Header Ads

FEBBRAIO 2020 PAG 41 - Competitività e competizione dei corridoi logistici




Le due facce della medaglia del “sistema logistico” e dei nodi e delle tratte che lo compongono. Analisi degli elementi concorrenti che determinano il vantaggio competitivo o la diseconomia di porti, interporti, ferrovie e strade considerati come reti, connessioni di sistema e attori economici. 

Riccardo Fuochi (Propeller Club Milano)
. Aprire il container: le lavorazioni come nuova variabile della competitività di un hub logistico. Digitalizzazione, verticalizzazione delle attività dei carriers, sviluppo dell’e-commerce e applicazioni dell’AI sono solo alcuni dei fattori che stanno cambiando le attività di spedizione e logistica, facendo sparire alcune attività tradizionali per sostituirle con nuove professionalità e modalità operative. Ma nello scorrimento continuo dei container non bisogna perdere di vista la componente fisica delle merci. «E’ all’interno degli scatoloni che c’è il valore aggiunto. E per metterlo a frutto servono piattaforme logistiche integrate, o almeno collegate con l’intermodalità, per offrire i servizi alla merce». Il semplice transito di un container vale circa 200-300 euro: «ma se lo apri e scarichi il suo valore arriva a 800-1000 euro, addirittura a 7-8mila se sottoponi la merce al ‘ciclo logistico completo’». L’esempio tipico è quello dell’abbigliamento: controllo etichettatura, packing, distribuzione finale, fino alla “reverse logistic”, ovvero il recupero di valore dai prodotti che hanno concluso il loro ciclo di vita, sono solo alcune delle operazioni che potrebbero garantire ricchezza e, nonostante la robotizzazione e l’automazione dei processi, occupazione. Ma quali sono le condizioni per sfruttare questa opportunità? «La necessità di un’alleanza tra settore logistico e manifatturiero non è più rinviabile. Intanto, perché lo sviluppo delle attività logistiche, con la domanda di impianti e tecnologia, fa lavorare l’industria. Ma anche per il plus di competitività che può garantire ai prodotti italiani destinati all’export». Infine l’adeguamento tecnologico delle nostre PMI. «Gli incentivi destinati alle nostra aziende sono frazionati, non riescono a garantire margini di manovra rispetto alla concorrenza dei big players nei processi di personalizzazione e specializzazione per i clienti finali. Andrebbero canalizzati per realizzare piattaforme comuni».  

Marco Conforti (Confetra)
. Logistica: è sufficientemente strategica per una regolazione europea?
In un paese come l’Italia, tenuto in piedi nell’ultimo decennio dalle attività import-export, la logistica mette insieme oltre 100mila imprese, un milione di addetti, per una fetta del PIL che raggiunge il 9%. «Un fattore sostanziale a supporto dei veri valori di crescita economici nazionali». Ne consegue una necessità di tutela garantita da regole comuni e super partes che facciano i conti con le criticità del contesto europeo e nazionale e interpretino al meglio i cambiamenti dei mercati. “L’occasione persa” con il tentativo di regolamentazione sui Foreign Direct Investment, via via svuotata e indebolita nei suoi presupposti originari, dovrebbe far riflettere sulle priorità da perseguire. La situazione che ne è emersa «favorisce accordi bilaterali con stati membri “deboli”; non valuta effetti economici e politici, accesso e controllo a settori strategici; non dà nè traguarda regole di proporzionalità e omogeneità tra Stati; non traguarda reciprocità con 3i». Ancora peggio nel caso della BER, esenzione dalle regole antitrust che nel corso degli ultimi 20 anni «ha perso tutti i caveat che verificavano la presenza dei vantaggi per l’intera catena logistica». «Contestata da clienti e fornitori, qualora prorogata senza una analisi adeguata, andrebbe a certificare le attuali posizioni dominanti». Per quanto riguarda l’Italia c’è un eccesso di regolazione e sovrapposizione di competenze. «L’obsolescenza degli strumenti regolatori mette a rischio la competitività degli operatori». Tra le azioni da considerare: adeguamento degli ambiti amministrativi e regolatori ai reali scenari operativi; ribilanciamento della domanda e offerta Servizi Handling (es. Art 18.7 L84/94; nuovi strumenti di controllo e accesso alle infrastrutture critiche, compresi i corridoi.

