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LUGLIO 2020 pag. 10 - North Sea Route stravolgerà le rotte transoceaniche?







La quasi totalità dei traffici lungo la rotta artica sono collegamenti di trasporto marittimo di corto raggio, a carattere stagionale. Complice lo scioglimento dei ghiacci tra il 2011 e il 2019, questa movimentazione di short sea shipping è cresciuta del 134% medio annuo, raggiungendo 31,5 milioni di tonnellate. Secondo le stime ante Covid-19, il traffico avrebbe dovuto aumentare fino a raggiungere i 100 milioni di tonnellate nel 2030. E la tendenza è confermata anche dai dati registrati nel periodo della pandemia: tra gennaio e aprile 2020 si è avuta una crescita dei passaggi nella NSR (North Sea Route) del +15% rispetto al 2019.

Bastano questi dati a confermare l’idea di uno stravolgimento radicale sul medio-lungo periodo delle attuali rotte marittime transoceaniche? Le gerarchie del commercio internazionale – e del suo cuore pulsante: la logistica – saranno stravolti dagli indubbi vantaggi in termini di tempo e distanze che la Rotta Marittima Artica assicura nelle relazioni tra i porti del Far East con quello del Northern Range?
Sono le domande cui cerca di rispondere il lo studio realizzato da SRM e Intesa Sanpaolo “Climate change impact, Maritime and Economic scenario, Geo-strategic analysis and perspectives”, che fornisce una visione complessiva delle reali potenzialità di sviluppo di questa rotta alla luce dell’impatto sul cambiamento climatico e dei recenti accadimenti connessi al Covid-19.
L’analisi – presentata in anteprima nel corso di un webinar internazionale – osserva da varie angolazioni il tema dello sviluppo della Rotta Marittima Artica: gli scenari internazionali delle grandi rotte, gli aspetti geo-strategici, quelli connessi al climate change e alcuni risvolti normativi.
«La rotta artica è un tema che va al di là del suo significato economico ed include aspetti geopolitici, riflessioni sui cambiamenti climatici e sugli aspetti normativi necessari ad assicurare che l’unicità dell’ambiente di quella regione sia preservata» ha confermato Gian Maria Gros-Pietro, Presidente di Intesa Sanpaolo. «La questione da affrontare è come, e in che misura, rendere lo sviluppo economico compatibile con l’obiettivo della sostenibilità del pianeta perché, in questo momento anticipare il futuro è diventata una necessità del presente».

Sul globo sono disegnate tre “vie” principali che attraversano la calotta polare: il passaggio a Nord Ovest (NWP), la Rotta Marittima Transpolare (TSR) e la Northern Sea Route (NSR). Il Passaggio a Nord-Ovest (NWP) attraversa l’arcipelago nord canadese unendo l’Atlantico e l’Oceano Pacifico; la Rotta Marittima Transpolare (TSR) taglia drasticamente attraverso il Polo Nord ed è coperta da ghiaccio perenne, quindi al momento è un ipotetico transito; la Northern Sea Route (NSR) è quella con maggiori potenzialità grazie a condizioni climatiche più agevoli ed alla possibilità di collegare l’Asia e l’Europa da Nord.

«La rotta artica ha oggi una dimensione regionale; nel porto russo di Sabetta si concentra il 55% della movimentazione totale,» ha spiegato Massimo De Anderis, Direttore Generale di SRM. «Ma c’è una chiara tendenza a sviluppare anche la sua dimensione transoceanica per collegare Asia ed Europa, prospettiva che va letta in relazione alle ingenti riserve energetiche di petrolio e gas e al crescente interesse della Cina. Uno sviluppo che deve però fare i conti con il rispetto di un ecosistema ambientale unico e molto sensibile. Difficilmente questa rotta diventerà una vera alternativa a Suez e alla centralità del Mediterraneo ma è importante studiare cosa accade e osservare le dinamiche in corso».

Nel 2019, la NSR è stata aperta ai transiti (cioè ai traffici di lunga percorrenza) per il 30% dell’anno da luglio agli inizi di novembre per un periodo di circa 14 settimane. In realtà però se si guarda alla movimentazione complessiva vi è una attività molto più intensa che si verifica anche in mesi più freddi. I transiti internazionali di lungo raggio che percorrono l’intera rotta e che quindi rappresentano solo una parte della movimentazione complessiva hanno raggiunto quasi 700 mila tonnellate nel 2019.

