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FEBBRAIO 2020 PAG. 64 - LIBRI



Il sogno di Cecilia. Una nave rosa attraverso l’oceano.

Cecilia Eckelmann Battistello, Aldo Innocenti. Mondadori Electa.

“Ci sono dei momenti nei quali l’onda della vita ti porta su, è lei stessa che spinge la vela, il vento spira nella stessa direzione, gonfia lo spinnaker e vai. Al timone ci sei tu, ma è l’energia del vento e del mare che ti conduce lontano e hai quella incredibile e pericolosa sensazione di governare le forze della natura”. È la primavera del 1978 quando Cecilia Battistello, in un pomeriggio assolato e frenetico, fa una scoperta fondamentale: lei è una di quelle persone che partono. La grande famiglia che l’ha accolta già da qualche anno è Contship, storica compagnia italiana che ha abbracciato, tra le prime al mondo, la rivoluzione del container. Contship gestisce linee marittime e trasporti ferroviari e con Cecilia è pronta a spostare, non per l’ultima volta, una sua sede: dalla Svizzera all’Inghilterra. Veneta di nascita, proveniente da una famiglia numerosa e molto unita, Battistello lascia a vent’anni la sua terra per intraprendere un viaggio le cui tappe si snodano per tutto il mondo. Dal Marocco all’Australia, dall’Egitto all’India, gli uffici di Cecilia sono i porti, la vista dalla finestra è il mare. Imperterrita risolve situazioni difficili in luoghi in cui la diplomazia è indispensabile: prima il Libano, poi la Siria e anche la Nuova Caledonia. Il commercio e la cultura si intrecciano così in un mémoire che è anche lo spaccato della vita d’azienda, rigorosamente “on the road”. Unica donna in un mondo maschile dal sapore internazionale, Cecilia arriverà a ricoprire ruoli di grande responsabilità in qualità di presidente della più antica Conferenza Marittima che regola gli scambi commerciali con Inghilterra, India, Pakistan, Bangladesh, Ceo di Contship e ancora presidente della Federation of European Private Port Operators (Feport). Nel 1992, una nave rosa carica di container, salpando, suggellerà la storia della sua carriera di successo.  

Guerre corsare nel Mediterraneo

Salvatore Bono. Il Mulino.

Intanto la distinzione tra pirati e corsari che da tempi immemorabili e sino all’età moderna hanno esercitato in diversi mari del Mediterraneo una guerriglia che mirava alla cattura di merci e di beni di altri naviganti, ed anche di esseri umani da ridurre in schiavitù a proprio vantaggio o per farne vendita. I primi svolgevano la loro attività in forma del tutto autonoma e a proprio esclusivo profitto, “senza rispettare restrizioni o regole imposte da altri”; i secondi agivano di fatto nello stesso modo attaccando le loro vittime “ma erano autorizzati a farlo da governi o istituzioni dello stato al quale appartenevano e dovevano rispettare condizioni e limiti precisi”. “I corsari richiedevano e ottenevano infatti una patente, o “lettera di corsa”, da autorità statali deputate, e potevano perfino essere organizzati e diretti dagli stessi governi di stati sovrani, secondo procedure e regole ben definite”. In realtà, le sfumature rendevano i confini tra le due attività molto meno netti. E, all’interno di questa ambiguità, dove si poteva passare a seconda delle convenienze politiche, del rovescio di un’alleanza, o semplicemente per desiderio di ricchezza, dal ruolo di “terrore dei mari” ad eroe o viceversa, è ricostruita la storia di un Mediterraneo inquieto. Nelle acque e lungo le coste del Mare Nostrum, soprattutto fra la sponda cristiana e quella musulmana, dal Cinque al Settecento imperversò una lunga “guerra di corsa”. Né pirati né predoni, ma guerriglieri del mare, i corsari erano in gran parte maghrebini insediati ad Algeri, Tunisi e Tripoli. Le città da cui muovevano, le navi con cui operavano, le regole, le pratiche, i rituali, come veniva spartito il bottino, come era organizzato il commercio delle prede e degli schiavi: il libro descrive gli usi della guerra corsara e ne ripercorre le vicende principali, con uno sguardo alla poco conosciuta attività dei corsari europei (italiani, francesi, maltesi, spagnoli) contro gli stessi europei. Fino ad una conclusione non scontata: pur se segnata da ostilità e conflitti, la storia del Mediterraneo, permeata dalla guerra, “costituisce un’esperienza e un’eredità che possono e devono divenire terreno di dialogo, comprensione, amicizia.



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