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NOVEMBRE 2020 PAG. 36 - La centralità dell’Adriatico nel nuovo contesto geopolitico


 

È indubbio che i recenti lavori di Suez hanno restituito al Mediterraneo la sua storica centralità politica congiuntamente al suo primato economico e commerciale sia sui mari che sugli oceani. Infatti basta sfogliare uno dei tanti interessantissimi studi economici della SRM (Studi e Ricerche per il Mezzogiorno) della San Paolo per comprendere che il tasso di crescita commerciale degli scambi nel Mediterraneo stia migliorando a dei livelli incredibili surclassando addirittura quelli asiatici legati a dinamiche oceaniche. Per cui tali lavori sul suolo egiziano si configurano in pieno come eccezionali acceleratori storici, economici e politici che hanno reso in maniere indiscutibile le dinamiche mediterranee straordinariamente fluide e difficilmente prevedibili. La rinnovata centralità mediterranea, se da un lato ha definitivamente convinto la Cina ad accelerare il suo processo di trasformazione da potenza regionale tellurocratica in potenza mondiale talassocratica dall’altro, ha fatto sì che molte nazioni s’inserissero negli spazi politici ed economici lasciati liberi dagli Stati Uniti d’America.
Questo vuoto di potere ha fatto si che nazioni come la Cina, la Russia, la Turchia e gli Emirati Arabi Uniti, ma anche Arabia Saudita e Iran cercassero di ampliare notevolmente le proprie zone d’influenza sia economiche che politiche nell’area mediterranea-mediorientale. Naturalmente tutto ciò è stato concretizzabile non solo a causa del disinteresse americano per l’antico Mare Nostrum, ma anche grazie all’incapacità dell’Unione Europea d’esprimere una vera e propria coerente politica estera unitaria preferendo lasciare tale prerogativa agli antichi appetiti delle singole nazioni come Francia e Germania.

 La mancanza di una vera e propria regia politica europea in comunione con la conduzione di politiche estere personalistiche delle nazioni dell’antico continente e la mancata creazione di un vero e proprio esercito comune che potesse schierare in breve tempo una vera forza d’impiego rapido ha lasciato buon gioco alle audaci ed intelligenti politiche espansive di nazioni come la Turchia e la Russia che da anni, oramai, dettano le tempistiche politiche ed economiche mediterranee a scapito spesso degli interessi nazionali francesi, grechi, egiziani, israeliani e naturalmente italiani. Proprio l’antica nazione dominatrice Mare Nostrum sembra affetta da una sorta di strana apatia politica navale e marittima, un vero e proprio assurdo se si considera la sua posizione geografica, la sua economia, la sua storia, ma soprattutto la sua totale dipendenza dall’elemento mare. È indubbio che gli ultimi anni siano stati caratterizzati dall’eccezionale ecclettismo e dinamismo turco. Tale dinamicità si può spiegare, se pur brevemente, solo attraverso una serie di fasi tutte di eccezionale interesse e strettamente collegate tra loro. In primis sembrerebbe indispensabile osservare come la Turchia sia riuscita a sviluppare i suoi tanti interessi sia adoperando una direttrice orizzontale che in pratica va dal Maghreb sino all’Armenia ed una verticale che va dall’alto Tirreno e Adriatico sino all’Oceano Indiano passando e consolidandosi nel Mar Rosso.


