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FEBBRAIO 2020 PAG 36 - Assoferr: la ferrovia nastro trasportatore dell’industria


Il ferro come «un pezzo del sistema industriale». Se il territorio va  pensato in funzione di una ripartenza dell’attività manifatturiera, allora, la ferrovia va considerata come il «nastro trasportatore dell’industria». Irene Pivetti, presidente di Assoferr, aveva già annunciato nel corso dell’ultima edizione di Shipping, Forwarding & Logistic meet Industry, la sua “visione” circa lo sviluppo del trasporto merci su binario, anticipando l’apertura di una serie di tavoli tecnici in tutte quelle realtà in cui «anche con interventi modesti si possono liberare risorse logistiche in grado di servire interi comparti industriali».

La recente visita al porto di Livorno va in questa direzione aprendo una stagione di interlocuzione che porterà l’associazione degli operatori ferroviari e intermodali a confrontarsi con ambiti territoriali disparati dal punto di vista logistico e produttivo come Piacenza, Torino e Genova. Last but not least Taranto, simbolo di un’Italia che, «al di là dei corridoi europei, deve essere guardata tutta insieme, alla ricerca degli spazi infrastrutturali da valorizzare».

Due le condizioni alla base di questo “giro d’Italia del ferro” che vede coinvolta l’associazione in un’attività di collegamento tra i vari livelli di decisione che quando non sono perfettamente allineati frenano la competitività di interi territori: «la reale volontà politica e la determinazione imprenditoriale a mettere mano agli interventi necessari».

«L’Autorità di Sistema Portuale dispone di una progettualità organica e credibile» ha affermato Pivetti. «Livorno, con il suo porto, il retroporto e le sue attività industriali e distributive connesse, è una realtà che funziona e che è in grado di esprimere una forte leadership. Quello che serve adesso è realizzare quanto prima gli interventi infrastrutturali necessari a rilanciare i traffici e l’intermodalità». 

Un rilancio strategico a tutto tondo, quello sotteso dall’iniziativa di Assoferr, che parte dal panorama domestico per proiettarsi su quello intercontinentale. Un’iniziativa che insieme agli aggiustamenti infrastrutturali necessari dovrà per forza affrontare anche il tema della standardizzazione delle normative.

«Il modello di trading impostato dall’Italia negli ultimi anni va ripensato» ha sottolineato infatti Pivetti, tornando a quanto affermato a SFMI 2020. «Se la tendenza a volere prodotti di qualità certificata continuerà bisognerà allora affrontare uno sforzo gigantesco di armonizzazione normativa. Non solo non sarà più possibile risolvere la questione in house, come avviene oggi, ma da qui passerà il discrimine tra chi sopravviverà o meno. E in questo processo dovremo avere un peso negoziale».
A maggior ragione nel settore del trasporto chiamato a confrontarsi con standard regolamentari difficili da ridurre ad unità. «Si prenda, su una scala di prossimità, il caso della Svizzera. Come paese extra Ue ha tutto il diritto ad esercitare norme sovrane. Tuttavia trovandosi al cuore degli snodi logistici europei può determinare con ciò la possibilità o meno di accedere al suo territorio. Niente in contrario in linea di principio se si tratta di applicare condizioni favorevoli alla produzione di beni. Ma nel caso dei trasporti si tratta di garantire la competizione attraverso il suolo di un intero continente».   

Discorso analogo, ma con complicazioni ancora maggiori, portando il discorso su livello transcontinentale. «Non si tratta solo di chilometri ma di tempo. Anche se posseggo un’infrastruttura efficiente la non compliance normativa rischia di trattenermi. Hub extraeuropei iperstrutturati ma congestionati comportano sempre più ritardi e aumenti dei costi. Una diseconomia prodotta da mancanza di standard».
                                                                                                                                          Red.Mar.
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