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LUGLIO 2018 PAG 33 - La BRI modifica gli equilibri nell’Europa Orientale

La Belt and Road Initiative sta modificando il quadro geopolitico dell’Europa Orientale e del Caucaso meridionale inserendo la Cina come “terzo incomodo” tra la tradizionale influenza esercitata sull’area dalla Russia e l’iniziativa europea di politica di vicinato lanciata nel 2008 con il cosiddetto “partenariato orientale”. La paura della eccessiva dipendenza da Mosca, in effetti, spinge molti paesi a tentare la strada della connessione al mercato cinese aggiungendo, con la crescita della presenza economica e diplomatica di Pechino, un nuovo livello di complessità a un panorama politico già di per sé complicato. In che modo la regione sta rispondendo alla sfida della “Nuova via della Seta” e come le nuove rotte commerciali potrebbero cambiare gli equilibri di potere tra i soggetti in campo sono solo alcune delle questioni affrontate da un recente paper (“Third Power in Europena east”) dell’European Union Institut for Security Study. 

Tra i paesi che hanno acquisito un ruolo centrale per i corridoi asiatici lo studio dell’agenzia europea inscrive senza dubbio la Bielorussia. “La vicinanza al mercato comunitario ha rappresentato un indubbio vantaggio strategico nell’attrarre gli investimenti cinesi”. Interventi, tra l’altro, ben accetti anche come fonte di diversificazione rispetto ai preponderanti legami economici con la Russia.
La maggior infrastruttura realizzata in quest’ambito è il parco industriale Great Stone China-Belarus, con un insediamento industriale ancora poco sviluppato, ma caratterizzato da collegamenti diretti con l’area di Shenzen.

Posizione geografica ottimale ma situazione politica delicatissima invece in Ucraina. Nonostante il paese offra la via più breve tra Cina ed Europa (attraverso Kazakistan, Rostov e Donbass) le iniziative della BRI si sono arenate a causa delle frizioni tra Kiev e Mosca, con quest’ultima  che ha imposto il divieto di transito merci nella regione del Donbass.“Prima dell’annessione della Crimea, la Cina stava progettando la costruzione di un porto di alto mare, un piano ovviamente declinato con l’annessione della penisola da parte della Russia”. Attualmente si stanno discutendo altri progetti alternativi su porti ucraini nel Mar Nero, ma in questa fase non si registrano risultati concreti”. L’obiettivo principale per il paese, che può contare su un free trade agreement con l’Ue, è riuscire ad ottenere forniture aggirando l’ingombrante vicino.

Anche in Azerbaigian la necessità di diversificare un’economia basata sull’export di idrocarburi ha fatto fiorire l’interesse per il corridoi transcaspico della BRI. “Sono stati apportati miglioramenti infrastrutturali al porto di Baku, che hanno contribuito a stabilire collegamenti regolari con il porto kazako di Aktau, nel Mar Caspio. Con la recente apertura della ferrovia Baku-Tbilisi-Kars (BTK), il corridoio potrà contare su un collegamento dalla costa azera del Mar Caspio attraverso la Georgia e la Turchia alla rete ferroviaria europea”. C’è, tuttavia, un problema di costi legato alle numerose rotture di carico lungo il tragitto. Inoltre, Mosca ha individuato il paese come il baricentro delle rotte nord-sud che collegano la Russia con i porti iraniani. 

“La Georgia ha compreso rapidamente il potenziale offerto dalla diversificazione degli scambi e ha firmato un accordo di libero scambio con la Cina”. Il paese offre un pacchetto normativo interessante per gli investitori cinesi che cercano un accesso agevolato al mercato dell’Ue e sta puntando a migliorare  i collegamenti logistici con entrambi i suoi partner commerciali. 
Moldova e Armenia sembrano invece essere state in gran parte lasciate indietro anche se China Shipping Group ha lanciato servizi di trasporto container a Giurgiulesti, l’unico scalo moldavo sul Danubio.

Una situazione variegata dunque che deve fare innanzitutto i conti con la modestia degli scambi commerciali diretti dell’area con Pechino. “Per il momento, il mercato in più rapida crescita sarà quello dell’Ue, con la Cina che potrebbe essere in ritardo anche rispetto agli Stati Uniti e alla Turchia,” sottolinea il report. E questo potrebbe favorire un’inaspettata inversione di tendenza nelle priorità. “Il modello cinese di accordi per le infrastrutture è meno attraente di quello dell’Ue, che prevede sovvenzioni piuttosto che prestiti, in particolare nell’ambito del Fondo investimenti per la politica di vicinato”.
Giovanni Grande
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