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MAGGIO2020 PAG. 15 - La crisi apre ad un intervento pubblico poco virtuoso


Da liberale convinto guarda con diffidenza il nuovo protagonismo statale in economia. «La crisi economica post-Covid 19 sta accelerando un nuovo interventismo pubblico che in Italia rischia di essere declinato con modalità poco virtuose». Alessandro Laghezza, imprenditore il cui gruppo è entrato da poco nella top rank delle aziende logistiche italiane, alla guida di Confetra Liguria, non manca certo di chiarezza. E in più di un’occasione ha espresso le sue perplessità sulle scelte messe in atto in questo periodo per il rilancio del sistema Italia.

Cosa non la convince dell’intervento statale in economia?
Al di là delle convinzioni culturali, quelle che mi portano a preferire uno stato leggero, impegnato principalmente nel regolare i meccanismi del mercato, sono preoccupato dalle modalità con cui si agisce. C’è una tendenza, direi tipica italiana e abbondantemente confermata anche nei recenti provvedimenti, a favorire la sopravvivenza di situazione decotte, vedi il caso di Alitalia o di Tirrenia. Da noi l’intervento pubblico è associato per lo più a inefficienze e clientelismo. Laddove servirebbero interventi produttivi e di reale sostegno economico spunta la poltrona o il posto in consiglio di amministrazione.

Eppure in tutta Europa gli Stati intervengono pesantemente per favorire la ripresa…
Con una differenza sostanziale: una cosa è pompare liquidità nel sistema, altra è puntare ad entrare nelle proprietà delle aziende quando non proprio a nazionalizzarle. L’idea di supporto economico pubblico, che non contraddice i principi liberali di cui dicevo, dovrebbe partire da un concetto semplice: restituire all’impresa, in questo momento di grande difficoltà, parte di ciò che l’azienda ha versato in tutti questi anni. Ovviamente con regole molto precise ma evitando sia di partecipare al capitale sia di imporre vincoli, penso al divieto di licenziare, che interferiscono sulle politiche aziendali in modo troppo invasivo. 

Quali sarebbero le priorità per il settore logistico?
Da anni viviamo la consapevolezza che il grande rilancio del comparto deve fare leva su infrastrutture e semplificazioni. Non so se l’attuale crisi racchiuda anche l’opportunità per ripensare in meglio il sistema. Ciò che è certo è il poco destinato alla logistica dal Decreto Rilancio. Insieme a vincoli che paradossalmente mettono le imprese nella situazione di non poter accedere alla cassa integrazione ma anche di non poter licenziare. Il meccanismo di rinnovo sull’indennità di disoccupazione, per dire, lascia scoperto un periodo, come quello estivo, in cui di certo non ci saranno recuperi di traffico. 

In tema di semplificazione è fautore di una estensione del modello Morandi?
A Genova ha funzionato. Ma allo stesso tempo non possiamo nasconderci, come ricordano gli indicatori della World Bank, che in Italia esiste un rischio corruzione da non sottovalutare. Le regole servono ma non ha senso l’attuale spalmatura di strati burocratici in funzione preventiva. Le opere devono comunque poter andare avanti: a posteriori si pensi a prendere i mariuoli.

Come giudica il rapporto con l’Europa?
È vissuto su posizioni squisitamente ideologiche e questo non fa certo bene al nostro Paese. Dovrebbe essere chiaro invece che l’Unione Europa ci ha tenuto in vita fino ad ora con il respiratore artificiale del quantitative easing della BCE. L’Italia fuori dall’Europa alle prese con un mondo globalizzato è un’idea senza senso. Però dobbiamo essere bravi a cogliere le opportunità che questa partnership può offrirci. E l’unica soluzione è quella di una presenza sempre più competente e qualificata.

Cosa vede nel futuro sul breve-medio periodo della logistica?
Il calo dei traffici a livello mondiale proseguirà presumibilmente anche nel secondo semestre. Questo significa una perdita complessiva per il sistema italiano vicino al 30%. In mancanza di strumenti concreti e flessibili non credo che molte aziende reggeranno all’urto. Ci avviamo verso una forte selezione, in particolar modo per il comparto dell’autotrasporto. Al settore in questi mesi si è chiesto molto in termini di difficoltà operative ed economiche. Purtroppo sta venendo a mancare un sostegno adeguato.

                                                                                                                                             G.G.
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