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MAGGIO 2020 PAG. 46 - Il ritardo dei porti italiani nella dotazione di depositi gnl


La recente operazione di rifornimento ship to ship di Lng nel porto di Marsiglia Fos tra la nave gasiera Carol Methane e la Costa Smeralda di Costa Crociere, la prima del genere nello scalo francese, ha riproposto la questione della dotazione infrastrutturale dei porti italiani per la fornitura di carburanti alternativi. Il numero di unità che hanno scelto il gas naturale liquefatto come propulsione in grado di garantire un netto abbattimento delle emissioni è in forte crescita e la provvisoria battuta d’arresto che seguirà alla pandemia da Coronavirus, con una presumibile flessione dei traffici e accordi delle compagnie con i cantieri per ritardare il rilascio delle nuove navi, potrebbe paradossalmente rappresentare un’occasione per recuperare il tempo perduto dalla penisola come potenziale piattaforma di rifornimento per il Lng.

Va in questa direzione, ad esempio, il progetto presentato da Ionio Fuel per la realizzazione di un deposito di LNG (Gas naturale liquefatto) da 20mila metri cubi da realizzare nella periferia nord di Crotone. Proposta, peraltro, finita al centro di una interrogazione parlamentare avanzata dalla Senatrice Elisabetta Barbuto (M5S).
Obiettivo del piano è quello di rendere la città calabrese protagonista del processo di transizione energetica in atto a livello internazionale e fare del suo porto un punto di riferimento per le attività marittime del Mediterraneo. 

L’impianto punta a sfruttare la posizione baricentrica di Crotone rispetto alle rotte marittime tra il Canale di Suez e Gibilterra (circa un quinto dei traffici commerciali a livello mondiale), facendone il fulcro di un settore che vede l’Italia in grande ritardo. Al momento, infatti, la penisola è sguarnita a livello di infrastrutture di rifornimento per questo tipo di unità che devono rivolgersi verso i porti francesi (vedi il caso di Marsiglia Fos) e spagnoli. Il deposito di Crotone, al centro del Mediterraneo, tra il mar Tirreno e l’Adriatico, riuscirebbe a colmare proprio questa lacuna, offrendo tutta una serie di vantaggi collaterali per il territorio. 

«Il lungo iter di valutazione del progetto ha seguito tutti gli step previsti dalla normativa italiana» sspiega Luigi Vartuli, amministratore di ionio Fuel, replicando alle contestazioni avanzate sul progetto. «Il terreno individuato, tra l’altro, è di proprietà privata e su di esso abbiamo firmato un preliminare condizionato all’ottenimento di tutte le autorizzazioni per la realizzazione successiva».
Il progetto ha ottenuto riscontri anche a livello internazionale. Lo scorso novembre è stato presentato alla Quinta edizione di Qitcom 2019, fiera internazionale di Doha dedicata alla Information Technology, in relazione ad un innovativo piano (Hekate) per la produzione di biometano dal trattamento dei rifiuti solidi urbani.

«L’impianto di Crotone – sottolinea Vartuli – è predisposto anche per le operazioni di rigassificazione. Il Gnl prodotto in Quatar garantirebbe un 10% di quota derivante dal biologico rendendo più attrattivo sotto il profilo ambientale l’impiego di questo tipo di carburante. Senza considerare le conseguenze in termini di diversificazione delle fonti e di concorrenzialità del mercato derivanti dall’apertura di un deposito in grado di alimentare un sistema di rifornimento per navi, veicoli pesanti e attività industriali lungo uno degli assi principali delle reti Ten-T».

Così come concepito il deposito non alterebbe in nessun modo la linea paesaggistico-ambientale dell’area crotonese, offrendo, anzi, un’occasione per lo sviluppo ulteriore delle sue attività ricettive. «Nulla viene tolto alle attività turistiche di Crotone. Le centinaia di operatori impiegati quotidianamente per le operazioni di carico e scarico, la manutanzione e tutte le altre fasi operative legate all’impianto garantirebbero maggiori presenze anche nei momenti di bassa stagione».
Guardato con favore dalla locale Confindutria e da Assocostieri il progetto, intanto, si appresta ad affrontare gli ultimi passi dell’iter burocratico di autorizzazione.

«Con la valutazione di impatto ambientale le procedure arriveranno in Regione per un parere di competenza per poi trasferirsi al Mise. A questo punto potrà prendere corpo l’accordo raggiunto con una primaria azienda a livello nazionale del settore energetico per concentrarci sulle fasi operative dell’intervento».
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