 Naturalmente per chi scrive tutto non avviene in modo casuale. Infatti la Libia nel piano turco-russo è di straordinaria importanza non solo per consolidare la linea espansiva orizzontale, ma anche e soprattutto quella verticale. Infatti se con la Libia la Turchia si consolida nel Mediterraneo centrale, cosa che accade anche per la Russia, dall’altro consolida la direttrice verticale mettendo a sistema il porto libico di Misurata con Marsiglia (tramite la compagnia Cma Gcm), il neo acquisto italiano di Taranto e i porti albanesi di Valona e Durazzo e naturalmente il porto maltese di Marsaxlokk. Per cui leggendo, se pur rapidamente, la cartina geografica Mediterranea si comprende come l’Adriatico torni ad essere un mare di assoluto interesse economico e geopolitico non solo per l’Italia e la Cina che già da qualche tempo si è mostrata interessata ai porti di Venezia e Trieste. Già nel 2014 la Turchia, attraverso il colosso Yilport, aveva mostrato un forte interesse per quello di Brindisi, passione che dopo l’acquisizione strategica di Taranto da parte sua sembrerebbe essere destinata a scemare. Il recente ampliamento dei trattati tra Turchia e Albania parrebbero dare forza a questa ipotesi. In fondo è bene ricordare che l’antico stato dei sultani conduce ambiguamente non solo i suoi rapporti con la Nato, ma anche con il colosso cinese. Infatti se dal un lato non disdegna di fornire all’antico impero asiatico posizioni logistiche di assoluto interesse nel Mar di Marmara (Ambarli) e non solo, dall’altro consolida la propria penetrazione economica e portuale posizionandosi a ridosso delle basi cinesi nell’antico mare. Con il consolidamento nel Mar Mediterraneo centrale tramite l’acquisizione dei porti libici la Russia e la Turchia rafforzano la propria presenza in Adriatico vera arteria per il commercio mitteleuropeo assoluto viatico economico. Per cui nell’antico e ristretto mare una volta dominato dalla Serenissima Repubblica di Venezia compaiono le nuove potenze emergenti intenzionate a sfruttare al massimo le strutture logistiche portuali non solo come strumenti di crescita economica, ma soprattutto come elementi esogeni di pressione geopolitica. Naturalmente è impensabile che Russia e Turchia possano andare oltre ad una politica economica contenitiva del gigante orientale, ma come accennato in precedenza, basta leggere la cartina geografica dei recenti posizionamenti portuali per comprendere che Russia e Turchia non sono per nulla intenzionate a lasciare la leadership Mediterranea alla Cina. Se da un lato quindi la Turchia sfrutta la proiezione cinese imprestando le proprie strutture logistiche ai colossi come la Cosco, dall’altro la sua recente capacità di ampliare la sua zona d’influenza è assolutamente data dalla sua partnership politica con Mosca, la quale comunque è intenzionata a non far crescere troppo il colosso cinese nel Mar Mediterraneo. In queste dinamiche geopolitiche s’inserisce a pieno titolo l’Adriatico che ha il pregio di essere l’autostrada per il commercio con l’Europa centrale. In questa direzione va letta l’acquisizione tedesca del porto di Trieste, un porto che storicamente e culturalmente è mitteleuropeo. L’acquisizione da parte della tedesca HHLA (Hamburger Hafen und Logistick AG) consente di legare i traffici provenienti dalla Belt and Road Initiative al Northem Range europeo e quindi alla Northenweast Route chiudendo un circuito economico e commerciale di assoluta importanza strategica. Sorprende l’immobilismo della classe politica ed imprenditoriale italiana, poiché proprio nell’Adriatico “o si viene dominati o si domina” come sosteneva il duca del Mare Paolo Thaon de Revel. 


Certo in questo caso parliamo di dominio economico, ma non potrebbe essere diversamente in un periodo di guerra economica come quello a cui stiamo assistendo. Finalmente l’annosa e fondamentale questione delle ZEE è approdata in Parlamento, ma di certo questo non basta per affrontare le prossime sfide. Sosteneva Schopenhauer che “la realtà è creata da un atto di volontà”.
Ebbene prendendo in prestito l’assioma dal filosofo tedesco noi potremo modificare l’attuale preoccupante realtà economica, geopolitica e commerciale italiana solo se riusciremo come atto “volontario” a dotarci di tutti quegli istituti, quei studi e quelle energie indispensabili per affrontare le prossime sfide economiche e per fra questo bisognerà partire proprio dall’Adriatico per concentraci nel levante e giungere finalmente all’oceano Indiano.


                                                                                                                                  Alessandro Mazzetti

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