A frenare uno sfruttamento “intensivo” della rotta, soprattutto questioni di origine tecnica e i costi, ancora troppo alti. Intanto, c’è un’oggettiva questione di avversità ambientale che impedisce l’uso di unità commerciali di grandi dimensioni (a differenza di Suez) cui vanno aggiunti i costi per i rompighiaccio e la mancanza lungo il percorso di servizi e infrastrutture di riferimento. L’impiego di una portacontainer da 10mila TEU comporterebbe, inoltre, una serie di adeguamenti strutturali per garantire il rispetto della normativa Polar Code.

Lo studio ha stimato che per andare da Rotterdam a Shanghai la NSR sia più veloce rispetto allo stesso viaggio tramite il Canale di Suez con un risparmio del 20% pari a circa una settimana di viaggio (e circa il 40% più veloce dal Northern Range al in Giappone pari a circa due settimane in meno). Ciononostante difficilmente potrà essere un’alternativa al Canale che rappresenterà ancora la via più conveniente da seguire per i traffici verso l’area Mediterranea.
Più adatta a traffici del tipo automotive, piuttosto che alle flessibili soluzioni di scala del settore container, la Rotta Artica, come sottolineato da De Andreis, si avvia «ad uno sviluppo complementare rispetto al Mediterraneo».

Poco appetibile per i grandi player commerciali – nonostante ciò la Cina ha incluso l’Artico nella sua strategia BRI, con Cosco che risulta il carrier più attivo con il 19% dei transiti complessivi – la vera “vocazione” della NSR sta nell’essere già un importante “corridoio energetico”, in   particolare per il GNL che rappresenta uno degli asset strategici di grande prospettiva dello shipping; La U.S. Geological Survey stima difatti che le risorse fossili nella regione ammontino a 90 miliardi di barili di petrolio, circa 1.700 trilioni di piedi cubi di gas naturale e 44 miliardi barili di GNL. Cifre di rilievo concentrate soprattutto in Russia che detiene il 70% delle risorse di Gas e il 41% di Oil dell’Artico. Non a caso nuovi investimenti infrastrutturali si stanno realizzando nel percorso della rotta artica in particolare nella penisola di Yamal nel Nord-Ovest della Russia.

Yamal LNG è uno degli investimenti per l’estrazione di Gas Naturale Liquefatto più importanti del Mondo. Il progetto quasi completato (98,1%) ha richiesto un investimento di oltre 30 miliardi di dollari ed ha attualmente tre impianti in attività. Tra il 2017 e il 2019 (periodo di attività) l’impianto ha prodotto oltre 27,2 milioni di tonnellate di LNG.

Un progetto “gemello” denominato Arctic LNG-2 è in corso. Interessa un investimento totale di 21 miliardi di dollari e una produzione stimata di 20 mln di tonnellate di GNL all’anno entro il 2023. Anche grazie a questi ingenti investimenti, i traffici di GNL stanno crescendo e tra gennaio e maggio 2020, 224 viaggi di navi GNL sono stati realizzati, diretti soprattutto verso il Belgio (35%), la Francia (24%) e l’Olanda (13%).

«L’Artico è rimasto per decenni un’area pacifica e di collaborazione» sintetizza Giovanna Paladino, Responsabile della Segreteria Tecnica di Presidenza di Intesa Sanpaolo. «Oggi i cambiamenti climatici e l’eventuale sfruttamento delle risorse energetiche rendono possibili nuove dinamiche geopolitiche che lasciano aperta la questione se la regione diventerà terreno di competizione o cooperazione internazionale, anche alla luce degli eventi collegati alla diffusione del Covid-19.
La pandemia, infatti, non solo ha portato con sé la più grave crisi di sempre ma ha anche influenzato profondamente le relazioni tra gli Stati interessati all’Artico, fornendo all’Europa l’occasione di proporre, in modo più incisivo, un approccio di sviluppo equilibrato e coerente con elevati standard di preservazione e difesa dell’ambiente».
                                                                                                                                Giovanni Grande
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