Header Ads

APRILE PAG. 24 - Cresce la ricchezza e calano i consumi di energia


Il disallineamento tra crescita della ricchezza e consumi energetici (in diminuzione), almeno per quanto concerne le economie più mature, rappresenta una delle nuove tendenze nel settore energetico. Sintomo di una più profonda trasformazione della struttura di questo mercato che tra sviluppo “energivoro” dell’Asia, trascinata dalla domanda cinese, obiettivi di decarbonizzazione che modificano il mix di materie prime e passaggio dal tradizionale modello di produzione-consumo centralizzato ad uno incentrato sulla nuova figura del prosumer, si avvia verso un radicale cambio di paradigma. In un comparto strategico, la cui ottica operativa si gioca su proiezioni decennali, si fa largo l’esigenza di strumenti analitici in grado di interpretare questi cambiamenti, fornendo il quadro d’insieme del sistema quanto più accurato e integrato possibile.

Nasce anche da queste considerazioni la collaborazione tra SRM (centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) e l’ESL@Energy Center del Dipartimento Energia del Politecnico di Torino per la stesura del I Rapporto annuale Med & Italian Energy Reporto presentato a Napoli presso la Sala Assemblee di Palazzo Piacentini. Ricerca condotta con la collaborazione del Joint Research Center della Commissione Europea e la Fondazione Matching Energies e incentrata sull’esame di tre temi: rappresentazione degli scenari energetici a diversa scala geografica (globale, mediterranea e italiana); analisi dei corridoi e delle infrastrutture energetiche; investimenti cinesi nel settore lungo la BRI.
“La competitività di un sistema paese si gioca non solo sulle capacità di fare impresa e affermarsi sui mercati con prodotti e servizi ma anche mettendo in campo know how in comparti come quelli dell’energia e della logistica marittima che per le imprese rappresentano costi ma anche driver di crescita che vanno quindi massimizzati a livello di efficienza e qualità,” ha sottolineato il presidente di SRM, Paolo Scudieri, illustrando le finalità dell’iniziativa.

Non a caso l’analisi dei flussi energetici contenuta nella ricerca conferma lo stretto rapporto tra blue economy e approvvigionamento delle materie prime, con una forte influenza determinata da domanda, localizzazione delle risorse e costi del carburante, “tutti fattori legati non soltanto all’andamento dell’economia ma anche alle politiche industriali ed alle strategie energetiche dei paesi interessati”.

In una quadro generale che ha visto l’offerta mondiale di energia primaria (Total Primary Energy Supply) aumentata di 2 volte e mezzo negli ultimi 45 anni, con l’80% del prodotto costituito da combustibili fossili, il trasporto di rinfuse liquide copre circa il 30% del traffico marittimo internazionale. In pratica, una nave su tre è impiegata per la movimentazione di petrolio e derivati, trasporto di gas e prodotti chimici. Nel 2017 le merci oil & gas sono state 3,1 miliardi di tonnellate, delle quali il 60% crude oil e il restante gas.

Con riferimento a quest’ultimo, il 9,3% riguarda il trasporto di GNL (294 milioni di tonnellate) mentre il 2,8% è relativo al gas da petrolio liquefatto (LPG). Dopo un andamento con il “freno a mano” registrato nel periodo 2012-14, “il trasporto marittimo di greggio e derivati è cresciuto mediamente del 4% all’anno”.

Tra i fattori che stanno modificando le dinamiche del mercato energetico, e di converso sollecitano gli adeguamenti dell’industria marittimo – portuale, l’incremento delle distanze via mare percorse dall’oil & gas (“i modelli commerciali si sono concentrati meno sui fornitori abituali dell’Asia occidentale e hanno così favorito l’aumento dei flussi dal bacino atlantico all’Asia orientale”), il boom del GNL (“le importazioni della commodity verso i paesi asiatici sono più che raddoppiate nell’ultimo decennio e la regione ha concentrato nel 2017 oltre il 70% dell’import globale”), lo sfruttamento della rotta artica da parte della Russia (“Il primo carico di GNL da Yamal è stato consegnato in Cina nel luglio 2018 attraverso l’Artico, riducendo drasticamente i tempi e i costi di consegna rispetto al percorso convenzionale di Suez”).

Senza dimenticare la sicurezza nei collegamenti. “Le rotte marittime globali ampiamente utilizzate per questo tipo di trasporto passano attraverso alcuni stretti o canali, i chokepoint, in taluni casi così stretti che vengono imposte restrizioni alle dimensioni della nave che può attraversarle,” ha ricordato Alessandro Panaro, responsabile servizio Maritime & Energy di SRM. “L’affidabilità delle rotte marittime è diventata un fattore strategico per la stabilità del mercato mondiale dell’energia in quanto un blocco di un chokepoint, anche temporaneo, potrebbe comportare un aumento sostanziale dei costi energetici totali e dei prezzi in quanto costringerebbe le navi a percorrere rotte più lunghe”.

