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OTTOBRE 2020 PAG. 14 - Crisi, opportunità per aggredire i gap amministrativi


 

 A bbandonare le vecchie liturgie. Superare una frammentazione di posizioni basata più sulla forma che sul contenuto in favore delle reali esigenze del cluster. Per affrontare al meglio la seconda fase della crisi pandemica bisognerà andare oltre. Per Alessandro Ferrari, direttore di Assiterminal, vanno riviste le misure emergenziali messe in atto dal governo per il sostegno alla logistica, senza perdere di vista l’opportunità di aggredire in modo determinato i gap amministrativi che frenano il cluster. 


Assiterminal punta in modo deciso ad una riduzione dei canoni concessori, perché?
Si tratta di un capitolo importante per il bilancio di un’azienda e, fermo restando l’incertezza sulle condizioni di mercato per il 2021 e l’aggravamento delle condizioni finanziarie registrate quest’anno, di una leva importante per dare un pò di ossigeno al settore. Perché se è vero che il nostro mondo non si è mai fermato, neanche nel momento più acuto della crisi, è altrettanto vero che le misure per la sicurezza e i rallentamenti all’operatività ad essi collegati hanno comportato un’impennata dal punto di vista dei costi. Abbiamo anche quantificato il danno: si tratta di circa 200-300 euro per uomo al mese, non recuperabili. E in assenza del cuscinetto rappresentato per altri settori dagli ammortizzatori sociali, con la cassa integrazione che ha di fatto rappresentato una diminuzione del costo del lavoro. Un discorso che vale in modo drammatico per i terminal crociere che chiuderanno l’anno con un flessione del 92% in termini di passeggeri. Tra l’altro non si tratterebbe nemmeno di un aggiustamento emergenziale. 


Perché?
La situazione che scontiamo parte dalla mancanza di un vero regolamento sulle concessioni. Se esistesse l’aggiustamento sarebbe automatico, così come previsto dalle norme europee che prevedono il cosiddetto “riequilibrio economico finanziario” nel caso di un cambiamento delle condizioni di mercato dovute a causa di forza maggiore. Di fatto ci limitiamo a chiedere l’attuazione dell’art.18 della legge portuale e a garantire parità di regole di ingaggio per tutti i porti italiani.  


In merito alle condizioni del lavoro nei porti qual è la posizione di Assiterminal?
Intanto, alcune considerazioni preliminari. L’attuale crisi ha dimostrato la validità del regime di contratto collettivo nazionale che ha consentito ad aziende e lavoratori di operare all’interno di un quadro normativo omogeneo. Il che fa giustizia di tutti i passati discorsi sul salario minimo garantito: è il contratto di settore che copre questa esigenza. Così come quella della sicurezza. Il comparto ha dimostrato che in condizioni di emergenza la tutela del lavoro è pienamente garantita con le procedure messe in atto che hanno funzionato pienamente anche grazie alla responsabilità dimostrata dagli stessi lavoratori. C’è poi un tema di carattere generale su cui andrebbe aperta una discussione e su cui stiamo lavorando da tempo: il lavoro portuale va considerato, per la natura particolare della sua operatività, come usurante. Alla luce di un modello operativo che subirà inevitabilmente grandi modificazioni per effetto delle nuove tecnologie digitali, tale riconoscimento, peraltro del tutto legittimo, rappresenterebbe un importante strumento di svecchiamento degli organici. Anche per le Culp.  
Una risposta al fenomeno di automatizzazione delle banchine che arriva dal Nord Europa?
I porti del Nord Europa sono pochi, hanno una storia industriale diversa dalla nostra e possono contare sugli investimenti strategici dei rispettivi sistema-paesi. In Italia abbiamo una cinquantina di scali nei confronti dei quali non è mai stata fatto una scelta specialistica. Accelerare sull’automatizzazione significa contare su una notevole capacità finanziaria che in Italia non è possibile mobilitare. Un superamento di questa condizione potrebbe arrivare dall’uso delle risorse del Recovery Fund. Ma dovremo essere bravi a presentare progetti “a valore aggiunto”, cercando di rendere appetibili gli spazi retroportuali attraverso, ad esempio, una rimodulazione delle zone franche. La questione è la solita: essere una mera commodity infrastrutturata, attraverso cui far fluire i 10 milioni di Teu che intercettiamo, o costruire un meccanismo che permetta di lavorare le merci? Serve sostanzialmente cambiare prospettiva: guardare dai porti verso l’interno. 


Cosa non ha funzionato nell’istituzione delle ZES e delle ZLS?  
Bisognerebbe semplificarne la logica. Per funzionare le zone franche hanno bisogno di un vero credito d’imposta, di decontribuzione sul lavoro, almeno per un certo periodo, puntando replicare un po’ il modello dei distretti industriali. La sburocratizzazione? Ovvio che serve, ma come ottenerla se le zone sono zeppe di enti locali? 


In alcune dichiarazione ha espresso scetticismo verso il decreto Semplificazioni, cosa non la convince?
Intento lodevole ma ne è uscito fuori uno strumento troppo debole rispetto alle reali esigenze. Proprio perché viviamo una situazione di emergenza si sarebbe potuto osare di più. Certo c’è qualcosa di più sui dragaggi e le procedure amministrative ma resta disattesa la questione legata al codice degli appalti. In Italia è stata fatto una scelta paradossale: laddove nel resto d’Europa il codice non è altro che una emanazione delle direttive comunitarie noi vi abbiamo sovrapposto un processo normativo farraginoso che si basa sulla cultura del sospetto. Andrebbe cambiata la prospettiva, evitando di complicarci la vita partendo dal presupposto di essere malandrini. Di fronte ad una regola il concetto base è quello di seguire la legge. Per una stazione appaltante bastano poche regole e chiare: ai controlli e alla repressione il ruolo di allontanare le mele marce. 

  
Quali saranno le prossime iniziative di Assiterminal?  
Continueremo il nostro impegno per la questione delle concessioni. Lavoreremo per la creazione di un tavolo sul lavoro portuale, nel quale vorremmo si ragionasse anche di un ampliamento delle attività degli art.17. Ci impegneremo anche per rendere più semplici gli investimenti di Industria 4.0: l’iperammortamento è lo strumento migliore per garantire il finanziamento di interventi green. Non va dimenticata la questione della procedure d’infrazione che pende sui nostri porti in tema di tassazione dei canoni. Prima che la Corte europea scelga per noi sarebbe il caso di dare una risposta inequivocabile. Dal nostro punto di vista il regolamento sulle concessioni riuscirebbe a dare il necessario chiarimento anche sulla natura del nostro sistema portuale. Infine ci sono le iniziative per i nostri associati. 


Quali?    
Proseguendo l’impegno cominciato durante il primo lockdown siamo impegnati ad allargare il nostro network nei confronti di aziende terze in grado di offrire servizi a valore aggiunto in tematiche chiave come la consulenza finanziaria, la digitalizzazione, processi di modernizzazione o ammortamento dei beni. L’obiettivo finale è quello di unificare gli standard operativi, sulla falsariga del modello proposto da Zeno D’Agostino per Uirnet: valutare quello che c’è per costruire processi innovativi ispirati al concetto di interoperabilità. In un sistema in cui operano più di una dozzina di enti di vigilanza o amministrativi va anche bene usare strumenti diversi. Ciò che conta è che alla fine siano in grado di comunicare tra di loro.

Giovanni Grande

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