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SETTEMBRE 2018 PAG. 40 - Un Ministero per tutte le attività nel mare o sul mare


Il titolo è la parafrasi dello stralcio di un intervento parlamentare del 1948 ed è quanto mai attuale per riaprire la discussione sull’importanza di un ministero o di un’altra struttura politico -amministrativa centrale che riporti al centro del dibattito parlamentare i temi legati all’economia marittima, fondamentale per la ricostruzione del Paese avviata nel dopoguerra.

Nel secondo dopoguerra la marina mercantile italiana che prima della guerra era tra le prime al mondo, quasi più non esisteva: il 90% della flotta era stata distrutta; le infrastrutture portuali in gran parte inutilizzabili; i bacini portuali pieni di relitti. Una delle prime esigenze per la ripresa dell’economia del Paese fu quella di ricostituire la flotta mercantile; riavviare l’attività cantieristica; rendere i porti agibili.

Alcuni video dell’Istituto Luce ed in particolare i commenti audio che li accompagnano ricostruiscono in maniera fedele la situazione di quegli anni: “Reintegrare le marine mercantili, problema numero uno di questi anni. In Italia la povertà delle materie prime obbliga i nostri operai a ripescare dal mare le “vittime” della guerra…” con un chiaro riferimento ai numerosi relitti giacenti nelle acque portuali.

E ancora: “Erano disperate antenne emergenti da un cimitero marino, che trasmettevano lungo tutte le nostre rive un messaggio angoscioso. La guerra aveva distrutto anche le nostre città galleggianti sulle acque ancor peggio che sulla terra”

Per la ripresa dell’economia nazionale, la marina mercantile appariva essenziale, così come magistralmente affermava in Parlamento, nel 1948, l’onorevole Ducci: “L’Italia non potrà  mai risorgere finché il grano che le è indispensabile le giungerà con naviglio straniero; finché le materie prime che le sono necessarie giungeranno ai suoi porti con navi estere; finché  una nazione di marinai e pescatori come la nostra sarà obbligata ad acquistare decine di miliardi di pesce ogni anno sui mercati stranieri per la propria alimentazione; finché i nostri emigranti (che sono lavoro e quindi ricchezza potenziale) debbono attendere per mesi e mesi nei porti le navi che li trasportino…”

L’istituzione del Ministero della Marina Mercantile nel 1946, quindi, non fu dettata dall’esigenza di distribuire le diverse competenze accentrate nel soppresso Ministero della Marina, ma dalla necessità di riportare al centro del dibattito parlamentare le questioni riguardanti i traffici marittimi, la portualità, la cantieristica, la pesca, la gestione delle coste, come si rileva dall’appassionato intervento parlamentare sempre dell’onorevole Ducci, nel lontano 1948: “Una nazione come la nostra non può a lungo vivere senza fatalmente decadere, se essa non trae dal mare e dall’attività dei suoi marinai le ricchezze che le sono necessarie… Se il Ministero della Marina Mercantile è stato creato, a mio modesto avviso esso dovrà riunire in sé tutte quelle attività che hanno nel mare o sul mare uno scopo, o che svolgono sia pure in maniera indiretta, un’opera che sul mare ha la sua esplicazione”.
Il Ministero della Marina Mercantile, ancorché “familiare”, come fu definito a causa delle sue ridotte dimensioni in termini di personale e risorse, contribuì alla ricostituzione della nostra flotta mercantile ed alla ripresa della nostra economia.

Nel corso degli anni, l’esistenza del Ministero della Marina Mercantile ha imposto, giocoforza, che le esigenze e le emergenze delle attività legate al mare fossero portate in discussione e trovare la soluzione all’interno delle aule parlamentari e ciò ha sicuramente contribuito alla crescita di una flotta mercantile più moderna e più consistente; ad una maggiore efficienza nei porti; ad una più qualificata formazione professionale dei marittimi.

Questa presa di coscienza aveva portato alla fine degli anni ’80 ad una modernizzazione e ad un potenziamento del Ministero, tant’è che se ne prevedeva una sua ulteriore evoluzione anche attraverso una più moderna e completa denominazione “Ministero del Mare”; paradossalmente, pochi anni dopo veniva soppresso.

Oggi ci si comincia ad interrogare seriamente sulla necessità di istituire nuovamente il soppresso Ministero della Marina Mercantile, ancorché con denominazione diversa: Ministero del Mare.
A fronte di numerosi appelli a favore (tra i tanti il presidente di Confindustria, Boccia ed il presidente di Confitarma, Mattioli) si è anche levata qualche voce di dissenso (il presidente di Confetra, Marcucci) che limitando l’interesse alle sole infrastrutture portuali, ha ritenuto inadeguata   l’istituzione di un nuovo ministero, in quanto il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti   assicurerebbe una visione più organica dei porti, dei quali si può discutere soltanto se si discute di ferrovia in banchina, di collegamenti di ultimo miglio su ferro e gomma e di connessioni con retroporti ed interporti.

Opinione rispettabile, ma non condivisibile, perché limita la portata del dibattito ai porti, ignorando l’importanza del vettore che rende necessari i porti, la nave.
Senza le navi ed il personale specializzato che consente ad esse di vivere, non esisterebbero i cantieri, il turismo costiero, il traffico mercantile ed il trasporto passeggeri per acqua, non esisterebbero i porti.

Le navi, il personale marittimo, i traffici marittimi, la sicurezza della navigazione, la cantieristica navale, la pesca costiera e d’altura, la gestione dei beni demaniali marittimi funzionali a tali attività, meritano di essere al centro del dibattito politico nazionale e come tali necessitano di un organismo politico-amministrativo centrale dedicato, per la loro specificità e complessità e per l’importanza che rivestono nell’economia nazionale.

Le esigenze e le emergenze relative alle attività che si svolgono nel mare e sul mare non possono essere asetticamente confinate all’interno di specifiche strutture burocratiche, ancorché efficienti, ma meritano, e lo si ribadisce, essere riportate al centro del dibattito parlamentare e ciò non può avvenire in assenza di una ministero dedicato ovvero ad un sottosegretariato alla Presidenza del Consiglio che si faccia interprete dei bisogni delle imprese armatoriali (sistemi di finanziamento e credito navale); dei marittimi (in particolare, del loro collocamento e della loro formazione professionale); delle industrie delle costruzioni e riparazioni navali; di uno sviluppo sostenibile delle attività legate al mare, ivi comprese la gestione delle coste, il turismo costiero ed il diporto nautico; della portualità e delle attività che si svolgono nei porti; del cluster marittimo in genere, non sottovalutandone, in sede di pianificazione economico-finanziaria, il contributo che esso fornisce al PIL nazionale.

Ma soccorrono anche altre ragioni che impongono una seria discussione sull’istituzione se non di un ministero, ma almeno della nomina di un sottosegretario ai trasporti con delega al mare ovvero di un dipartimento al mare presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri: è l’interesse che l’Unione Europea dedica all’economia blu ed alla pianificazione degli spazi marittimi che presuppone il concetto di «Sistema Mare» quale organico governo delle istanze e delle esigenze, in un’ottica di sviluppo sostenibile.
                                                                                                                                       Aniello Cuomo 
                                                                                                      Contrammiraglio (CP) in ausiliaria,
                                                                                                                      avvocato of Counsel dello
                                                                                                              Studio Legale Lauro di Napoli

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