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NOVEMBRE 2020 PAG. 52 - SRM, Settimo Rapporto Annuale effetti pandemia sullo shipping

 


L’impatto economico della pandemia da Covid produrrà un calo stimato del trasporto marittimo mondiale del 4,4% con un “rimbalzo” nel 2021 del 5%. Le ultime previsioni sul segmento container (la proxy più vicina al commercio internazionale in quanto esprime per lo più il traffico manifatturiero) evidenzia un calo del 7,3% nel 2020 che porta a chiudere l’anno realizzando 742 milioni di TEU movimentati nei porti mondiali: un ritorno ai volumi del 2017. Allungando le previsioni al 2024 la movimentazione container dei porti a livello mondiale dovrebbe crescere ad un tasso medio annuo del 3,5% fino ad arrivare a 951 milioni di TEU (a livello di aree mondiali Europa +2,3%, Africa +3,3%, Far East +3,9%, Middle East +4,5% e Nordamerica +2,3%). Sono solo alcuni dei trend fissati dal Settimo Rapporto Annuale “Italian Maritime Economy” di SRM (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo). 


Il Rapporto 2020 analizza, in particolare, gli impatti della pandemia sul nostro sistema logistico-marittimo e i vari aspetti con cui il fenomeno si sta manifestando: accadimenti importanti come le blank sailing (il fenomeno ha raggiunto a fine maggio 2,72 milioni di TEU, pari all’11,6% della capacità totale di stiva: SRM stima 7 milioni di TEU persi a livello globale per il 2020); il ritorno allo slow steaming (il World Fleet Average Speed Index di Clarksons – considerando 100 il livello del 2008 – ha mostrato che le flotte navali hanno percorso, nel periodo della pandemia, le rotte ad una velocità di circa 20 punti inferiore a quella base); la riduzione dei passaggi del Canale di Suez (nei prime cinque mesi dell’anno le containership hanno registrato un sensibile calo: -15%; bene invece gli altri settori: oil, +11% e dry, +42%); la nuova configurazione dei traffici mondiali, con la crescita della “rotta artica” e il rallentamento di parte dei progetti inclusi nella BRI. “Il nostro paese – sintetizza SRM – con il Mezzogiorno in prima fila, deve migliorare l’efficienza portuale e valorizzare la sua catena logistica. ZES, ZLS e intermodalità possibili chiavi per il rilancio in una visione sostenibile”. 


«Mettiamo in risalto come la pandemia stia cambiando la geografia delle relazioni economiche mondiali viste attraverso la lente dei traffici marittimi,» sottolinea Massimo Deandreis, Direttore Generale SRM. «Lo scontro commerciale Cina-Usa visto dalla rotta del Pacifico, il rallentamento della Belt and Road Initiative e dell’export cinese, l’impatto sul Canale di Suez e l’emergere di rotte alternative sono elementi che influenzano direttamente anche gli scenari del Mediterraneo e la portualità del nostro Paese. Siamo in una fase di regionalizzazione della globalizzazione ed emerge chiaramente l’importanza strategica di investire per una portualità e una logistica efficiente e integrata con le reti europee. L’Italia è un ponte naturale tra Europa e Sud Mediterraneo per energia e logistica. Recuperare questo ruolo è una priorità nazionale coerente con l’interesse europeo e il Recovery Fund deve essere la spinta determinante a fare quegli investimenti che si aspettano da anni».


Dall’analisi il volume di SRM ha desunto una serie di riflessioni e proposte per il prossimo futuro.  
Più Trasporto Ferroviario
Fattore su cui puntare con forza, anche in prospettiva futura, è l’incentivazione al trasporto ferroviario, ritenuto più sicuro, rapido e meno soggetto a file ed attese ai controlli. Il ferro rappresenta un’opportunità da cogliere anche perché può traportare una quantità di merce maggiore rispetto ai Tir e rappresentare il giusto raccordo per far ripartire il traffico nazionale ed internazionale. A titolo di esempio, le aziende, secondo le analisi di SRM, per raggiungere il porto e viceversa, utilizzano ancora marginalmente i collegamenti intermodali (certo anche per mancanza di infrastrutture). Per l’83% delle imprese la principale modalità di collegamento è “la strada”; il restante 17% utilizza la combinazione strada/ferrovia.


