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SETTEMBRE 2020 PAG. 32 - Venezia, garantire il futuro nonostante le difficoltà attuali


Le difficoltà attuali del porto di Venezia non sono dovute tutte all’emergenza economico innescata dalla pandemia da Coronavirus. “Ci sono fattori preesistenti, strutturali, che l’emergenza sanitaria ha solamente amplificato. È da lì che bisogna partire per garantire il futuro ad uno scalo, che nella difficoltà ha dimostrato di essere resiliente e pieno di potenzialità”. È il pensiero di Alessandro Santi, presidente degli agenti marittimi del Veneto. 


Dove nascono i problemi dello scalo lagunare?
Scontiamo una serie di criticità che ci portiamo dietro da troppo tempo. La prima di queste è l’accessibilità nautica dovuta ai mancati dragaggi. Siamo in attesa del nuovo “protocollo fanghi” che, come annunciato dal ministro Costa, dovrebbe arrivare in autunno. Potrebbe essere l’occasione per sbloccare definitivamente la questione che per l’operatività del porto è dirimente. 


Quali sono gli altri temi da affrontare?
Va risolta la questione della “convivenza” con le navi da crociere. Per gran parte dell’opinione pubblica si tratta di bubbone da debellare. E invece le “navi bianche” rappresentano un’opportunità, non solo per la categoria ma per tutta l’economia cittadina. È grave che a partire dal 2012 il susseguirsi di diversi governi non abbia sciolto il nodo di dove e come far arrivare queste navi in città. C’è un’incertezza che impedisce una programmazione seria e la dimostrazione arriva in questo periodo in cui, piano piano, il settore turistico sta riprendendo l’attività. Venezia, tra i porti principali del Mediterraneo, è rimasta esclusa. Va poi discusso in profondità la questione MOSE.


Perché?  
Con l’entrata in funzione del sistema di salvaguardia della Laguna avremo il primo esempio di porto regolato, con chiusure temporanee degli approdi. Stiamo lavorando assiduamente con l’ente portuale su questo aspetto, così come su quello, altrettanto importante, delle nuove regole per il rinnovo delle concessioni.  


Come escono le attività portuali dalla tempesta Covid?
Lo scalo ha dimostrato di essere resiliente. D’altro canto è il punto di riferimento logistico di un importante regione manifatturiera votata all’export. I traffici siderurgici e rinfuse, ad esempio, hanno tenuto bene mentre il calo dei container è imputabile anche alla perdita della linea diretta con la Cina. Pesa senza dubbio l’azzeramento delle crociere. In sintesi ci lecchiamo le ferite nella consapevolezza che risolvendo i problemi strutturali di cui prima ci sarebbero tutte le condizioni per una ripresa duratura. 


Cosa possono fare gli agenti marittimi come categoria per favorire questa ripresa?
Stiamo lavorando moltissimo sulla questione del porto regolato e sul concetto portato avanti a livello europeo del “port of call optimisation”. Come agenti siamo in possesso di tutte le informazioni primarie che riguardano le toccate delle navi. Queste ultime possono essere utilizzate per l’ottimizzazione dei parametri di impatto ambientale ed efficienza operativa delle operazioni navali. Sapere in anticipo della chiusura del Mose permetterebbe di indicare ad una unità un rallentamento della velocità, evitando eccessivi consumi di carburante e attese in rada con le macchine accese. In Nord Europa questi temi vedono già le prime applicazioni dell’intelligenza artificiale. Noi ci stiamo attivando per condividere le nostre informazioni all’interno del port community center. 


E per il futuro?
Risolte le problematiche strutturali del porto potremo recuperare la linea diretta con Far East e impegnarci in un’efficiente opera di marketing territoriale. Le potenzialità ci sono tutte. Sia nel settore container sia nel project cargo, dove Venezia rappresenta un’eccellenza. Qui, ad esempio, con un’estensione delle autorizzazioni operativa h24 potremmo ulteriormente espandere i servizi dello scalo.

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