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FEBBRAIO 2020 PAG 44 - Svincolare le grandi opere con il concetto di “sistema”



Superare l’idiosincrasia tipica del dibattito italiano sulle grandi opere adottando il concetto di “sistema”. Intermodalità e grandi opere, l’interfaccia fisica e virtuale che porta all’armonizzazione delle reti, l’integrazione tra le infrastrutture e i cluster tecnico-industriali sono le tre componenti cruciali per assicurare il futuro logistico del Paese. Quali prospettive da qui al 2030?

Marco Campomenosi (Parlamento europeo). La questione dei divieti austriaci ai Tir italiani in Brennero «non riguarda solo la Camera di Commercio di Verona o il sistema produttivo del Nord Est ma tutta l’economia del paese». A fronte della poca preoccupazione rispetto alle scelte del governo di Vienna da parte della Germania bisogna capire «quali sono i veri interessi dietro le posizioni restrittive fin qui applicate». «Certo è anche una questione di clima politica. Quasi tutte le forze austriache si sono schiarate a favore dei blocchi ma, considerando le misure a favore degli operatori del Tirolo vanno verificate, a livello europeo, possibili conseguenze distorsive sulle nostre imprese». Così come sul tavolo europeo bisognerà giocare «con maggiore attenzione ed energia» la partita che riguarda il futuro sul regime tributario delle AdSP e, in prospettiva, il tema della maggiore integrazione logistica della Svizzera. «Si sta discutendo con attenzione sull’ipotesi di poter sdoganare le loro merci nei porti italiani, potrebbe essere un’occasione importante. A patto di prendere scelte rapide su alcune questioni di fondo: il binario unico tra Genova e Ventimiglia è un tema strategico. Così come quello delle opere accessorie ai Corridoi delle TEN-T». 
 
Silvia Moretto (Confetra). Italia logistica 2030. Connettività e sostenibilità, due sfide da vincere. La connettività, sia in termini di qualità delle infrastrutture disponibili sul territorio, sia di quantità di numero di nodi connessi e di servizi offerti in ogni tipo di modalità, è il concetto cardine di qualsiasi strategia che consideri l’Italia come hub logistico globale. «Ma non è solo un problema di infrastrutture materiali. Decisive saranno anche quelle immateriali». Essenziale per cogliere l’obiettivo sfruttare l’opportunità che ci pone al centro del Mediterraneo, area dove sono concentrati il 30% dei servizi di linea a livello mondiale, e la nuova strategicità di Suez, guardando soprattutto all’Europa: sia «come connessione al principale mercato di riferimento» sia per proporci «come injection point dei trade overseas». Su cosa puntare? Innanzitutto sulla risoluzione di alcune urgenze infrastrutturali non più derogabili: Terzo valico di Giovi e il nodo ferroviario di Genova; interventi ferroviari di ultimo miglio; terminal ferroviario di Milano smistamento; tunnel del Brennero e nodo ferroviario di Verona; Linea Napoli – Bari. «Oggi la competizione tra imprese si gioca sulla velocità di accesso ai mercati nazionali ed esteri, sull’efficienza delle catene logistiche e sul prezzo di vendita dei prodotti». E sotto questo aspetto la ricerca di una maggiore sostenibilità può rappresentare un nuovo fattore di competitività per le imprese se giocato su due fronti: «la ricerca di soluzioni a basso impatto ambientale per la gestione delle catene logistiche e la promozione presso i consumatori della necessità di scelte logistiche consapevoli». «Non tutti i modelli distributivi sono sostenibili. Tempi e frequenza delle consegne generano costi: minore è il tempo, maggiore è la parcellizzazione, maggiore è il costo economico e ambientale. Il settore della logistica deve imparare a raccontarsi per comunicare con chiarezza a imprese clienti e grande pubblico le opportunità e le criticità che derivano dalle proprie scelte logistiche e di consumo, che non sono mai neutrali».

