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MARZO 2019 PAG. 53 - Caso Diciotti: un caso politico o giudiziario?


Il grande clamore che ha suscitato la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del Ministro Salvini stimola l’interesse ad un esame delle norme che regolano il soccorso in mare con riferimento al caso specifico.

Dalla lettura e dal confronto del provvedimento del Tribunale dei Ministri di Catania, del resoconto dell’audizione del Presidente Conte in Parlamento e della memoria del Ministro Salvini, si possono trarre le seguenti conclusioni.

I fatti
Il primo avvistamento  del barcone con a bordo i migranti è avvenuto quando il barcone si trovava a 40 miglia dalle coste libiche con rotta Nord ed  in area SAR libica; dell’avvistamento è stata  informata sia la Centrale operativa del Comando Generale delle Capitanerie di Porto (IMRCC), sia  le competenti autorità libiche, come si legge nel virgolettato della pag. 17 del provvedimento del Tribunale dei Ministri di Catania: “… nella giornata del 14 agosto un velivolo di Eunavfor Med informava i Libici e IMRCC della presenza di un barcone…”; le autorità libiche  hanno assunto la direzione del soccorso  disponendo l’uscita di una loro motovedetta poi rientrata; le stesse autorità libiche hanno informato le autorità maltesi che il barcone proseguiva la navigazione verso la loro zona S.A.R.; le autorità maltesi hanno  assunto la responsabilità delle operazioni, come risulta dallo stesso provvedimento del Tribunale dei Ministri di Catania (ancorché nella ricostruzione dei fatti e nella parte motiva, non se ne faccia cenno) poiché sempre nel virgolettato della pag. 17, si legge “…le autorità maltesi assumevano la responsabilità del caso…”.; che il barcone a circa 50 miglia da Malta e 100 miglia da Lampedusa fu assistito dalle motovedette maltesi che lo rifornirono di acqua, viveri e giubbotti di salvataggio, abbandonandolo in prossimità dell’arrivo dello stesso in prossimità della zona S.A.R. Italiana.

Fermo restando che la tutela e la salvaguardia della vita umana in mare ed il connesso obbligo di soccorso sono dei precetti giuridici che vanno sempre e comunque rispettati non si può fare ameno di osservare che il caso del barcone soccorso  possa inquadrarsi in una delle classiche ipotesi di traffico di migranti, così come descritte dalla Corte di Cassazione1: “Costituisce un dato acquisito come la richiesta di soccorso in mare, in ragione del stato del natante o delle condizioni del mare, sia uno strumento previsto e voluto per conseguire il risultato prefisso dello sbarco sulle coste italiane. Attività di soccorso cui ogni Stato è tenuto in forza di convenzioni internazionali… Lo sbarco dei migranti, apparentemente conseguenza dello stato di necessità che ha determinato l’intervento dei soccorritori, non è altro che l’ultimo segmento di una attività ab initio pianificata, costituente il raggiungimento dell’obiettivo perseguito dall’associazione e l’adempimento dell’obbligo assunto verso i migranti.”

Anche se la sentenza è riferita alle ipotesi in cui sia presente anche una nave madre è ormai notorio che l’artata richiesta di soccorso con telefoni cellulari sia una delle tecniche usate dalle organizzazioni criminali dedite a tale traffico. Non a caso il Procuratore Nazionale Antimafia nell’ emanare direttive alle Procure Distrettuali Antimafia2, ha ritenuto di dover evidenziare che: “Parte integrante di tale disegno [il traffico di migranti] è stata, poi, la sistematica esposizione al rischio di un elevatissimo numero di vite umane e, indirettamente, l’altrettanto sistematica strumentalizzazione delle unità di polizia del mare di tali Stati… Queste sono state fatte intervenire grazie a chiamate attivate da apparecchi satellitari in dotazione alla “nave madre”, al fine di prestare soccorso alle ben più fatiscenti e inadeguate imbarcazioni ove i migranti sono stati trasbordati. In tal modo, il doveroso soccorso prestato anche ai sensi delle convenzioni internazionali sul diritto del mare, ha permesso il completamento dell’attività di trasporto via mare dei migranti stessi e, perciò, il raggiungimento del risultato cui tende l’intera organizzazione criminale…”