Far decollare le opere immediatamente cantierabili nei porti. Prevedere un intervento sblocca-porti che agisca su un panel di infrastrutture portuali “ad alto impatto economico”
SRM ha stimato, analizzando un panel di programmi operativi portuali (POT) oltre 4 miliardi di euro in opere portuali in vari stati di avanzamento e di varia dimensione. Sarebbe ipotizzabile riproporre l’analisi per individuare e censire quindi quali sono le opere ad alto impatto economico ed a quale stato della progettazione esse si trovino per impostare su di esse una ripartenza senza vincoli burocratici.
Impostare la programmazione dei fondi strutturali 2021-2027 prevedendo un grande rilancio dei porti del Mezzogiorno
Il Coronavirus ha messo in evidenza come due punti strategici siano, in primo luogo, quello di avviare processi di digitalizzazione delle procedure portuali e quindi di evitare quanto più possibile contatti umani (fermo restando quelli ineliminabili) e, in secondo luogo, come illustra il Rapporto, puntare su integrazione infrastrutturale e quindi favorire lo sviluppo della ferrovia e dell’intermodalità; questo però richiede l’impiego di grandi risorse. Perché allora non prevedere con i Fondi UE per il Mezzogiorno strategie mirate verso i porti del Sud e renderli ancor più competitivi? Gli scali meridionali movimentano merci per oltre il 42% del totale nazionale. Hanno l’esperienza di un territorio che utilizza il mare per il 62% del suo import-export. Puntare sulla portualità meridionale e sul sistema logistico del Sud potrebbe essere una soluzione per rendere più competitivi i nostri porti e, allo stesso tempo impostare una Virusexit strategy.


Rilancio immediato delle Zone Economiche Speciali e delle Zone Logistiche Semplificate per dare impulso ulteriore agli investimenti imprenditoriali
Al momento questi strumenti, pur decollati in punto procedurale, sembrano anch’essi in una fase di “stallo tecnico” per la mancanza di decreti di attuazione che rendano operativi alcuni provvedimenti sulla semplificazione amministrativa. Lo strumento, SRM lo ha ribadito in tanti suoi studi, ha come obiettivo l’attrazione di investimenti industriali in un territorio rivolti a portare traffico portuale ed import ed export marittimo. Sembra che l’impatto economico che questi possano portare non sia stato pienamente recepito.


Rilancio immediato delle Zone Franche per stimolare l’import ed export
Le ZES non sono strumenti che producono effetti nell’immediato, ma servono per aumentare la credibilità di un sistema portuale e logistico e, se ben integrati con Zone Franche portuali possono avere effetti importanti per un territorio attraverso l’esenzione di IVA e dazi per le merci extra UE e dando la possibilità di stoccare merci in magazzino in attesa della ripresa del mercato; uno stimolo al commercio internazionale non da poco.


Incentivare l’outsourcing e l’uso di clausole contrattuali che favoriscano le nostre imprese logistiche
Stime effettuate da SRM-Contship su un panel di 400 imprese manifatturiere evidenziano come la maggior parte delle aziende esternalizzi la logistica; nel caso dell’export l’69% delle imprese, per l’import il 49%. Questo dato mostra la chiara opportunità che il nostro sistema industriale offre a chi è specializzato nel settore e come si debba insistere in tale direzione. Il dato precedente e le opportunità offerte vengono mitigate dall’analisi delle clausole contrattuali utilizzate dalle aziende stesse: prevale la resa Ex-works (cosiddetta franco fabbrica e cioè costi e rischi del trasporto a carico del compratore) che viene applicata nel 67% dei casi. Questa tendenza indica l’intenzione sempre più marcata dell’impresa a non occuparsi di ciò che accade al di fuori del proprio perimetro, ma a cedere quindi al cliente (estero nel caso dell’export) tutti gli aspetti della filiera logistica e questo potrebbe rappresentare un rischio proprio per le nostre aziende portuali-logistiche.

Paola Martino

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