Ponte energetico tra Europa, Mediterraneo e Mezzogiorno l’Italia gioca un ruolo centrale sia dal lato della produzione di energie rinnovabili e fossili sia per l’importanza dei suoi porti. “Il settore – ha spiegato Massimo Deandreis, direttore Generale di SRM – con oltre 23.500 imprese attive, produce 117 miliardi di fatturato e genera un valore aggiunto di 30 miliardi di euro”.

In questo contesto spicca in particolare il ruolo di Trieste, scalo collocato al settimo posto nel ranking dei principali porti europei per movimentazione di rinfuse liquide. “I principali porti italiani – riporta la ricerca – hanno registrato tutti un incremento. I primi cinque porti (Trieste, Cagliari, Augusta, Milazzo e Genova, ndr) rappresentano il 71% dell’intero traffico liquido nazionale e Trieste, con 43,7 milioni di tonnellate si confermo lo scalo italiano che movimenta i volumi più elevati; lo scalo giuliano, infatti, rappresenta il punto di approvvigionamento dell’oleodotto TAL. Seguono Cagliari e Augusta, terzo per volumi, ma che è il porto che evidenzia il maggior grado di specializzazione, dedicando alle rinfuse liquide il 95,7% della movimentazione complessiva 2017”. 

Riferimento obbligato per il ciclo approvvigionamento - stoccaggio - trasformazione - commercio dell’oil & gas i porti italiani scontano, nondimeno, i ritardi del sistema paese nell’adeguarsi al ritmo dei cambiamenti, non riuscendo ad assolvere al ruolo di “infrastruttura di regolazione” di questo mercato. Anche alla luce di un Mediterraneo che funge da “frontiera osmotica tra un sud (Area MENA) che detiene quasi la metà delle riserve mondiali di petrolio e oltre il 44% di quelle di Gas naturale e un Nord (Europa) che per il 55% è dipendente da fonti energetiche importate”.

“Serve - ha concluso Francesco Profumo, Presidente Compagnia di San Paolo – una maggiore capacità di accompagnare, con competenza, i processi politici in temi strategici per il futuro del paese. Sfruttare solo l’1% dei fondi europei in progetti avviati è qualcosa da stigmatizzare. Per il futuro bisognerà guardare al nuovo modello di domanda offerta che emerge dal mercato energetico e alla progettazione di infrastrutture più intelligenti, capaci di tenere in equilibrio sistemi caratterizzati da un bilanciamento degli elementi sempre più variabile”.

Eugenia De Cesare


Conto energetico delle regioni italiane
In Italia sono prodotti 285 miliardi di kWh di energia che provengono per il 64,4% da impianti localizzati al Centro-Nord e per il 35,6% nel Mezzogiorno (Lombardia e Piemonte prime nel Centro-Nord, Puglia e a seguire Calabria al Sud). Ben 12 regioni italiane registrano un disavanzo nel rapporto produzione/consumo di elettricità. Tre sono nel Mezzogiorno: Sicilia (-12,1%), Abruzzo (-24,2%) e Campania (-41,9%). Delle 8 regioni in attivo, 5 sono meridionali: la Calabria in testa, con un surplus del 183,6%, seguita da Molise (+107%), Puglia (+68,2%), Sardegna (+40,8%) e Basilicata (+3,2%). Cresce il parco eolico del paese: dal 2007 al 2017 gli impianti sono aumentati di circa 25 volte e la potenza installata è più che triplicata. La Puglia detiene il primato con il 28,1% della produzione. Al secondo posto la Sicilia con il 15,8%. Seguono la Campania, la Calabria e la Basilicata, con quote rispettivamente del 14,8%, 11,6% e 11,1%. Nell’ultimo decennio sono cresciuti di oltre 20 volte anche gli impianti solari. La Puglia, con 3.781 GWh, è la regione con la maggiore produzione (15,5% del totale). Seguono Emilia Romagna con il 9,6% e Lombardia con il 9,5%. Infine le bioenergie: gli impianti sono aumentati di 10 volte e la  potenza installata più che triplicata. Lombardia (22,7%), Emilia Romagna (14,0%), Veneto (10,1%), Puglia (9,9%) e Piemonte (9,6%) coprono il 66,3% del totale nazionale.

Immagini dei temi di Bim. Powered by Blogger.