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Marzo 2018 Pag. 8 - Brevi dall'Europa



ESPO, 48 miliardi in 10 anni per i porti europei
Per garantire ai porti europei il necessario ruolo di polo di attrazione per l’industria e la logistica saranno necessari nel prossimo decennio investimenti pari a circa 48 miliardi. È quanto emerge da uno studio commissionato da ESPO (European Sea Port Organization) nell’ambito della partecipazione alla consultazione pubblica del nuovo programma CEF II (Connecting Europe Facility), lo strumento di finanziamento per i progetti infrastrutturali della rete transeuropea nel periodo 2021-28 che sarà presentato il prossimo 29 maggio. Crescita dei flussi commerciali, nuove tendenze nel settore dello shipping, requisiti ambientali, digitalizzazione e automazione saranno tra i fattori che influenzeranno maggiormente le scelte future degli enti portuali in un settore che fino ad ora è riuscito ad attirare solo il 4% delle risorse del programma CEF (solo un terzo dei progetti presentati ha ottenuto finanziamenti). “Lo studio – spiega Isabelle Ryckbost, segretario generale di ESPO – mostra un modello di investimento dei porti europei che rispecchia molto bene il ruolo essenziale e molto diversificato dei porti per l’economia. E’ fondamentale riconoscere i porti come infrastrutture internazionali poiché meno del 10% delle merci movimentate nei porti europei è costituito dal traffico domestico”. A tal proposito l’associazione ha indicato una serie di priorità di cui CEF II dovrà tenere conto. Tra questi, la preferenza per progetti con un elevato valore aggiunto ma con bassa redditività finanziaria; una metodologia chiara e ben definita per definire il valore aggiunto; gestione responsabile dei finanziamenti attraverso un’analisi costi-benefici più rigorosa; una visione a lungo termine delle priorità di finanziamento; cofinanziamento definito sulla base della carenza di investimenti. “Se i porti marittimi europei non possono effettuare gli investimenti necessari – avverte Ryckbost – allora i principali obiettivi politici nei trasporti, nell’energia e nell’ambiente saranno compromessi”. 
ECSA, preoccupazione per il protezionismo di Trump
I dazi sulle importazioni di determinati prodotti in acciaio e alluminio decisi dall’amministrazione americana non piacciono all’associazione degli armatori europei. “La decisione di imporre un sovraprezzo del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio avrà un impatto negativo sulle relazioni transatlantiche e sui mercati globali,” ha commentato Martin Dorsman, segretario generale dell’European Community Shipowners’ Associations. “La comunità europea dello shipping – ha continuato – è preoccupata dall’evoluzione di questa situazione e da una potenziale guerra commerciale su vasta scala. È chiaro che le tariffe potrebbero avere un impatto su altri prodotti, come abbiamo già sentito dalle repliche dei leader dell'UE. Una guerra commerciale su vasta scala non gioverebbe a nessuno”.
Iva per gli yatch, infrazione per Cipro, Malta e Grecia
La Commissione Europea ha inviato una segnalazione di messa in mora per Cipro, Grecia e Malta  per non aver riscosso l’importo corretto dell’Iva sugli yacht, situazione che determinerebbe  “importanti distorsioni della concorrenza”. In particolare, la procedura di infrazione riguarda la base imponibile per il leasing. “Sebbene l’attuale normativa permetta agli Stati membri di non tassare la prestazione di un servizio quando l’effettivo impiego e godimento del prodotto abbiano luogo al di fuori dei confini dell’Ue – sottolinea una nota – essa non ammette una riduzione forfettaria generale senza la verifica dell’effettivo luogo di impiego”. Malta, Cipro e Grecia avrebbero stabilito unilateralmente un orientamento secondo cui “tanto più grande è un’imbarcazione, tanto meno è probabile che essa sia utilizzata nelle acque dell’Ue: una norma che riduce notevolmente l’aliquota Iva applicabile”. “Attualmente – ricorda Bruxelles –  il diritto cipriota e quello maltese classificano il leasing di uno yacht come prestazione di un servizio piuttosto che vendita di una merce. Di conseguenza l’Iva è riscossa all’aliquota base su un importo inferiore rispetto all’effettivo prezzo di costo dello yacht una volta che questo viene infine riscattato, mentre il resto viene tassato come prestazione di un servizio a un tasso notevolmente ridotto”.  
Euipo, le zone franche favoriscono la contraffazione 
L’istituzione di zone franche e l’esportazione di prodotti contraffatti vanno a braccetto. Lo afferma una relazione pubblicata dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) e dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). “A livello mondiale – sottolinea la ricerca – esistono oltre 3.500 zone franche, caratterizzate da un regime economico particolare e istituite spesso in prossimità dei porti. Complessivamente, creano posti di lavoro per 66 milioni di persone generando benefici diretti nel settore del commercio per oltre 365 miliardi”. Secondo il report “le normative meno rigide e i controlli doganali ridotti” farebbero sì che “le zone franche costituiscano poli di attrazione per soggetti dediti ad attività illecite e criminali”. In base alla relazione maggiore è il loro ruolo nell’economia di un paese e più ingente è il valore dei prodotti contraffatti che tale paese esporta. Nell’Ue, tali prodotti costituiscono fino al 5 % di tutte le importazioni, per un valore che raggiunge gli 85 miliardi. Albania, Egitto, Marocco e Ucraina sono i principali punti di transito per il mercato europeo.
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