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SETTEMBRE2018 PAG. 30 - Le nuove frontiere delle imprese di spedizione


Negli ultimi mesi, Fedespedi ha concentrato la sua attenzione sui mutamenti in atto, profondi e dirompenti, che stanno modificando in modo decisivo e riteniamo definitivo il panorama economico e di mercato cui eravamo abituati.

In particolare, abbiamo evidenziato vari fattori di cambiamento, tecnologici, economici e politici, puntando l’attenzione in particolare sui primi che, come abbiamo avuto modo di dire, hanno modificato radicalmente i processi produttivi, le forme organizzative delle imprese e degli stessi mercati, le modalità di gestione dei processi aziendali e hanno connesso in un’unica rete mondiale uomini, aziende, infrastrutture, cose e mezzi di trasporto.

Essi pongono sfide rilevanti che in pochi anni hanno modificato radicalmente gli elementi costitutivi delle supply chain, trasformandoli in un sistema a rete e facendo dei servizi logistici, per molte aziende manifatturiere, una parte integrante del prodotto.

Ma la vera e propria rivoluzione, che sta avvenendo sotto i nostri occhi, è la trasformazione di un sistema economico-produttivo scalare, in uno continuo, in cui la frammentazione dei processi produttivi è ricucita dai flussi logistici, in una logica di flusso teso (lean production) che va dai fornitori di semilavorati al consumatore finale.

Il sistema logistico, di cui le nostre aziende sono parte integrante, è dentro questo processo, ne è pienamente coinvolto, non può sottrarsi alle sfide che il mercato e la tecnologia gli pongono dinanzi e richiede una prontezza nelle proposte di intervento e nelle risposte operative. La rivoluzione digitale sta cambiando il nostro ambiente e, proprio per questo, le imprese di spedizioni sono aperte alle innovazioni tecnologiche, perché consapevoli che solo adeguandosi alle trasformazioni in corso possono garantire quell’efficienza e quella qualità dei servizi richiesta dal mercato.
Dobbiamo ragionare sulle principali sfide che abbiamo di fronte. Quale sarà, ad esempio, l’impatto della tecnologia? Quali le sue ricadute sul mercato e sui costi logistici, oggi considerati “azzerabili” dal consumatore finale? Quali le minacce che si prefigurano all’orizzonte, ma anche quali le opportunità?

Ma altre domande, vecchie e nuove, si pongono con forza dopo la tragedia di Genova:
1. qual è il ruolo dell’Italia nel commercio internazionale e quale, più nello specifico, nella gestione dei flussi internazionali delle merci?
2. È un obiettivo, una priorità, che la logistica diventi un fattore autonomo di crescita e di sviluppo per il nostro Paese, a servizio dei territori, dell’industria manifatturiera italiana, ma anche capace d’intercettare e lavorare merci provenienti/destinate ad altri Paesi europei e non?
3. Per anni abbiamo discusso sull’Italia, molo logistico dell’Europa proiettato nel Mediterraneo. Una definizione certamente evocativa, ma che non ci piaceva. Non si diventa polo logistico solo per meriti geografici, ma creando le condizioni perché ciò possa accadere. Condizioni non solo infrastrutturali, ma anche normative, burocratiche, procedurali, o che riguardano il recepimento o l’interpretazione delle direttive europee, spesso attuate in modo penalizzante per il sistema delle imprese.
Se vogliamo rispondere positivamente a queste domande, dobbiamo lavorare in modo coerente rispetto agli obiettivi che ci siamo posti, avendo ben presente che per l’Italia, una delle prime dieci potenze industriali al Mondo e Paese trasformatore come pochi altri, la libertà dei commerci è condicio sine qua non del suo sviluppo futuro.

Magari partendo da ciò che è già stato elaborato, superando il vizio di ripartire da capo a ogni volgere di Governo. Ad esempio, riprendendo le idee alla base del piano presentato dal precedente Ministro dei trasporti Del Rio, Connettere l’Italia, basato su alcuni “pilastri strategici” rappresentati da concetti quali infrastrutture utili, intermodalità, valorizzazione del patrimonio esistente e sviluppo urbano sostenibile.

Al di là di tutti i distinguo, i possibili miglioramenti e aggiustamenti, il piano rappresenta a mio parere un buon punto di partenza, con il vantaggio di essere già stato ampiamente discusso e condiviso.
                                                                                                                                Roberto Alberti
                                                                                                                                Presidente Fedespedi
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