Alberto Lisatti (AdSP Mar Adriatico Settentrionale). Continentale e marittimo: un mix possibile? L’idea di corridoio ha senso solo se concepito come inizio di una diramazione di capillari. «Non conta il collegamento in se ma mettere insieme le sinergie territoriali». Illuminante ciò che è accaduto a Venezia: «Dopo anni di tentativi per l’organizzazione di un servizio ferroviario verso il Nord Europa abbiamo scoperto che a Treviso, a 20 chilometri dal terminal, un servizio del genere era già attivo da almeno una decina d’anni via Rostock per la Svezia». Sostituire dunque il tradizionale concetto di flusso di merci per via marittima con quello di «unità di carico che nascono all’interno di un territorio e che si spostano verso un altro territorio». E’ il “modello Duisburg” che combina traffico continentale e traffico marittimo in un mix che si autosostiene. «D’altronde già la riforma della legge 84/94 prevede sviluppi in questa direzione: sono tutti gli attori del territorio che devono prendersi la responsabilità di mettere in rete i due modi creando una massa critica. È il cosiddetto modello di “offerta sicura” tipico del settore ro-ro: se un autotrasportatore perde un traghetto sa che potrà imbarcarsi sul collegamento successivo». Da qui l’idea di creare veri e propri  portali ICT per questo tipo di offerta, piattaforme comuni che superino definitivamente la fossilizzazione dei porti nelle proprie statistiche». 

Francesco Parola (Università di Genova). I TEN-T, i corridoi e le regioni logistiche in Italia. L’Italia del cargo ferroviario si muove a due velocità con un Centro Nord che registra buone performance in presenza dei grandi centri urbani e logistici in prossimità della pianura padana e un Centro Sud in cui è concentrato meno di un quarto dei traffici totali della penisola. «I grandi assenti sono comunque i porti che, fatte le debite eccezioni, non dimostrano capacità di muoversi all’estero attraverso la ferrovia». Considerando il quadro nella sua totalità emerge inoltre come l’80% del totale movimentato sia appannaggio di un 20% degli scali. «Dato che dimostra il bisogno di una razionalizzazione ma anche che laddove il sistema regge si riescono a determinare le ‘economie di scala’». Tra i problemi rilevanti la “risposta” da terra all’evoluzione del mondo marittimo. «Mare e terra hanno difficoltà a dialogare a livello produttivo. Il gigantismo navale nell’ultimo decennio ha visto quadruplicare la capacità di carico: autotrasporto e ferrovia, con i tradizionali treni da 20-25 carri, segnano il passo». Da qui un’azione necessaria per garantire performance e condizioni adatte a servire un traffico proveniente dallo shipping che si prevede in forte crescita nei prossimi decenni (dalle tracce orarie non sufficienti al transit time ai treni “lunghi e pesanti”) che abbasserebbero l’attuale costo per TEU del 30-40%. «Non basterà porre rimedio alla obsolescenza della infrastrutture e all’adeguamento ai paradigmi del “treno europeo”. Servirà mixare i segmenti modali, adottare la filosofia hub and spoke, ottimizzare i flussi». Un’idea potrebbe essere la condivisione degli spazi retroportuali tra vari scali e, con l’aiuto pubblico, sostenere una strategia nel periodo intermedio incentrata sui dry port laddove è più difficile arrivare direttamente sulle banchine. «Sul versante istituzionale è arrivato il momento di invertire l’ottica: vanno progettati prima i servizi delle infrastrutture. Giocare inoltre di anticipo nella pianificazione, attivando il monitoraggio e la manutenzione dell’infrastruttura su gomma».  

