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OTTOBRE 2020 PAG. 24 - Sistema logistico, necessario un disegno organico


 

La risposta del sistema logistico all’emergenza pandemica è stato articolato e tutto sommato positivo rispetto alla capacità di reggere ai livelli di domanda. Si sono registrati alti e bassi nei flussi: alla diminuzione di alcuni segmenti dell’export industriale è corrisposto, ad esempio, la grande crescita dell’e-commerce. Per il prossimo futuro bisognerà mettere mano ad un disegno organico più strutturato, sia sul versante degli interventi su procedure, risorse, tempistiche sia su quello infrastrutturale. È il tema centrale legato all’uso del Recovery Fund che andrà sviluppato in modo coerente, senza cedere agli eccessi delle richieste particolari ma dando priorità agli asset fondamentali». Luigi Merlo, presidente di Federlogistica, parla della situazione delicata che affronta il comparto a margine dell’Assemblea di Assoporti tenutasi a Napoli. 


Sull’adeguamento infrastrutturale qual è la strategia da seguire nei prossimi anni?
Come Federlogistica portiamo avanti una battaglia non recepita a livello generale: l’adeguamento infrastrutturale in funzione dei grandi cambiamenti climatici che sempre più si manifestano con fenomeni catastrofici. Sotto questo aspetto siamo in ritardo rispetto a realtà come USA ed Olanda registrando gli effetti negativi delle tempeste nei porti, delle ferrovie allagate, delle strade che crollano. Come federazione siamo impegnati nell’evidenziare questa emergenza: insieme ad Enea stiamo implementando uno studio per raccogliere gli elementi su cui ragionare per una strategia complessiva sul tema.      
Cosa pensa della riforma portuale?
Per giudicarla in modo serio andrebbe attuata nella sua pienezza. Invece è venuto a mancare il suo asse principale: il coordinamento che doveva portare a quella sorta di piano regolatore nazionale che è la vera esigenza del paese. Insieme ad una radicale revisione delle procedure e dell’assetto delle concessioni. Sotto questo aspetto auspico un dialogo maggiore tra mondo portuale a Autorità dei Trasporti per evitare distorsioni competitive pericolose.        


La battaglia sull’autoproduzione, come la giudica?
Condotta come una battaglia di principio non credo fotografi la vera situazione italiana. In fondo, quante sono le autorizzazioni concesse in Italia? Il problema vero è dove l’autoproduzione è condotta al di fuori delle regole. Il che dimostra che il tema è essenzialmente di vigilanza. Forse andrebbero aumentate le risorse a disposizione degli enti preposti al controllo. Detto questo va allo stesso tempo scongiurato il rischio di un monopolio del mercato sul lavoro di banchina per evitare un’esplosione delle tariffe. Serve equilibrio. Anche qui mi auguro un maggior dialogo tra armatori e sindacati. 


Discorso valevole anche per le Culp?
Le Compagnie svolgono un ruolo strategico perché la flessibilità nei porti sta crescendo. Sono necessarie misure in grado di garantire l’equilibrio, fermo restando l’applicazione nelle varie realtà portuali delle previsioni di legge, con accurate verifiche dei piani occupazionali. Questione dirimente considerando l’accelerazione che la pandemia ha impresso all’automazione in molti porti del nord Europa. Il rischio vero, anche se in Italia il fenomeno è meno pressante, è quello di non sostituire i posti persi in banchina con quelli necessari alle nuove applicazioni tecnologiche. 


Periodicamente si richiede l’istituzione di un ministero del mare, cosa ne pensa?
A luglio la Francia ha scelto di ripristinare questo dicastero e dovremmo seguire l’esempio. Anche perché non si parla abbastanza della scadenza fissata dall’Ue, il prossimo 21 marzo 2021, per la definizione dello spazio marittimo. Serve una regia della attività legate alla blue economy, il fatto che possa verificarsi uno sbilanciamento del ministero dell’Ambiente rispetto al MIT mette a repentaglio la competitività del comparto e la possibilità di dare risposte organiche alle sue esigenze.   


Il futuro della logistica?
Il tema vero della logistica italiana non credo sia la mancanza dei grandi campioni nazionali. È una concezione fin troppo localistica rispetto al contesto globalizzato in cui si muove il settore. Piuttosto bisognerebbe creare le condizioni di mercato per attrarre i grandi player. Una regia pubblica forte serve proprio per questo.

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