Ed è la stessa Procura Nazionale Antimafia che nel descrivere il fenomeno auspica che le istituzioni nazionali e sovranazionali adottino adeguate iniziative:”…la reiterazione degli sbarchi e le prospettive di ulteriori flussi di migrazione irregolare nella medesima area, richiedono l’adozione di adeguate iniziative da parte di tutte le istituzioni, nazionali e sovranazionali, ognuna per quanto di competenza, per fronteggiare le molteplici implicazioni, (di ordine politico, sociale, economico e giuridico), che il fenomeno pone”.

I motivi su cui si fonda il provvedimento del Tribunale dei Ministri di Catania
Il Tribunale dei Ministri di Catania fonda sostanzialmente la sussistenza del reato di sequestro di persona aggravato a carico del Ministro per avere egli impedito al competente Dipartimento per le Libertà Civili e per l’Immigrazione di esitare tempestivamente la richiesta di POS (place of safety) presentata formalmente dall’IMRCC, alle ore 22:30 del 17 agosto 2018, in violazione delle norme internazionali in materia di soccorso in mare e le correlate norme di attuazione nazionali, bloccando di fatto la procedura di sbarco dei migranti e determinando consapevolmente l’illegittima privazione della libertà personale degli stessi.

Il Tribunale dei Ministri inserisce tra le norme di attuazione nazionali la direttiva SOP 009/15 e dall’applicazione di quest’ultima qualifica l’indicazione del POS come atto endoprocedimentale vincolato nell’an.

La SOP 009/15 (Standard Operating Procedure) è un atto interno del Comando Generale delle Capitanerie di Porto il cui scopo è quello di definire, in “via provvisoria e sperimentale” le procedure da seguire per una più rapida e tempestiva individuazione del POS (Place of Safety) nei casi in cui l’IMRCC abbia assunto il coordinamento delle operazioni di soccorso connesse al fenomeno emergenziale dei flussi migratori via mare. Esso, come si evince chiaramente dalla lettura del testo, è un atto interno che, nell’ambito di un rapporto organizzatorio di gerarchia, costituisce una tipica manifestazione della potestà dell’organo sovraordinato: esso non è strutturalmente dissimile dagli ordini provvedimenti amministrativi. Esso, quindi, non ha alcuna rilevanza esterna, né normativa3. Il Ministro resta pertanto vincolato alle sole norme che regolano la materia, che non possono essere integrate da un provvedimento interno privo di rilevanza normativa.
Resta da esaminare cosa prevedono le norme che regolano la materia con riferimento agli interrogativi che conseguono dalle determinazioni del Tribunale dei Ministri.

1) Il Tribunale dei Ministri afferma che essendo stata l’Italia il Paese di primo contatto e considerato che il soccorso termina con lo sbarco dei naufraghi in un porto sicuro, spettasse all’Italia l’indicazione del Pos. Al riguardo, se è vero che il primo MRCC (Maritime Rescue Coordination Centre) che riceve notizia di una possibile situazione di emergenza S.A.R. ha la responsabilità di adottare le prime immediate azioni per gestire tale situazione, anche  fuori della propria specifica area di responsabilità, fino a quando il competente MRCC non accetti formalmente di intervenire, è altrettanto vero che ai sensi dalla S.A.R., «ricerca» è un’operazione, normalmente coordinata da un centro di coordinamento, che utilizza il personale e i mezzi disponibili per localizzare persone in pericolo, mentre «salvataggio» è un’operazione finalizzata a recuperare persone in pericolo, provvedere ai loro iniziali bisogni medici o altri bisogni, e consegnare queste persone presso un luogo sicuro4. 
Dalla ricostruzione dei fatti è di tutta evidenza che Malta fu allertata non appena il barcone entrò nella sua zona SAR; che assunse le “…responsabilità del caso…”; che due unità navali maltesi raggiunsero il barcone e gli prestarono assistenza. L’abbandono del barcone al proprio destino è difatti un’omissione che ha imposto l’intervento delle unità navali italiane per impedire  una tragedia, ma ciò non toglie che sia stata Malta il primo contatto.

