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DICEMBRE 2018 PAG. 16 - La logistica italiana e le sue sfide globali


Importanti sfide attendono l’industria logistica italiana nell’anno che sta per iniziare.
Sfide di natura internazionale: a cominciare dagli effetti della Brexit, sia economici e produttivi sulla nostra industria e sul nostro mercato in import ed export con il Regno Unito, sia organizzativi, in relazione alla reintroduzione dei controlli doganali alle frontiere per i volumi e le merci scambiate dall’Italia con Londra.

E poi lo sviluppo della Belt & Road Initiative: il più grande progetto globale logistico ed infrastrutturale della storia. Investimenti per 1400 miliardi in porti, aeroporti, ferrovie, inland terminal, il tutto volto a sostenere il disegno geopolitico, prima ancora che economico ed industriale, di una Cina candidata al ruolo di grande player dello scacchiere globale. Si romperebbe così, dopo oltre 70 anni, l’assetto sostanzialmente unipolare che da Bretton Woods in poi ha posto gli Stati Uniti al centro del sistema capitalistico mondiale. Il Mediterraneo è al centro di tale disegno, in 9 scali marittimi Pechino ha concentrato 4 miliardi di investimenti, e in Italia l’attenzione della galassia Cosco – China Shipping è alta nei confronti della portualità ascellare tirrenica e nord adriatica. Ovviamente il tutto in relazione al completamento della Rete dei Corridoi Ten T che potrebbero davvero rendere il Paese – attraverso il Terzo Valico, il Gottardo, il Brennero – la porta di accesso privilegiato dal Mediterraneo ai mercati dell’Europa centrale ed orientale.

Il tutto mentre in sede Europea, attraverso il dibattito sulla proroga o meno della Block Exemption e quindi sulla possibile modifica del Consortia Regulation, si discute di come evitare fenomeni di eccessiva concentrazione ed integrazione verticale tra Shipping Line portacontainers. Il 95% dei traffici di tali volumi, sulla rotta Est – Ovest, è ad esclusivo appannaggio di 3 grandi Alleanze armatoriali, che commissionano navi sempre più grandi, che quindi necessitano di infrastrutture sempre più grandi ed invasive, e che stanno progressivamente sbarcando a terra occupando l’intera industria logistica della supply chain. L’OCSE ha parlato, nell’ultimo rapporto dell’ITF di poche settimane fa, di “dinamica che danneggia la logistica”, ingenerando la “cattura del regolatore pubblico” del demanio marittimo, costretto a confrontarsi con le pretese di pochi attori oligopolisti titolari della quasi totalità della merce containerizzata, e l’ovvia fagocitazione della rete di piccole e medie imprese logistiche nazionali che operano “dalla banchina portuale e fino a destino”.
Infine, si registra poi un certo ritorno ad un humus politico economico protezionista ed antiglobalista – pre allargamento del WTO della metà degli anni Novanta, per intenderci – del quale la “guerra dei dazi” proclamata dal Presidente Trump nei confronti di Pechino e di Teheran ne rappresenta forse il simbolo, anche simbolicamente, più penetrante.
Per ora l’Europa non è stata investita da tale dinamica, o almeno lo è stata marginalmente, ma dubito essa possa restare una sorta di oasi felice del libero scambio, ammesso che lo sia, in un Mondo che vede aumentare la conflittualità ed i muri ad Ovest, ad Est, a Sud ed a Sud Est.

In questo scenario complesso, e per certi aspetti inquietante, le nostre imprese si troveranno a fare logistica, ad investire, ad innovare, a dialogare con il mondo, a supportare la manifattura di un sistema produttivo trasformatore privo di materie prime, a soddisfare i consumi interni.
Il tutto in un Paese che, troppe volte, si mostra incerto sul da farsi.

Dalle polemiche sul completamento delle grandi infrastrutture alle incertezze sul dare seguito e piena attuazione o cambiare rotta rispetto a Connettere l’Italia ed al Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica, mancano oggi i pilastri fondamentali di una strategia nazionale a supporto dell’industria logistica.

