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OTTOBRE 2020 PAG. 22 - La trasformazione del porto di Monfalcone in seno all’AdSP


Entrato nella sfera amministrativa dell’AdSP di Trieste dall’inizio dell’anno il porto di Monfalcone sta vivendo un importante periodo di trasformazione, puntando a costituirsi come un polo di riferimento per l’Adriatico, e non solo, nel comparto delle merci varie. Protagonista di questo nuovo dinamismo, anche la CPM – Compagnia Portuale di Monfalcone, guidata da un apprezzato manager come Giancarlo Russo che sottolinea caratteristiche e pregi del futuro nuovo scalo. «Il passaggio dalla precedente gestione, costituita da regione Friuli Venezia Giulia, azienda speciale della Camera di Commercio di Gorizia, Consorzio allo sviluppo economico e Capitaneria di porto, ha rappresentato un importante snellimento amministrativo e un’opportunità per tutte le realtà produttive interessate ad investire: contare su un solo referente, come l’AdSP, rende i processi decisionali più semplici e permette di specializzare Monfalcone come polo dedicato dell’area portuale regionale». 


Quali saranno le caratteristiche operative del porto?
Sugli esempi positivi di Chioggia e Salerno si è optato per lo strumento dell’ormeggio preferenziale, molto più adatto per una realtà vocata alle merci varie. L’ente portuale sta valutando i piani operativi per la concessione dell’art.18 per una durata di dodici anni, altra soluzione che permette ai futuri concessionari di programmare in modo più efficace. Realizzata la razionalizzazione del layout dello scalo potranno essere ottimizzati i 680mila metri quadri di area portuale e la banchina lunga 1.386 metri. L’obiettivo è l’integrazione dei traffici con Trieste, anche in un’ottica di sviluppo logistico e intermodale. 


I principali traffici di Monfalcone?
Le attività riguardano il break bulk, i prodotti siderurgici e forestali a servizio di primarie realtà industriali del territorio. Nell’ultimo periodo a causa del Covid è rallentata l’importazione per le bramme che arrivano dall’Ucraina, destinate ai laminatori di Porto Nogaro, e la movimentazione di prodotti come la cellulosa. Nel complesso si tratta di circa 4 milioni di tonnellate di merci, di cui circa 3 lavorati dalla nostra CPM. 


Come nasce la società?
È stata fondata nel 2008 quando fu rilevata la vecchia compagnia portuale, di cui, per rispetto ad una storia fortemente radicata sul territorio, si è preferito mantenere la denominazione. Ad oggi operiamo con circa 80 unità con un forte utilizzo continuativo dell’art.17: circa il 37% totale degli avviamenti complessivi. Tutti lavoratori fortemente motivati e pienamente formati per affrontare le caratteristiche peculiari della nostra attività. 


In cosa consiste questa caratterizzazione?
A differenza del traffico container, caratterizzato da modelli operativi standardizzati, la gestione delle merci varie comporta una maggiore flessibilità. La manipolazione è più complessa e l’handling, per fare un esempio, cambia da nave a nave, a seconda delle condizioni della stiva. Questo comporta una conoscenza approfondita dei processi di movimentazione, trasferimento, stoccaggio. Non a caso siamo specializzati anche nel project cargo, con collegamenti anche di lunga percorrenza per il Messico e gli USA. 


Per il futuro?
Riguardo lo zoccolo duro delle commodity confidiamo nella ripresa dei traffici post-Covid. Attendiamo poi la razionalizzazione delle aree art.18 per ottimizzare i processi operativi. L’obiettivo, in sinergia con l’AdSP, sarebbe quello di attrarre traffici da tutto l’Alto Adriatico attraverso una serie di investimenti al gate portuale, per offrire servizi alle merci, e il nostro terminal intermodale. Nell’ambito di un sistema portuale regionale siamo certi che i porti secondari, come può essere Monfalcone, possono giocare la loro partita nello sviluppo del territorio.

Giovanni Grande

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