire un organo inquirente indipendente, sul piano organizzativo, giuridico e decisionale, da qualsiasi soggetto i cui interessi possano entrare in conflitto con il compito affidatogli, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 8, paragrafo 1, della Direttiva 2009/18/CE, del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che stabilisce i principi fondamentali in materia di inchieste sugli incidenti nel settore del trasporto marittimo e che modifica la direttiva 1999/35/CE del Consiglio e la direttiva 2002/59/CE del Parlamento Europe e del Consiglio.


Consiglio di Stato – Sentenza 19.10.2020, n. 6304
L’errore di fatto revocatorio è configurabile nell’attività preliminare del giudice, relativa alla lettura e alla percezione degli atti acquisiti al processo quanto alla loro esistenza ed al loro significato letterale, ma non coinvolge la successiva attività d’interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni, ai fini della formazione del convincimento. Insomma, l’errore di fatto, eccezionalmente idoneo a fondare una domanda di revocazione, è configurabile solo riguardo all’attività ricognitiva di lettura e di percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza e al loro significato letterale, per modo che del fatto vi siano due divergenti interpretazioni, quella emergente dalla sentenza e quella emergente dagli atti e dai documenti processuali; ma non coinvolge la successiva attività di ragionamento e apprezzamento, cioè di interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande, delle eccezioni e del materiale probatorio, ai fini della formazione del convincimento del giudice.
Così si versa nell’errore di fatto di cui all’art. 395, n. 4, c.p.c. allorché il giudice, per svista sulla percezione delle risultanze materiali del processo, sia incorso in omissione di pronunzia o abbia esteso la decisione a domande o a eccezioni non rinvenibili negli atti del processo; ma se ne esula allorché si contesti l’erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali o di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o di un esame critico della documentazione acquisita.
In tutti questi casi non è possibile censurare la decisione tramite il rimedio - di per sé eccezionale – della revocazione perché altrimenti verrebbe a dar vita ad un ulteriore grado del giudizio, non previsto dall’ordinamento.

Avv. Bruno Castaldo





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