Le imprese hanno bisogno di certezze, di una vision degli interessi nazionali strutturata e chiara, di poche e semplici regole, di una cornice strategica dove gli obiettivi del Sistema Paese siano declinati in maniera condivisa. Tutto ciò è in capo al Governo, alle Istituzioni, al decisore pubblico. E nel “patto” tra Istituzioni e imprese per lo sviluppo ed il lavoro, queste ultime devono sentirsi impegnate ad investire ed operare affinchè gli obiettivi comuni siano raggiunti, e gli interessi particolari resi sempre compatibili con quelli generali.

Tanto più in uno scenario globale tanto complesso e ricco di insidie.
C’è una bellissima frase contenuta nell’ultimo lavoro di Parag Khanna, Connectografy, Le mappe del futuro ordine mondiale: “La Connettività ha sostituito la divisione come nuovo paradigma dell’organizzazione globale. La raffigurazione delle nostre infrastrutture ci dice molto di più del funzionamento del mondo che non le cartine politiche con i loro confini. La vera mappa del mondo non dovrebbe rappresentare soltanto gli stati, ma anche le metropoli, le autostrade, i porti, le ferrovie, le pipeline, i cablaggi per internet e gli altri simboli della nostra nascente civiltà di network globali”.
Ed in un Mondo, ed in una economia globale, che ormai misura i propri rapporti di forza non tanto con gli eserciti ma con la penetrazione logistica ed infrastrutturale, avere su questo versante un’Italia indecisa sul da farsi, in un’Europa debole e divisa, può rivelarsi fatale.

Confetra, la Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica, sta provando a dare un contributo per sciogliere alcuni di questi nodi irrisolti, e rappresentare al meglio alle Istituzioni le esigenze del settore all’interno di tale scenario. Ce lo chiede la nostra base associativa multisettoriale: 20 Federazioni di categoria che coprono l’intera filiera della movimentazione e del trasporto merce in ogni modalità – ferro, gomma, terminal portuali, cargo aereo, magazzini, interporti, imprese di spedizioni internazionali, doganalisti, corrieri espressi, servizi postali – e che rappresentano decine di migliaia di imprese ed oltre mezzo milione di lavoratori. Praticamente circa l’8% del Pil del Paese. Ma ce lo impone anche il nostro stesso modo di concepire la funzione della rappresentanza: interessi di categoria declinati sempre dentro una visione più ampia delle prospettive generali del Paese, all’insegna di stili e metodi ispirati dall’articolo 99 della Costituzione, sulla funzione dei corpi intermedi e delle parti sociali all’interno dell’architettura istituzionale italiana, e dal Codice Europeo di Condotta Partenariale, in materia di Social Dialogue.

Con questo spirito siamo impegnati in una intensa attività di networking scientifico con le migliori Università del Paese, abbiamo promosso significativi momenti di confronto pubblico sulle prospettive della logistica nazionale attraverso la nostra Agorà 2018 ed il III Forum di Pietrarsa, abbiamo costituito Osservatori e Focus Group Tematici di approfondimento e divulgazione sul monitoraggio degli investimenti esteri nel settore, sugli strumenti di politica industriale, sulla Cyber Security, sulla ricerca industriale nel nostro ambito di applicazione, abbiamo lanciato nuovi servizi di consulenza strategica ad alto valore aggiunto per le imprese associate al Sistema Confederale attraverso le Federazioni nazionali e le organizzazioni Territoriali.

Siamo in campo, insomma, come una grande comunità di imprenditrici ed imprenditori, strutture e competenze, organizzazioni e mezzi, per dare voce all’industria logistica italiana e per offrire al Paese, ed alle sue Istituzioni, il punto di vista di un settore che, da cenerentola dell’economia e commodity della manifattura, la Storia sta trasformando nell’architrave della ricchezza e dell’influenza degli Stati. Tanto a livello interno, quanto sullo scacchiere globale. Per l’Italia l’attore sociale di questa incredibile sfida, sul fronte della rappresentanza di impresa, è Confetra.
Ivano Russo
Direttore Generale Confetra
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