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MAGGIO 2019 PAG.64 - LIBRI


Capitalismo immateriale - Stefano Quintarelli, Bollati Boringhieri

“Nel secolo XVII una libbra di pepe poteva essere comprata a Giacarta per una sterlina e rivenduta a Londra per 100. La differenza, tolti i costi di trasporto, andava tutta a chi aveva il controllo del mare”.

 Dal 1600 ad oggi il ruolo di gatekeeper esercitato allora dalla Compagnia delle Indie, su chi cioè concretamente esercita il potere di controllo sulla circolazione di beni, merci e servizi, è mutato radicalmente, adattandosi a diversi contesti e situazioni. Ma è in questi anni che sta registrando quello che con espressione fin troppo inflazionata si definisce cambio di paradigma. L’innovazione tecnologica sta conducendo l’economia verso un punto di non ritorno.

Lo spostamento d’asse dalla produzione materiale – nella quale si realizzavano beni tangibili – a quella immateriale – nella quale si instaurano intermediazioni – rischia di travolgere la precaria impalcatura di regole e condotte che hanno indirizzato fin qui, bene o male, le nostre esistenze. “Nell’economia immateriale produrre, riprodurre, archiviare e spedire informazioni non costa nulla”. Dato non scontato la cui conseguenza diretta, “la disintermediazione di operatori competitivi tradizionali e la loro reintermediazione algoritmica da parte di operatori dominanti, ciascuno in una nicchia di mercato, in un contesto di intrinseca asimmetria regolamentare”, produce pochi attori con fatturati che spesso superano quelli di una nazione.

 E una situazione inedita. Si compete per il mercato e non nel mercato. Una volta conquistata una leadership globale la contendibilità diventa pressoché impossibile, soprattutto perché in settori a crescita esponenziale, le norme antitrust non costituiscono più un incentivo sufficiente ad inibire i comportamenti distrosivi. È una sfida colossale. L’ultimo appello per la politica per ripensare dalle fondamenta gli strumenti -  fiscalità, welfare, diritti del lavoro, controlli di garanzia  - della convivenza comune.

BLOCKCHAIN GUIDA ALL’ECOSISTEMA - Nicola Attico, Guerini Next

Nel settembre 2017 il governo ucraino ha approvato la prima transazione immobiliare per un valore di 60 mila euro su piattaforma blockchain registrando senza l’intermediazione di terze parti amministrative il relativo contratto sul catasto nazionale. 
Nello stesso periodo venivano lanciate rispettivamente in Australia e Germania i progetti Power Ledger e LO3 per la creazione, gestione e ottimizzazione di rete locali per lo scambio di energia prodotta con tecnologie rinnovabili da singoli cittadini. 

L’anno successivo Maersk e IBM annunciavano l’avvio della collaborazione Trade Lens: più di 90 organizzazioni partecipanti (porti, vettori, autorità doganali) a una piattaforma condivisa per il tracciamento dei beni e dei flussi finanziari, integrando quelli che oggi sono compartimenti stagni all’interno delle aziende. Smaltita la sbornia delle cripto valute con l’imporsi dell’eco mediatica legata all’andamento finanziario dei Bitcoin, la tecnologia la cui portata rivoluzionaria è paragonata all’introduzione di internet sta rivelando sorprendenti capacità trasformative in molteplici ambiti. Un ecosistema mutevole e frammentato che viene analizzato e raccontato in tutte le sue sfaccettature e nei possibili impatti sulla vita di ognuno. 

Nata alla fine degli anni ottanta negli ambienti anarchici del cyberpunk la blockchain – libro mastro immodificabile e distribuito pubblicamente di tutte le transazioni avvenute – intravvede nell’uso della critpografia l’argine al dilagare del controllo centralizzato dei dati insito nell’architettura della rivoluzione digitale. Sviluppata, non a caso, attorno all’uso di valute alternativa – l’obiettivo utopistico: disintermediare il ruolo dello stato nel settore finanziario – la “catena di blocchi” vive oggi la sua dimensione 2.0 allargando a dismisura, con le sue applicazioni (dapp) e smart contract, gli ambiti di sperimentazione e applicazione. Dalla finanza alla distribuzione di beni e servizi, dai nuovi media al mercato dell’arte, dalle identità digitali alla governance politica, fino al web 3.0. 


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