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MAGGIO 2020 PAG. 22 - L’assenza di cultura marittima danneggerà il futuro dell’Italia


«Uno Stato collocato in mezzo al Mediterraneo ha il dovere di dare il più ampio sviluppo alle risorse navali valendosi degli elementi di forza delle nuove provincie» queste sono le parole del conte Cavour appena concluso il progetto unitario. Per tale motivo volle tenere a sé il ministero della Marina nella speranza di dare quell’impulso necessario per valorizzare e creare il futuro del giovane Regno d’Italia proprio attraverso il mare. La prematura morte del conte e i tanti problemi post-unitari non consentirono sempre una continuità politica a tale progetto. Una verità storica oltre che economica per il Belpaese che dalla sua genesi a oggi continua ad essere dipendente dal Mare. Una correlazione totale già nota nei documenti della Marina Militare prima della Grande Guerra che è costantemente aumentata nel tempo con lo sviluppo del commercio marittimo e del sistema economico mondiale. Sorprende, per cui, non solo la mancanza di sensibilità per un tema così centrale per la vita nazionale, ma anche un’atavica e storica assenza di cultura marittima e navale da parte della nostra classe dirigente. Per tali motivi negli ultimi anni si sono viste realizzare leggi incerte e timide riforme che non hanno consentito al settore del cluster marittimo nazionale di svilupparsi ed espandersi come sarebbe stato desiderabile. Tale situazione, già di per se non desiderabile, ha assunto un valore d’eccezionale preoccupazione da quando il covid 19 ha agito come acceleratore di una crisi economica che aveva dato le sue prime importanti avvisaglie a settembre dell’anno scorso. Infatti non tutti ricordano che già nella prima decade del mese dedicato al segno zodiacale della Vergine sia la Federal Reserve che la BCE (quest’ultima quasi in gran segreto) hanno dovuto stampare carta moneta. Un segno evidente delle difficoltà di un sistema economico che fatica ad assorbire le tante accelerazioni in corso determinate anche e soprattutto dai mutamenti mercantilistici e commerciali sviluppatesi dalle aperture delle grandi rotte. Naturalmente il sistema mercantilistico e tutte le sue reti d’interconnessione sono la colonna portante del sistema economico mondiale per cui sarebbe buona norma prestargli particolare attenzione. In fondo anche Odisseo scese negli inferi per consultare l’indovino Tiresia. Ma in Italia la scarsa cultura navale e marittima ha fatto sì che spessissimo tale comparto sia stato abbandonato a se stesso. Un avvenimento che se reiterato comporterebbe non solo un danno permanente all’economia italiana, ma che farebbe scivolare inevitabilmente l’Italia tra le medie potenze senza possibilità di ripresa. Troppo ed eccessivamente complesse sono le sfide attuali. Infatti se sin ora il nostro cluster è riuscito a sopravvivere dando buona prova di sé nonostante i tanti oblii governativi le nuove esigenze e le imminenti sfide vanificheranno i buon risultati ottenuti. È indispensabile che a livello governativo si forniscano quei strumenti indispensabili per consentire non solo la sopravvivenza a tale settore, ma anche e soprattutto una crescita costante e di sviluppo nel tempo. Le aperture delle nuove rotte (le Artiche e la Bri), lo sviluppo tecnologico che sta già rivoluzionando il mondo della propulsione navale, l’aggressività politica, commerciale ed economica di Cina, Turchia, Giappone, Gran Bretagna, Russia, Egitto, Emirati Arabi, la realizzazione delle Zone Economiche Esclusive sono sfide che il cluster nazionale non potrà affrontare da solo senza l’aiuto del governo concretizzabile non solo con normative specifiche, fondi e sgravi fiscali, ma anche e soprattutto con un’azione riformista che aiuti la creazione di rapporti internazionali per difendere ed accrescere le linee commerciali. In pratica un progetto e una strategia politica ed economica che veda i ministeri del MAE, del MIT e quello dello Sviluppo Economico coordinati in un’azione unica che tuteli, protegga e potenzi tutti i settori economici del cluster marittimo non solo nel breve, ma soprattutto nel medio e lungo periodo. L’insipienza governativa degli ultimi tempi di crisi, con il conseguente abbandono del settore trasporto apre invece scenari a dir poco apocalittici, poiché all’immobilità italiana altri paesi hanno reagito con aiuti concreti e politiche di defiscalizzazione. È superfluo ricordare che in un mondo economico così complesso perdere posizioni commerciali significa dover lavorare il doppio per rendere la metà. Un rischio che il nostro sistema paese, non può e non deve correre.
Alessandro Mazzetti
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