Oliviero Baccelli (Università Bocconi). Il ruolo dei traffici transalpini per l’integrazione europea del settore manifatturiero e della portualità italiana. «4 dei 5 Paesi più rilevanti per l’economia italiana sono oltre le Alpi. Sono oltre 58.600 le imprese in Italia definibili medio-grandi esportatori. L’export manifatturiero vale oltre 444 miliardi di euro nel 2018 di cui il 73,2% esportato dalle Regioni del Nord Italia. Il sistema portuale del Nord Tirreno e del Nord Adriatico è il più vicino alle zone industriali della Germania». Partendo da questo contesto emerge «la crescente rilevanza per l’economia italiana del ruolo degli interscambi internazionali di beni manifatturieri, soprattutto per le regioni del Nord Italia». E, soprattutto, i rischi derivanti da un sistema troppo sbilanciato sul tutto strada, modalità caratterizzata da costi crescenti e progressiva irrilevanza delle imprese italiane di autotrasporto. Un sistema di interscambio dipendente dalla modalità stradale infatti «penalizza l’economia italiana a causa dell’incapacità di inserire elementi di valore economico per il Paese a causa dell’alto livello di outsourcing ad imprese dell’Europa Centro orientale». «Lo shift modale permetterebbe un allungamento della catena del valore per le imprese nazionali negli interscambi. La conferma arriva direttamente dalla Banca d’Italia secondo cui «i trend dei costi sostenuti nelle fasi di import ed export del trasporto su strada sono crescenti, mentre quelli ferroviari al ribasso, grazie ad efficientamenti organizzativi e tecnologici». I vantaggi sotto l’aspetto ambientale, occupazionale, sociali ed economici necessitano però di una visione di sistema integrato fra assi transalpini e sistemi portuali. «In assenza della nuova linea Torino-Lione, al 2030 la frontiera fra Italia e Francia sarebbe l’unica a livello di UE 28 non dotata di standard europei nel settore ferroviario, minando la logica di rete di valenza europea in uno dei punti più importanti del core network».

Fabrizio Dallari (LIUC). Fattori di successo nella collocazione di un hub logistico. Dove collocare gli hub logistici? Quali sono i fattori che determinano le scelte? Si possono mettere a punto strumenti per misurare il grado di attrattività logistica di un’area? Il punto di partenza appare scontato: «Il mercato guida le scelte. Si guarda ai costi, ovvero alla situazione infrastrutturale, e all’affidabilità dei servizi». «L’opzione per un determinato assetto logistico è connaturata alla natura dell’attività: i punti che si vedono su una mappa non sono altro che il risultato di scenari che puntano verso una sola direzione: l’ottimizzazione della supply chain». Attualmente il mercato immobiliare, dopo un profondo periodo di crisi, sta vivendo una nuova primavera. «Le costruzioni di nuovi immobili stanno esplodendo in zone che non possono essere definiti come veri e propri poli ma piuttosto dei cluster, aggregazioni regionali». È il motivo per cui, ad esempio, Piacenza e Novara appartengono di diritto a quella che è stata definita Regione Logistica Milanese. «Milano e i porti liguri si potrebbe dire non sono alleati ma fidanzati». Ma quale è la posizione della RML rispetto ad analoghe aree europee? Su quali fattori bisognerà puntare per accrescerne l’attrattività? «Dal set di indicatori realizzati per la determinazione di un nostro indice regionale emerge senza dubbio la questione dei costi di nolo, che ha raccolto il 50% delle segnalazioni da parte delle imprese, seguite da efficienza, al 30%, e accessibilità, 24%». Dati che combinati con la maggiore dotazione infrastrutturale di aree come Catalogna e Baviera invitano a puntare maggiormente sulle opere di connessione e raccordo. «Inutile avere 13 terminal caratterizzati da grande capacità se poi non sono accessibili alla rete europea».
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