Paolo Guglielmetti (Pwc). I Corridoi del Core Network TEN-T: stato dell’arte, le sfide da affrontare ed il contributo alla mobilità sostenibile. «Sul completamento dei corridoi europei si rischia di incappare nel meccanismo delle infrazioni. Di fatto un’impresa potrebbe denunciare la mancata operatività delle infrastrutture nei tempi previsti come ostacolo al perseguimento dei suoi piani di industriali». Il paradosso, non solo sulla carta, fa luce sulle future dinamiche della revisione delle reti Ten-t e sulle nuove richieste progettuali. «Avanzare piani per ulteriori sezioni a quello che già è stato finanziato significa aumentare il carico degli obblighi. Tra l’altro in una situazione dove già si fa fatica a completare ciò che è programmato». Al completamento del Corridoio Mediterraneo 8 (uno dei quattro che attraversano l’Italia) mancano alcuni dei target indicati, come la capacità di sostenere i treni da 750 metri. «Rispetto agli attuali 550-600 metri in linea di massima si può fare comunque bene ma l’adeguamento rende possibile la piena omogeneità con tutta la rete europea, allargando gli scenari operativi. I ritardi maggiori riguardano soprattutto connessioni con le altre modalità di trasporto, a cominciare dagli aeroporti». Più avanti la realizzazione del Reno-Alpi, storicamente caratterizzato da una maggiore collaborazione tra i soggetti attuatori e occasione per far decollare l’area logistica padana. «Il traguardo vero sarà collegare le reti al traffico mondiale che, ad ogni modo, sarà monopolizzato dalla modalità marittima con il mercato della Cina. I porti vanno riorganizzati per accogliere i flussi e vanno visti non come i terminali del sistema ma come il link tra questo e la Via della Seta». Attenzione anche agli adeguamenti tecnologici. «Le reti non devono rispondere solo a target infrastrutturali ma attrezzarsi per garantire il dialogo tra i differenti sistemi: una multimodalità delle connessioni digitali». 

Fabrizio Vettosi (Venice Shipping and Logistics). Come guardare il sistema logistico italiano? Analizzando le quote della nostra terminalistica chi rappresenta il nostro competitor diretto, il northern range o la sponda sud del Mediterraneo? Nel dibattito sul futuro del paese non vanno dimenticate le caratteristiche proprie al mercato del Nord Europa e alla struttura produttiva italiana, caratterizzata da più poli di consumo e industriali. «L’obiettivo è difendere innanzitutto i flussi che si sviluppano in prossimità dei grandi distretti a Nord e al Sud della penisola, rispettivamente con i settori della trasformazione e dell’agroalimentare. Attorno a questi poli vanno costruite supply chain efficienti». Tenendo conto che l’Europa rappresenta il principale alimentatore del nostro traffico pur con una crescita negli ultimi anni del “dialogo logistico” con Asia e America. «Considerando gli effetti delle economie di scala, con un risparmio del 30% sul costo per singolo container nel passaggio da unità da 5mila TEU a una da 20mila, registriamo ancora performance insufficienti. Miglioriamo, invece, sul lato delle connessioni». In sintesi, siamo un paese «interessante da connettere, molto meno da attraversare». «Stando all’evoluzione dei dati dei traffici che attraversano le Alpi non siamo un ponte ma una barriera. Nonostante i famosi cinque giorni di navigazione in più, il Nord Europa rimane ancora concorrenziale a livello di costi rispetto ad una penisola che soffre la scarsa connettività interna». Avvicinando i poli produttivi e di consumo del Nord e del Sud del paese, «necessariamente attraverso la ferrovia», si potrebbe però difendere al meglio la nostra quota logistica che ci vede primeggiare nelle attività di cabotaggio nel Mediterraneo. Ed è qui, piuttosto che nella strategia di difesa dalla portualità del northern range fin qui perseguita, dovremmo puntare a svilupparci.
«La BRI, ad esempio, sta attivando importanti investimenti nei paesi dell’area MENA. Dovremmo prepararci ad intercettare i traffici futuri che ne scaturiranno piuttosto che concentrarci sui traffici del passato che non possiamo più recuperare».
Immagini dei temi di Bim. Powered by Blogger.