2) L’indicazione del POS compete all’autorità che ha operato il salvataggio, ancorché nelle acque di una zona SAR di competenza di altra autorità?
Le modifiche e le integrazioni introdotte alla convenzione S.A.R. ed alla SOLAS con le risoluzioni IMO 155/(78)5; 167/(78)6 e 153/(78)7 nonché la Circolare IMO FAL.3/Circ.194 del 22 gennaio 2009, non lasciano dubbi che debba essere il governo responsabile della zona SAR in cui sono stati tratti in salvo i naufraghi a dover indicare il POS. La Circolare IMO FAL3/Circ.194 ribadisce che tutti soggetti coinvolti debbano cooperare per garantire che lo sbarco avvenga rapidamente, ma che è il governo dello Stato responsabile della zona SAR in cui le persone sono state salvate che ha la responsabilità primaria (… exercise primary responsibility…) di garantire che si raggiunga l’auspicata collaborazione.

3) Lo sbarco delle persone soccorse costituisce un obbligo? 
La decisione circa lo sbarco delle persone soccorse sottostà a due principi generali di diritto internazionale, che possono entrare in conflitto tra di loro: la sovranità dello Stato sul suo territorio e il divieto di respingimento (non refoulement). In base al primo principio, lo Stato può escludere qualsiasi straniero dal proprio territorio, inclusi i propri porti. Di conseguenza, per entrare nel porto di uno Stato occorre avere il consenso di quello Stato, consenso che può essere liberamente rifiutato dallo Stato stesso, a meno che non vi sia una situazione di forza maggiore o estremo pericolo (force majeure or distress). A sua volta, il principio di non respingimento impedisce di respingere una persona verso uno Stato dove la sua vita sarebbe in pericolo o dove essa rischi di essere sottoposta a tortura o altro trattamento inumano o degradante8.

Come già anticipato è lo Stato nella cui zona SAR è avvenuto il salvataggio [che] avrà la responsabilità primaria (primary responsibility) di assicurare che il coordinamento e la cooperazione avvengano, in modo tale che i sopravvissuti siano sbarcati presso un luogo sicuro9.
In conclusione, la SAR e la SOLAS nulla dicono in merito ai criteri che dovranno essere applicati in caso di disaccordo tra più Stati coinvolti, e soprattutto evitano accuratamente di stabilire che le persone soccorse debbano essere sbarcate nei porti dello Stato nella cui zona SAR esse siano state trovate. Questo fatto, insieme al fatto che la SAR, pur avendo una ampia partecipazione, non è stata ratificata universalmente, comporta che nei casi di disaccordo la soluzione di eventuali conflitti continuerà a dipendere da negoziati tra Stati10.

Nel caso che riguarda il Ministro Salvini, risulta dagli atti, ancorché sia un fatto notorio, che egli abbia negoziato lo sbarco dei migranti con l’Unione Europea, considerato che il  Consiglio Europeo nella riunione del 28 giugno del 201811, poco meno di due mesi dagli eventi descritti, ammetteva che “Nel territorio dell’UE coloro che vengono salvati, a norma del diritto internazionale, dovrebbero essere presi in carico sulla base di uno sforzo condiviso e trasferiti in centri sorvegliati istituiti negli Stati membri, unicamente su base volontaria; qui un trattamento rapido e sicuro consentirebbe, con il pieno sostegno dell’UE, di distinguere i migranti irregolari, che saranno rimpatriati, dalle persone bisognose di protezione internazionale, cui si applicherebbe il principio di solidarietà…”
Per concludere, il Ministro Salvini ha violato le norme internazionali sul soccorso in mare, in particolare ritardando la decisione sull’indicazione del POS? Ha violato le norme sul respingimento? La risposta a queste domande diventa determinante per stabilire se il Ministro si sia reso responsabile del reato di sequestro di persona aggravato.

Ai lettori la risposta!
Aniello Cuomo Avvocato of Counsel
 dello Studio Legale Lauro di Napoli
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